PAROLE CHE PARLANO/94

Ecco un termine che conosciamo tutti, anche se sta sempre di più uscendo dall'uso quotidiano. In effetti, soprattutto al tempo dei nostri nonni, chiamavamo bottega qualsiasi esercizio artigianale e commerciale che si apriva sulle strade cittadine. Era così diffuso che si diceva che i giovani da avviare al lavoro dovessero essere messi a bottega.
Oggi questa parola è stata soppiantata soprattutto da negozio, ma è approdata in un altro ambito, quello elitario di chi vuole inviare messaggi di esclusività e superiorità commerciale; ecco così nascere le botteghe vinicole, le botteghe del gusto o quelle del lusso, a imitazione delle botteghe dell'arte che hanno dato vita agli inarrivabili artisti del rinascimento italiano. La cosa strana è che gli attuali professionisti dell'arte preferiscono definire le loro botteghe laboratori, studi o, in modo più esotico, atelier.
Ma veniamo all'etimologia. Dobbiamo chiedere aiuto alle lingue latina e greca che ci comunicano due termini: apotheca, la prima, e apothéke, la seconda, entrambe col significato di deposito, magazzino, ripostiglio. In diverse lingue straniere il termine è rimasto praticamente identico all'originale greco, col significato specifico, però, di deposito di farmaci e quindi farmacia. In italiano, il termine latino divenne apoteca; tuttavia, visto che con l'articolo il deposito veniva definito "l'apoteca", è facile immaginare come si sia trasformato nel tempo in "la poteca". Da poteca a bottega il passo è stato breve.


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Rubrica a cura di Dino Ticli
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