Un lecchese ogni cento ha Alzheimer: ben 3.000 i malati, l'esordio dopo i settant'anni

Il dottor Andrea Salmaggi
Un lecchese ogni cento ha l'Alzheimer. Nella nostra provincia si sono infatti circa 3.000 persone cui è stata diagnosticata questa patologia, 700 delle quali afferiscono all'ambulatorio U.V.A. della Neurologia dell'ospedale Manzoni - che ha quale referente il dottor Angelo Aliprandi - per la somministrazione delle terapie farmacologiche autorizzate da AIFA. "L'esordio si ha generalmente oltre i settant'anni" spiega il dottor Andrea Salmaggi, direttore della Struttura (e del relativo Dipartimento), "interrogato" in tema di demenza partendo da uno spunto di cronaca e dunque da quel "sento che il mio mondo sta andando in pezzi" pronunciato, in un'intervista rilasciata al Times e poi rimbalzata sui media di mezzo globo, dall'ex capitano della nazionale gallese di rugby Ryan Jones, sollevando motivi di riflessione sulle responsabilità dei vertici dello sport.
Encefalopatia post traumatica cronica: questo il "problema" dell'ex atleta, arrivato a non ricordare - a tratti - nemmeno le regole di quel gioco che, per anni, per lui è stato vita. Buchi neri, temporanei, ma sempre più frequenti. "Sono terrorizzato perché non so come starò tra due o tre anni. Nessuno può dirmi se questi episodi di mancanza di memoria dureranno una o due settimane. O magari saranno permanenti". Ed ha solo 41 anni.
"Non ci sono marcatori che permettono una diagnosi pre-morbosa" spiega il dottor Salmaggi, parlando appunto dell'Encefalopatia post traumatica cronica di Jones, una patologia che, pur abbastanza rara, "è descritta già in tutti gli sport di contatto - come lo è appunto il rugby - ma anche in condizioni in cui si riportano ripetuti traumi cranici - come nel caso di pazienti epilettici - anche di non particolare entità". La causa - comune anche a patologie neurodegenerative - sarebbe da ricondurre all'accumulo di una proteina patologica che determina disfunzioni delle cellule nervose. "Gli effetti sono tipicamente molto ritardati", aggiunge il primario lecchese. Si manifestano, insomma, dopo anni e anni. Con i primi sintomi che portano poi a diagnosi di fatto già "tardive".
Una visita neurologica con test neuropsicologico - per indagare le funzioni - nonché gli esami del sangue (per escludere altre cause) e ulteriori accertamenti neuroradiologi fino ad arrivare - in pochi casi - a punture lombari con l'uso di marcatori: così, attraverso questa comune strada, si arriva ad una diagnosi. E l'Alzheimer, da solo, pesa circa il 70% sul totale dei casi di demenza riscontrati a Lecco, con un impatto considerevole poi non tanto sui ricoveri in Neurologia quanto piuttosto sull'attività ambulatoriale della Struttura.
I campanelli d'allarme? "Dimenticanze eccessive e ripetute, difficoltà nell'orientamento, difficoltà nell'eloquio, difficoltà nel comprendere e esprimere ragionamenti complessi, alterazione della capacità di giudizio con comportamenti inappropriati" risponde il dottor Salmaggi, ricordando come, nel trattamento, sia poi essenziale associare alla componente farmacologica anche l'attività fisica e la "stimolazione" sociale, eliminando quelle "barriere" che affievoliscono i sensi a cominciare da udito o vista e dunque - trattandosi di anziani - assicurandosi che portino se necessario le protesi acustiche e non abbiamo, per fare un esempio, problemi di cataratta. Chiaro l'obiettivo: mantenere quell'aggancio con l'ambiente, essenziale per preservare le funzioni residue.
Se 3.000 diagnosi in una realtà piccola come la Provincia di Lecco possono sembrare tante, c'è da sottolineare che il numero è andato aumentando nel tempo. "Segno di una maggior capacità ma anche di una maggior sensibilizzazione sociale". Ed in aumento, dunque, anche i posti letti accreditati per pazienti Alzheimer nelle Rsa del territorio, con collaborazione tra la Neurologia e questi "nuclei" così come con i centri diurni, preziosi appoggi per famiglie chiamate a fronteggiare l'avanzare della malattia.
A.M.
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