La guerra post 11 settembre 2001

Dr. Enrico Magni
Il rischio di una guerra postmoderna generalizzata con il suo peso profondo di angoscia di morte comparve, in modo dirompente e travolgente, alle ore 8,45 (14,45 in Italia) l’11 settembre 2001 a New York, quando un Boeing 767, American Airlines, volo di linea da Boston a Los Angeles, si schiantò contro la Torre nord del Word trade center di New York, all'altezza del settantaseiesimo piano, con bordo 81 passeggeri, 11 membri dell'equipaggio.

Un secondo aereo, alle ore 9,03 (15,03 in Italia), un Boeing 737, United Airlines, in volo da Boston a Los Angeles, con 56 passeggeri e 9 persone dell'equipaggio, colpì la Torre sud.

Da quel momento le lancette dell'orologio del tempo si fermarono. Immagini cariche di morte si riversarono sugli schermi di tutto il mondo ipnotizzando miliardi di persone con scene apocalittiche creando un black-out nella mente degli individui. Si riversano di scatto nella mente immagini immaginate, scene filmiche, paure represse, fantasmi incompatibili con la realtà di quel giorni.

Il panico, l'angoscia furono ulteriormente accentuate alle 9,43 (15,43 in Italia), quando il Boeing 757, American Airlines, con 58 passeggeri e 6 componenti dell'equipaggio, colpì il Pentagono, sede del Ministero della Difesa a Washington.

L'obiettivo colpito incrementò angoscia, insicurezza tra il popolo Americano e l'altra parte del mondo, causando uno stato di confusione, disorientamento, essendo quel luogo, nell'immaginario sociale, la sede della sicurezza, della forza.  

Un quarto aereo, nella Somerset County (Pennsylvania), alle ore10,47 (16,47 in Italia), con 38 passeggeri e 7 persone dell'equipaggio, in volo da New York-Newark a San Francisco, precipitò a pochi chilometri da Pittsburgh: nell'arco di due ore la bomba, con il suo carico di disperazione, colpì ancora.

L'aereo, che rappresentava sicurezza, dinamismo, conquista del metallo sull'aria, si era trasformato, da oggetto rassicurante e amico, in un ordigno micidiale di distruzione, morte: a questo punto l’aereo diventò un oggetto pericoloso, portatore di distruzione. Da quel momento, nei confronti dell'aereo, scattò una reazione paranoidea: furono potenziati i controlli, la sicurezza, incrementando angoscia e paura.

L’11 settembre 2001, la più importante borsa dell'economia mondiale fu chiusa, in tutte le capitali dell'Occidente scattò l'allarme, furono intensificate misure di sicurezza contro un ipotetico assalitore.

In un attimo, il tempo cronologico interruppe il suo ticchettio e scattò quello della paura, dell'angoscia che si coniugò con quello della macchina infernale della guerra.

Si costruirono barriere ideologiche: ricomparve la logica binaria aberrante del nemico/amico, simile/dissimile, cristiano/altro, civiltà/non civiltà.

Un meccanismo arcaico, situato nella psiche profonda di ognuno, riemerse con forza; la razionalità lasciò il posto alle pulsioni aggressive e distruttive; il principio di morte resuscitò dalle ceneri manifestandosi con tutto il suo ritualismo tribale, etnocentrico nel mostrare i muscoli. Al grido di dolore si contrappose l’urlo di rivalsa, vendetta, forza e prevalse il codice dell'odio più arcaico.

Il gran pericolo del terrorismo costruì una catena di morti che si espanse in tutto l'Occidente e nel mondo: la forza della mediazione, cedette all’onnipotenza distruttiva. L'istinto di morte richiamò altra morte.

La guerra post 11 settembre 2001 è diversa dalla seconda guerra mondiale, è più psicologica, fatta d'immagini medianiche che amplificano ogni atto compiuto da una parte e dall'altra. L'amplificazione mediatica genera terrore nelle masse, produce angosce nei singoli, crea insicurezza sociale e precarietà permanente: instabilità, precarietà, incertezza determinano uno stato patogeno di angoscia, terrore.

L’11 settembre ha generato uno stato di terrore che ha contaminato la quotidianità producendo panico nelle relazioni sociali, politiche: tutti sono dei potenziali terroristi, nemici. Non è un caso che, dopo l’11 settembre 2001, si siano costruiti muri tra Stati confinanti, tra Continenti per evitare passaggi. Da una concezione globale espansiva postmoderna si è passati a una dimensione localistica regionale, continentale con frontiere, muri in chiave etnocentrica.
Dr. Enrico Magni
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