La differenza tra presidenti di Provincia e ‘ragazze coccodé’

Trentacinque anni fa, o giù di lì, dopo le 22.30 impazzava su Rai 2 “Indietro tutta” una geniale trasmissione del geniale Renzo Arbore con la straordinaria spalla del maresciallo Cecchini, al secolo Nino Frassica. Uno dei pezzi forti dello spettacolo era il gioco, frivolo,  animato dalle “ragazze coccodé” che ballavano con costumi da galline, agitandosi dietro ai conduttori.

Ecco, non ce ne voglia Alessandra Hofmann per l’accostamento irriverente e certamente immeritato, ma in questa campagna elettorale, vissuta con strenua militanza, sempre presente, un passo dietro Mauro Piazza, chissà perché il pensiero è corso al 1988, a Renzo Arbore e alle sue “ragazze coccodé”.

La Hofmann, per chi non lo sapesse è la presidente della provincia di Lecco. Fino a pochi anni fa nessuno, parenti e vicini a parte, ne conosceva l’esistenza. Una impiegata come tante, in un piccolo studio tecnico a conduzione famigliare.

Ma questa condizione le stava stretta e nel 2014 si butta in politica partecipando alle elezioni comunali con Luca Rigamonti. Niente da fare, però, soltanto 12 preferenze (sempre i parenti e i vicini) e resta fuori dall’Aula. Ma la Signora è tenace e ambiziosa, si immagina già al posto di Rigamonti che non si ricandiderà per cui segue le sedute consiliari e partecipa a tutte le iniziative finché, nel 2019 si propone come alternativa a Ausilia Fumagalli, nel segno della continuità con Rigamonti. Vince – non stravince – col 55% dei voti grazie alla frazione “controllata” dall’ex sindaco. Da lì in avanti l’ego dispiega tutti i suoi effetti dilatando i polmoni e con una cavalcata inarrestabile accumula cariche su cariche fino ad essere prescelta proprio da Mauro Piazza come candidata presidente della Provincia per il centrodestra. Allora né l’uno né l’altra militavano nella Lega. I Forzisti alla Conrater – begli ingenui – la chiamavano “la nostra Alessandra”. Ma lei, furba, si guardava intorno conscia del declino azzurro a favore del Carroccio. Eletta, ha sentito il bisogno di avere con sé un consigliere, Carlo Piazza, solo casualmente portaborse del più noto Mauro. Lo ha assunto in Provincia come impiegato direttivo e a Natale gli ha fatto un bel regalo di 9mila euri. Mica suoi, ovviamente, ma di tutti noi.

E proprio perché ogni sua azione riguarda tutti noi, che la forsennata campagna a favore del solo Mauro Piazza, passato nel frattempo alla Lega, e lei dietro, ci ha fatto tornare alla mente il programma di Arbore.

Presidente della Provincia, vuol dire presidente di tutti. Anche la Giorgia nazionale ha messo la testa in chiusura della campagna per le regionali a Roma e Milano. Ma nelle settimane precedenti ha fatto il suo lavoro. Consapevole del ruolo.
Alessandra Hofmann, invece, un passo dietro a Mauro e uno davanti a Carlo (che a quanto sembra deve avere molte ferie per essere ogni giorno da un mese a questa parte in giro anziché alla sua scrivania a villa Locatelli) ha accompagnato il consigliere uscente, ovunque: colazioni, pranzi, aperitivi, cene, serate di gala, incontri con le categorie, visite alle aziende, alle fattorie, agli allevamenti. Ovunque, come se non avesse altro da fare.

Ma il peggio di sé l’ha mostrato proprio durante l’ultima manifestazione, all’Orsa Maggiore, per la chiusura della campagna elettorale del consigliere uscente quando ha invocato il cosiddetto “voto utile”.

Che tradotto significa: i voti agli altri candidati locali sono persi, compresi quelli al leghista storico Flavio Nogara. Quindi votate solo Mauro. Gli altri sono tutte solo comparse.


Dunque non le basta scegliere il  partito ma addirittura indica anche il candidato. A danno di tutti gli altri. Anche di Nogara che è in lista con Piazza.

Ora che la Hofmann fatichi a imparare l’abc istituzionale lo abbiamo già scritto più volte. Che segua i suggerimenti del suo consigliere è altrettanto evidente. Ma possibile che non si ponga un dubbio: cazzo ma sono il numero uno di una provincia di 340mila abitanti, ho un ruolo pubblico di primo piano, forse dovrei tenere un profilo più prudente, più riservato.

Mauro Piazza ha messo in campo una macchina elettorale gigantesca. Dopo il “non mi ricandido”, trainato a forza nell’arena da ben 105 gladiatori, tra cui la “nostra”, ha spinto l’acceleratore fino al fuori giri inondando la provincia di iniziative dispendiose e i social di torrenti in piena di slogan e rivendicazioni avendo dalla sua, anche una parte – non certo rilevante in edicola – della stampa, più sdraiata che schierata.

Intendiamoci. Mauro Piazza – a differenza di Antonello Formenti – il  mandato di consigliere regionale lo ha svolto con scrupolo. I milioni non li ha portati lui, sono soldi della regione, cioè di tutti noi, ma lui ha sempre risposto a ogni chiamata, da qualunque parte arrivasse. Ha cercato di dare consulenze senz’altro utili, risposte rapide e suggerimenti preziosi agli amministratori di destra, centro e sinistra.

Non sappiamo se ce la farà, il quadro rispetto al 2018 è radicalmente cambiato nell’area di centrodestra. Migliaia di voti di preferenze possono disperdersi tra i tanti altri candidati noti: Flavio Nogara, innanzitutto, sul qualche convergeranno le preferenze dei leghisti storici, Giuseppe Procopio vice sindaco di Merate cui non manca un robusto seguito ad ogni elezione comunale, Paolo Mauri, altro leghista di lungo corso, adesso con la Moratti come Lorenzo Riva, notissimo imprenditore, già presidente di Confindustria Lecco-Sondrio. E poi ci sono i forti esponenti di Fratelli (coltelli) d’Italia, Fabio Pio Mastroberardino (Mastro) e Giacomo Zamperini. Questa volta sono tanti a dividersi le preferenze dei lecchesi che non votano Partito Democratico, Sinistra Italia e Verdi, Movimento 5 Stelle e Unione Popolare.

La vetrina elettorale è ricca di “prodotti” attraenti, tutti meritevoli di attenzione, soprattutto da parte della massima Istituzione provinciale.

Proprio per questo Alessandra Hofmann avrebbe dovuto osservare un comportamento rigoroso, rispettoso di tutti e restare a villa Locatelli. Da che parte sta, salvo cambiamenti dell’ultima ora, è noto. Invece ha scelto l’arena. Ma così facendo fa male a lei stessa e alla sacralità del ruolo istituzionale che riveste. E induce noi a tornare col pensiero alle fantasmagoriche e colorate soubrette di Indietro tutta.
Claudio Brambilla
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