La terra della Democrazia è un sogno che va rinnovato e difeso

Una goccia di sangue è sempre presente nell’erba tra le lapidi e le memorie di un cimitero dimenticato. Sono in tanti che gemono nel silenzio eterno la disperazione di essere ormai soltanto ossa pronte per la fossa comune. Allora come adesso risuonano grida di morte. Dal fondale di una tomba qualcuno si domanda ancora perché è stato ammazzato, trucidato, condannato.
Solo forse per aver detto qualche parola di troppo o forse per abitare in una terra maledetta o di essere nato in un momento improprio o per aver cercato di liberare la terra bagnata di sangue lungo le rive di un fiume o di un rivo di un torrente sotto l’ombra di un albero tra fiori di campo.
È lungo il cammino per raggiungere la terra promessa liberata dall’ingiustizia, dall’indifferenza, dall’odio, dalla razza, dal potere. La terra della democrazia è irraggiungibile, è un sogno che va rinnovato, coltivato, difeso.
La democrazia è un’opera incompiuta. Così pure la libertà è sconosciuta, è un fiume in divenire mai stabile. Come sostiene Eraclito, non è possibile lavarsi le mani nella stessa acqua. La mano quando riemerge dall’acqua e un’altra mano, non solo, l’acqua scorre e l’atto di lavare la mano cambia.
Non esiste il ritorno, esiste il ricordo, la memoria, esiste il presente, il momento, non c’è l’eterno ritorno annunciato da Nietzsche.
Nietzsche invita l’individuo a vivere con intensità, passione e autenticità, abbracciando la vita in tutte le sue sfaccettature cercando il senso della vita. Ma non si è mai a casa. Eppure loro cercavano tra cespugli e distruzioni la terra promessa liberata dall’oppressore, dai nazifascisti, dai fascisti.
La terra promessa liberata non mai è raggiungibile ma è possibile. É quello che è capitato a Mosè, ne La Legge di Thomas Mann, quando lascia il suo popolo per andare a scolpire le leggi nella roccia sul monte Sinai dettate dall’invisibile. Mosè affida al fratello Aronne e alla sorella Miriam il compito di accudire e salvaguardare quel popolo insicuro, incerto, disperso e senza regole. Al ritorno trova un popolo dedito all’idolatria del vitello d’oro, a inenarrabili perversioni regressive, disgregative della comunità. Mosè è convinto che basti la legge ricevuta per regolare e ordinare il popolo. Non è così.
Non basta togliere l’oppresso dall’oppressore per costruire una comunità generante di condivisione tra parti: non basta la liberazione dai nazifascisti per essere liberi.
Il popolo è sempre attratto dal vitello d’oro, è facile alla seduzione, all’imbonimento. Sulla scena ci sono tanti falsi Mosè che pensano di essere portatori di rivelazioni, di certezze e desiderano essere adorati. Mosè non vedrà la terra promessa.
Così come tanti partigiani, che sono morti per un sogno di libertà, non hanno visto la terra sognata.
Così tanti innocenti, bambini, donne, anziani, persone normali sono state gettate nella fossa comune della memoria.
Basta camminare nei prati accanto alle tombe per sentire le loro voci che chiedono giustizia, riconoscimento. Eppure ancora in questo millennio, in molte aree di questo pianeta, prevalgono lotte etniche, religiose, economiche, nazionalistiche, localistiche, predatorie che fanno prevalere una dinamica paranoidea del nemico.
dr. Enrico Magni Psicologo, giornalista
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