PAROLE CHE PARLANO/71

Pazienza

Colui che usa la pazienza come virtù da contrapporre alla fretta, alle reazioni immediate, subendo magari per amore di pace, in fondo non è diverso, almeno etimologicamente, da chi soffre di una patologia, e quindi è malato.
Pazienza deriva infatti dal latino pati, cioè sopportare, soffrire, tollerare, molto simile al greco paskein, che significa provare, ricevere impressioni e sensazioni positive o negative, ma ancora una volta sopportare, soffrire. Quindi siamo pazienti quando riusciamo ad attendere con calma, ma anche a subire avversità, provocazioni e situazioni sfavorevoli, addirittura rinunciando a reagire o rimandando a tempi migliori la reazione. La pazienza è la virtù dei forti recita un antichissimo proverbio, diffuso in ogni parte del mondo: è degno d'onore, e quindi virtuoso, per tutte le culture, colui che è in grado di controllare le emozioni negative, evitando reazioni violente e impulsive. Tuttavia, in campo medico, viene definito paziente non certo chi sopporta e subisce i medici, ma colui che è affetto da una patologia, termine che ha la stessa identica origine (da pati), quindi è riferito a colui che soffre ed è costretto a sopportare, anche per tempi lunghi, una malattia. Possiamo pertanto immaginare che le parole pazienza e paziente siano nate proprio in campo medico per poi approdare in altri ambiti.
Recentemente, il nuovo codice deontologico dei medici, dopo avere preso atto che non si curano le solo le patologie ma le persone che ne sono afflitte, invita a sostituire il termine paziente con persona assistita.


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Rubrica a cura di Dino Ticli
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