Con la Riforma costituzionale il cesarismo post global, con un capitano/a solo al comando

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Non passa giorno o legislatura che qualcuno, di passaggio per le parti di Roma, si svegli al mattino, seduto sulla poltrona vellutata pensando di sfornare proposte innovative, rigeneranti riguardanti la Costituzione della Repubblica Italiana.

La modifica dell’articolo quinto non è stata una bella trovata, così pure non è servita a niente la diminuzione dei parlamentari, anzi, ha fatto solo accasare le truppe fedeli del capo. Adesso si vuole introdurre il premierato per eleggere il Presidente del Consiglio con pieni poteri esautorando i processi decisionali della democrazia parlamentare, teorizzando e giustificando che serve un comandante in campo che sia nelle condizioni di decidere subito.

Di controcampo, in questi giorni, la realtà sta evidenziando la difficoltà della complessità: guerre, cataclismi, pandemie, terremoti, alluvioni. Sono tutti fenomeni che mettono in discussione saperi, conoscenze, tecnologie.

E si pensa di risolvere le molteplici problematiche della complessità dando il comando a un capitano/a?

O di trovare un taumaturgico che risolva il tutto?

Ma di che cosa si sta parlando!

Follia!

La governabilità è ingovernabile per definizione, perché la complessità è sempre in uno stato di mutevolezza. Se gli attuali prometei sono quelli che appaiono sulla scena, sarà meglio procurarsi uno scudo per evitare lo sguardo pietrificante di Medusa.

Basta sfogliare un vecchio sussidiario delle scuole elementari di terza per ricordarsi che anche Cesare, dopo aver conquistato Roma, decise di ridurre il Senato a un gruppo di vecchi senatori svuotando la funzione del Senato della Repubblica romana. Il potere nelle mani di un comandante in capo è pericoloso, prelude sempre a una democrazia storpia e impotente.

Il post global, che è un aspetto della globalizzazione, tende a un cesarismo ambiguo che si esprime con il sovranismo. Il sovranismo è una regressione primordiale fantasmatica collettiva che attribuisce al capo competenze egoiche onnipotenti in grado di snocciolare questioni complesse; infatti gli Stati governati da singole personalità i parlamenti sono asserviti al capo. Sono delle autocrazie con pieni poteri: il capo è una identità forte e serve per reprimere tensioni sociali e politiche.

Nella società post global i partiti, i corpi intermedi non sono in grado di svolgere una funzione aggregativa e la dimensione del Noi si sgretola in un disarticolato parcellizzato: è quello che sta accadendo.

Nelle società post global si legittimano autocrazie soft, leggere più accettabili che sfuggono alla critica della complessità. Infatti, gli elettori di fronte al voto manifestano un comportamento ambivalente tra astensione o carisma: solitamente il soggetto carismatico è un personaggio mediatico. Non è un caso che sulla scena elettiva ci siano personaggi dello spettacolo o influencer che, per l’immaginario collettivo, appaiono come il nuovo capo: “Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: "Cerco Dio! Cerco Dio!". (F. Nietzsche)

Nelle società post global quando accadono distruzioni il Noi riappare e scatta il meccanismo filogenetico conservativo della specie.
Dr. Enrico Magni, Psicologo, giornalista
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