Pescate è salva

C’è chi misura il progresso con l’innovazione e chi lo misura col numero di stranieri tenuti lontani dalla rotonda del paese. 
Il sindaco di Pescate, De Capitani festeggia con entusiasmo l'affossamento di un quesito referendario sulla Cittadinanza, salutando il minimo provinciale registrato nel suo comune - il 13,6% di voti favorevoli - come se il suo fosse il trionfo di Austerlitz. 
In un tripudio di retorica da fortino assediato, si ringraziano i cittadini per aver “riconosciuto” l’impegno a difendere la patria dal nemico più temibile: gente che lavora, studia, cresce figli e magari osa anche voler diventare italiana. 
Ma tranquilli: la cittadinanza non si regala. Giusto. La si guadagna. Magari non col merito, ma con qualche decennio di presenza silenziosa, senza sbagliare congiuntivi e senza disturbare il decoro urbano con eccessi di speranza. 
Il paradosso è servito: si difende l’identità nazionale rinunciando all’umanità, si parla di sicurezza come se fosse un bunker e non un diritto comune, e si scambia il consenso con la conferma che tutto va bene così, purché nulla cambi mai. 
Pescate è salva, ci dicono. Ma da cosa? Dalla contaminazione culturale o dalla tentazione di guardare il mondo per quello che è: più complesso di uno slogan, più umano di un regolamento comunale. 
In fondo, è proprio vero: ogni paese ha i suoi eroi. Alcuni costruiscono ponti, altri alzano muri. E festeggiano pure quando ci sbattono contro. Al grido: È mio, è mio il muro. E lo gestisco io 
Paolo Trezzi
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