'Non fatevi male ed evitate lo facciano i vostri cari': il dottor Luigi Piatti critica apertamente l'organizzazione del Manzoni

L'ospedale Manzoni di Lecco
C'è chi subisce e tace pensando che il paziente per sua stessa natura debba... portare pazienza. Del resto quando si entra in un ambiente come l'ospedale, ci si mette completamente nelle mani dei sanitari. E pazientare, per l'appunto, è da metter in conto. Ma quando è troppo è troppo. E sono sempre più i cittadini che fanno notare problemi vissuti sulla propria pelle o sulla pelle dei propri cari. Se a prendere la parola poi è un professionista che, fino a qualche mese fa soltanto, lavorava lui stesso in ospedale, la sua denuncia assume un peso specifico più rilevante. Non perché un semplice cittadino valga meno del dottor Luigi Piatti, già direttore dell'Emodinamica del Manzoni. Ma perché nel proprio per il suo essere stato organico al sistema, il lecchese, nato e cresciuto come cardiologo nel nosocomio che lo ha annoverato tra i propri dipendenti per 35 anni ininterrotti, centra aspetti del problema che da fuori forse si colgono meno, portando il livello del ragionamento oltre il singolo reparto – l'Ortopedia nel suo caso – per arrivare a puntare il dito su un'organizzazione che evidentemente non funziona. Nonostante il voto – 89 – assegnato proprio nei giorni scorsi “in pagella” al direttore generale Paolo Favini, risultato ancora una volta tra i migliori in Lombardia in una classifica dove in una forchetta di 10 “punti” ci stanno ben 36 nominativi ed in vetta “spiccano” , con 93, altre due conoscenze lecchesi, Silvano Casazza e Carmelo Scarcella, ex numero uno e attuale tenutario delle redini dell'ATS della Brianza.
E' su aspetti come quelli lumeggiati dal dottor Piatti che i pazienti – ormai a corto di pazienza – attendono pronti interventi dal DG. Più che sull'ormai celeberrimo cane buongustaio.

Non fatevi male ed evitate che si facciano male i vostri cari anziani!

Il dr. Luigi Piatti
Nonostante la competenza e l’evidente generoso impegno del personale sanitario in senso proprio (medici ed infermieri), cui va, in passato come ora, la mia piena fiducia e stima professionale, sono evidenti i gravi problemi organizzativi e gestionali dell’Ospedale di Lecco, di cui mi sento obbligato a rendere conto.
Mia suocera di ottantasei anni, diabetica ed ipertesa, prima di mezzogiorno di venerdì 18 agosto è stata condotta in Pronto Soccorso dal 118 per frattura di femore ed omero, a seguito di caduta accidentale.
È stata ricoverata e messa a letto, con catetere vescicale ed è stata tenuta in stand-by per intervento urgente il pomeriggio del 18; anche sabato 19 e domenica 20 sono passati in attesa di un intervento che non si è mai verificato, digiuna sino a sera, sempre con catetere vescicale e camicino da sala operatoria. Nel tardo pomeriggio di domenica 20, nel momento in cui scrivo, ci è stato comunicato che verrà operata il pomeriggio di lunedì 21 agosto (spero!). Questa denuncia non è una vendetta per il tempo perso, né una sollecitazione a che l’intervento abbia luogo prima (non oso pensare ad ulteriori differimenti).
Ringrazio medici ed infermieri che non hanno fatto mancare il loro supporto, hanno anzi comprensivamente cercato di solidarizzare col mio disappunto, ma non posso non esprimere un giudizio assolutamente negativo nei confronti dell’organizzazione dell’Ospedale di Lecco.
Il motivo dei ripetuti differimenti va ricondotto alle croniche carenze di personale, cui la dirigenza sembra non riesca a trovare una soluzione. Fra gli altri disservizi, ne consegue che l’ordine di gestione delle urgenze operatorie resta oggetto di competizione fra le varie specialità chirurgiche. È un principio sacrosanto se far spazio ad un’urgenza “più urgente” comportasse un differimento di qualche ora, non accettabile se si protrae per giorni, tantopiù per un ospedale che amava fregiarsi di connotazioni di “eccellenza”.
Parlandone con amici, sono stato quasi deriso: “… è a Lecco? Cosa ti aspettavi!”
Tali considerazioni sono dolorosissime per uno che all’Ospedale di Lecco ha dedicato con entusiasmo la vita lavorativa; poco mi consola essere ora in pensione.
Mi resta la speranza che le sorti dell’Ospedale di Lecco, che è stata per anni la mia seconda casa, si risollevino in futuro e mi auguro che la mia testimonianza funga da stimolo di miglioramento.
Luigi Piatti
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