PAROLE CHE PARLANO/171

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Armadi e credenze

Non esiste abitazione senza almeno un armadio dove riporre vestiti, detergenti, medicinali e tanti altri oggetti per la casa. La sua etimologia ci spiega però che, derivando dal termine latino armarium, ripostiglio per le armi, era collocato in origine in un ambiente militare o in un ambiente di lavoro dove le armi altro non erano che gli strumenti e gli attrezzi di lavoro. A quel tempo, erano utilizzati casse e bauli per l’abbigliamento, più facili da spostare e trasportare in caso, allora più frequente, di trasloco, voluto o forzato. L’utilizzo dell’armadio col tempo è mutato e, con l’aggiunta di una -d-, presa probabilmente dal termine madia (oggi desueto, ma sempre presente nei vocabolari), si è trasformato nel mobile tuttofare.

Poco nota è anche l’origine dell’altro termine: credenza. Anch’esso è oggi poco usato, tuttavia lo riferiamo soprattutto a quei mobili bassi e lunghi, utili per riporre stoviglie, posate e bicchieri, ma anche cibi e altri utensili per la cucina. Non passa inosservato che esso richiami il significato di credere e quindi di credibilità. Come la parola sorella “credito”, si usa dire “avere credenza” presso un certo ufficio o “dare credenza” a qualcuno. Per capire questo accostamento, bisogna risalire a un tempo lontano in cui era diffuso fra potenti e altolocati il timore di essere avvelenati con il cibo, che veniva pertanto posto bene in vista su un mobile basso; vi era poi chi assaggiava ogni pietanza per fare la prova, cioè “la credenza”, che il cibo fosse commestibile. Il mobile stesso assunse così il nome di credenza.

Rubrica a cura di Dino Ticli
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