Lecco: il fine dell’Ostello deve essere in funzione dell’esigenza pubblica non del concessionario

Enrico Magni
La primavera sta offrendo delle bellissime giornate, sollecita a guardare le creste dei monti e induce l’occhio ad andare oltre il confine per scorgere ciò che sta nascosto. Il ‘guardo esclude’ e ci riporta precipitosamente nell’attuale situazione fatta di grandi cose e di piccole. Le piccole cose si possono trovare fuori dalla porta della propria abitazione e in città.
Ci sono fatti che occupano il dibattito pubblico da anni.
Uno di questi a Lecco è l’ostello della gioventù. Il primo ostello è del 1954, era posto nel quartiere di Germanedo; è stato chiuso verso la fine degli anni settanta. Lo si voleva spostare in prossimità lago; alla fine qualche amministrazione ha preferito lo spazio dell’ex cimitero di San Giovanni. Non certo una scelta felice, da un punto di vista simbolico, né per il turismo e né per la collocazione.
Sono passati decenni di attesa. A mettere la prima pietra di Corso Matteotti è stata la sindaca Antonella Faggi: era il 2006. Ci sono voluti sedici anni.
Nel frattempo qualche giovane è diventato nonno. D’allora si sono succedute tante amministrazioni: c’era ancora la prima Repubblica. Nello stesso tempo sono passate le generazioni degli anni ottanta, novanta, quella Z(duemila), Alpha, post Alpha. I bisogni sono cambiati, le vecchie concezioni da boys scout, tipo, ostello come rifugio di alta montagna con ristoro, camerata, bagni in comune sono sbiadite; anche i vecchi campeggi storici si sono aggiornati. L’ostello di Corso Matteotti non è sul Cammino di Santiago: altra latitudine e dimensione.
Non bisogna essere delle aquile per capire che necessita una struttura compatibile con le esigenze attuali dell’accoglienza. La cosa che non si riesce a cogliere con chiarezza sono gli obiettivi e gli scopi di questa gestione.
Le attese degli amministratori pare che non coincidano con il gestore dell’ostello. Inoltre, come spesso accade, viene disegnato uno spazio architettonico con delle finalità e poi lo si cambia in funzioni del concessionario e non della cosa pubblica.
Non è una novità. La cosa si ripete. Basta andare all’ospedale Manzoni di Lecco per vedere come l’entrata, l’hall, che dovrebbe rappresentare una piazza con attorno dei negozi, sia stata trasformata in un bazar infelice e abbruttente che deforma l’armonia architettonica originaria. La baracca posta all’interno dell’hall è sostanzialmente inutile per l’accoglienza dei pazienti: brutture su brutture.
Il gestore presenta l’ostello evidenziando, in particolare, come segno innovativo, le scritture al neon, sostenendo e affermando che sono attrattive. L’ostello non è una discoteca che trovi sull’autostrada A4. Quelle scritte sconvolgono il disegno e il significante grafico della facciata. Ci sono altre soluzioni per mettere le luminarie.
Ma la domanda che ci si pone, semplice e banale è: ma c’è qualcuno che controlla? Dove sono  i tecnici e gli amministratori?
Non è una questione di maggioranza e minoranza, ma di estetica e di finalità per i cittadini. La visione del gestore va concordata. Chi l’ha condivisa?
In questo caso è necessario coniugare l’economia con la pedagogia, la sociologia e la psicologia per permettere l’accesso a tutti quelli che ne hanno bisogno; oppure accederanno alla struttura di Corso Matteotti i belli e i brutti andranno al Barro?
E’ ridicolo che l’Assessore, in pompa magna, comunichi alla stampa che i cittadini di Lecco troveranno a Pasqua una bella sorpresa, per poi, il giorno dopo, essere smentito dal gestore che ipotizza invece un’apertura parziale per luglio. Ma, insomma, caro Assessore, un po’ di accortezza!
Dr. Enrico Magni
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.