Il calendario in cucina ci misura la memoria a lungo termine

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Spesso, il calendario appeso alla parete della cucina fa rimbalzare date, fatti, avvenimenti che, pur passando il tempo, restano nella memoria e propongono interrogativi ai quali difficilmente si riesce dare delle risposte, anche perché le persone, i testimoni più interessati invecchiano e muoiono.

Il calendario è un test, misura la memoria a lungo termine e riscontra non solo gli onomastici, i compleanni, le scadenze delle bollette da pagare, le ricorrenze dei morti ma anche eventi pubblici come l’attacco alle Torri Gemelle a New York dell’11 settembre 2001, oppure la caduta della prima bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki il 6 e 9 agosto 1945 o l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy del 22 novembre 1963 o l’uccisione di Salvador Allende dell’11 settembre 1973, meno si ricorda l’assassinio politico di Seven Olof Joachim Palme del 28 febbraio 1986.
Il calendario, oltre a evocare eventi pubblici, disastri climatici, terremoti, tsunami, si sofferma ed evidenzia anche storie locali e di persone che preconizzano la dimensione individuale e sociale.
La scomparsa Chiara Bariffi di Bellano avvenuta ventun anni fa, il 30 novembre 2002, proprio in questi giorni dell’anno, e ritrovata dopo tre anni in fondo al lago, oggi apparterrebbe all’omicidio di genere.
Allora, come ora, alla prima richiesta di scomparsa di una donna, la risposta classica, stereotipata degli organi di sicurezza è: se n’è andata volontariamente. Una risposta di questa tipo impedisce di affrontare direttamente la questione. Spesso succede che proprio in quelle ventiquattro ore si consuma il delitto: l’intervento immediato permette di rintracciare tracce, piste, indizi utili.

Sottovalutare la prima comunicazione è un grosso errore. E’ successo anche per la vicenda della giovane vittima dottoranda di Padova. C’è la necessità di maggior formazione del personale che sta nelle periferie e che raccoglie la prima segnalazione.

La soluzione di un delitto se non è risolta nell’arco di ventiquattro, quarantott’ore rischia di essere irrisolto com’è stato per Chiara Bariffi. 

La storia di Chiara Bariffi è ancora avvolta dal mistero, dal dubbio, la sentenza di non procedere per mancanza di prove non assolve la domanda fondamentale: com’è morta?  Per tre anni il suo cadavere è stato conservato nelle acque del lago.

Subito dopo la segnalazione della scomparsa, gli inquirenti di allora sostennero la tesi che se ne fosse andata, peccato che, negli stessi giorni di quel dicembre freddo e il livello del lago alto, qualcuno gironzolava lungo le sponde cercando la vettura.  Nei bar, tra i vicoli di Bellano qualcuno mormorava che se ne fosse andata, altri che l’era successo un incidente. Le voci, i mormorii tra la gente del luogo erano di diversa natura, sembrava che tutti sapessero qualcosa: dicerie.

E’ una vicenda alla Leonardo Sciascia: si dice, sembra che, tutti sanno e nessuno sa; bisogna leggere le cose tra il doppio senso e un doppio linguaggio come nel breve romanzo Una storia semplice o A ciascuno il Suo.

Nei paesi di quella sponda del lago la vicenda di Chiara Bariffi è sempre stata avvolta da un certo, enigma e continua ad esserlo. C’è un tabu collettivo.

La vicenda di Chiara Bariffi è attuale perché si interfaccia con le storie di donne scomparse, uccise, dimenticate. La storia Chiara Bariffi è ancora irrisolta: va segnata sul calendario e ricordata.
Dr. Enrico Magni, Psicologo, giornalista
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