Lecco: un osso incuriosisce in piazza, al Manzoni con quella 'gabbia' si continua a cambiare la vita a pazienti da tutta Italia

Non è una tibia bensì un femore. Ma tant'è. L'osso “ingabbiato” - alto 3.5 metri per un peso di 400 chili - installato ormai da giorni in piazza XX Settembre a Lecco continua ad attirare l'attenzione. “L'opera esposta – si legge nella presentazione – è la rappresentazione dell'apparato dell'ortopedico russo Gavriil Abramovič Ilizarov: un fissatore esterno chirurgico di distrazione osteogenetica che può essere utilizzato per allungare o modificare la forma delle ossa degli arti superiori e inferiori”.

Realizzato dall'artista albanese Jetmir Pjeternikaj, il “monumento” - ormai si sa – pubblicizza la mostra “Carlo Mauri, nato in salita”, allestita a Palazzo delle Paure, a quarant'anni dalla morte del grande alpinista originario di Rancio. Nel didascalico foglietto appiccicato alla base dell'istallazione metallica manca però l'esplicitazione di ciò che “Bigio” ha lasciato in eredità a Lecco. 

Ciò che non spiega – e che invece è meglio approfondito nell'esposizione voluta dall'amministrazione comunale con il supporto della famiglia, promotrice anche dell'opera – è infatti il nesso tra il “celebrato” e Ilizarov, con Mauri che si dimostrò esploratore anche nel campo sanitario raggiungendo il medico sovietico in Siberia per farsi “curare” una tibia – tibia, appunto, non femore –  malconcia, incuriosendo poi al ritorno l'amico ortopedico Angelo Villa e, di fatto, portando all'ombra del Resegone quella metodica, allora innovativa, per la quale ancora oggi l'Ospedale Manzoni è centro di riferimento a livello nazionale.

Il dottor Piero Poli, il dottor Francesco Guerreschi e il dottor Marco Camagni

“Il Covid ci ha limitato tanto. Ma abbiamo ricominciato con una seduta a settimana, per tre pazienti a volta” spiegano il dottor Francesco Guerreschi, responsabile dell'Unità Operativa Semplice, prossimo a lasciare il camice per sopraggiunti limiti d'età, ed il dottor Marco Camagni che ne ha raccolto il testimone. “Siamo convenzionati con la Scuola di specializzazione ortopedica dell'Università degli Studi di Milano e stiamo ricominciando ad accogliere studenti anche dall'estero, con una serie di richieste in questo momento da Cipro”.
“L'anno prossimo – aggiunge il direttore della Struttura Complessa di Ortopedia e Traumatologia Piero Poli - vorremmo riprendere a organizzare corsi in ambito SIFE, la Società Italiana Fissazione Esterna di cui il dottor Guerreschi è stato recentissimamente nominato presidente nazionale”.
Quanto ai pazienti? “Arrivano ancora da tutta Italia, isole comprese” confermano i professionisti dell'ASST, a riprova dunque dell'indiscussa capacità attrattiva del Centro Ilizarov di Lecco, riconosciuto quale eccellenza in un ambito in cui “la chirurgia fa il 40% del risultato”. L'obiettivo, insomma, attraverso questa metodica, si centra poi con pazienza, in un percorso progressivo che implica dunque controlli dopo settimane, mesi e ancora mesi.

La situazione di partenza.
Nel video a seguire l'evoluzione completa del caso

 

Ne sa qualcosa, per fare un esempio, significativo, Andrea (il nome è di fantasia, solo per ragioni di privacy), ragazzino romano vittima di un terribile incidente stradale all'età di 12 anni: l'auto del padre, nel tragitto casa-scuola, è stata colpita dalla piattaforma di un camion per la raccolta del pattume. Un impatto devastante, anche per il braccio del giovane passeggero. “Frattura ampiamente esposta del terzo prossimale dell'omero destro”, la diagnosi, con il danno “controllato” nell'immediatezza in altra struttura con l'applicazione di un primo fissatore esterno. Poi l'approdo dalla Capitale al Manzoni e l'inizio del trattamento circa un anno e mezzo dopo il trauma, alla presenza – una volta rimossi i primi ferri – di “pseudoartrosi infetta con perdita di sostanza”. Omero dunque, per semplificare, evitando il “medicalese” cercando di non banalizzare, spezzato con un evidente gap tra i due “monconi”, bonificati chirurgicamente – per arrivare su tessuto vitale - quale primo step, chirurgico, del percorso messo a punto per Andrea dal dottor Guerreschi.

VIDEO


7-8 i centimetri da “recuperare” sfruttando la capacità stessa dell'osso di autorigenerarsi dopo essere stato sottoposto, nel tratto collegato al gomito, a osteotomia, un'interruzione - un “taglio” sempre per dirla sempre in parole povere – operata con tecnica mininvasiva per innescare appunto la ricrescita ed il “trasporto” verso l'alto: da lì, e non dalle estremità della frattura come invece si potrebbe immaginare, l'omero del ragazzino, “ingabbiato” con cerchi, chiodi e fili tipici del fissatore di Ilizarov, si è progressivamente riformato arrivando – in otto mesi! - a ricongiungersi.

RX ad un mese dall'inizio del trattamento

Ultimo passaggio, la rifinitura, con altro intervento di bonifica con l'inserimento di innesto da cresta iliaca per favorire la callificazione del tessuto. Ed ecco un braccio oggettivamente compromesso, in un paziente ancora ragazzino, tornare a recuperare funzionalità, con tutto ciò che ne consegue – anche a livello psicologico – per chi, da un momento all'altro, si è visto cambiare la vita. Un qualcosa che fa brillare gli occhi al dottor Guerreschi, perché anche dopo tanti anni d'attività la passione è ancora la sua molla, alimentata da risultati tangibili.

Il risultato finale

Un'ulteriore riprova: lei (QUI L'ARTICOLO) oggi scia. Anche bene.
“La corte dei miracoli”, come il dottor Poli (affettuosamente) chiama l'ambulatorio Ilizarov, ha davvero qualcosa di affascinate. Come i viaggi per terra e per mare di chi lo ha portato la “magia” della “strana gabbia” fino a Lecco.
Alice Mandelli
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