Lecco: tra risorse per i 'suoi' alluvionati e diritti sociali (sanità in primis), Bonaccini scalda la Festa dell'Unità del PD

Ospite d’onore della partecipatissima serata di venerdì della Festa dell’Unità lecchese è stato il presidente del PD Stefano Bonaccini. Come ha ricordato il sindaco Mauro Gattinoni nel suo saluto iniziale, il governatore dell’Emilia-Romagna è tornato in città (escludendo la tappa del febbraio scorso nell'ambito dei comizi per le primarie del partito) dopo tre anni dal suo intervento a sostegno del centrosinistra durante il ballottaggio delle elezioni comunali, incarnando un “esempio delle sfide a cui siamo chiamati a rispondere oggi, che si possono vincere solo sui territori e solo all’interno di una cornice di senso che la sinistra può dare”.

Agnese Massaro, Stefano Bonaccini e il sindaco Mauro Gattinoni

E proprio dall’enorme sfida che, per usare un eufemismo, rappresenta l’alluvione di un mese fa in Romagna è partita nella sua intervista la dem Agnese Massaro, che ha ringraziato anche i tanti volontari, tesserati e amministratori presenti alla cena durante la quale sono stati raccolti dei fondi per l’emergenza. “Quella che è avvenuta è una vera e propria e tragedia, in 36 ore è caduta l’acqua che di solito piove in un anno: non ci sono argini o fiumi che avrebbero retto - ha detto Bonaccini - In questo momento abbiamo mille frane attive dalla provincia di Reggio Emilia fino a Rimini, 755 strade di cui la metà sono parzialmente interrotte, le altre lo sono del tutto, alcune sono distrutte e non si potranno costruire dov’erano perché non c’è più il terreno. Alcuni Comuni nel ravennate hanno avuto l’80/85 per cento delle case e delle ditte con l’acqua che è arrivata a uno o due metri di altezza. È un territorio dove è cambiata la geomorfologia. Abbiamo il dovere di non dimenticare la collina e la montagna: in pianura se riceviamo il rimborso dei danni e sistemiamo strade si riparte come e più di prima; in collina e in montagna c’è il rischio di spopolamento. Eravamo riusciti a correggere la curva del calo demografico con alcune politiche: mille coppie hanno ricevuto 30mila euro per comprare la prima casa in montagna, a settembre i nidi nei Comuni in montagna saranno gratuiti, ma la montagna deve essere sicura altrimenti queste politiche rischiano di creare problemi”.

Volontari della cucina e sotto parte dei partecipanti alla cena pro Emilia Romagna

La stima dei danni diretti arriva a 8,8 miliardi di euro, di cui solo un miliardo per l’agricoltura e 1,8 miliardi per sistemare strade comunali e provinciali, argini e fiumi. “Abbiamo dimostrato la massima collaborazione possibile - ha aggiunto Bonaccini - ogni governo è anche il mio governo, così ho sempre interpretato il mio ruolo sapendo che ti elegge una parte ma devi rappresentare anche chi non ti voterà mai. Siamo pronti a collaborare e, se il governo ci darà i soldi che ci servono, a ripartire come abbiamo fatto con il terremoto, quando abbiamo ricostruito tutto in dieci anni, in molti casi anche meno. Quando il governo dice ‘non siamo un bancomat’ o che servono nove anni per ricostruire, forse non si rende conto che i romagnoli si aspettano la ricostruzione in nove mesi. A parte l’agricoltura, il resto delle imprese stanno già lavorando ma servono strade, servono i rimborsi per i macchinari distrutti. Dopo il terremoto tutte le imprese hanno potuto ripartire e tutte le famiglie che hanno perso la casa hanno avuto il rimborso e lo Stato ne ha avuto un ritorno perché ha potuto continuare a crescere. Se ci danno le risorse, la gente emiliano-romagnola se la cava. Senza risorse, domani si fermano le ruspe: i soldi stanziati finora per fare i primi interventi in somma urgenza su strade e fiumi sono 200 milioni di euro, ma i sindaci hanno già firmato provvedimenti per il doppio dei lavori”.

Molto delicato il tema del commissariamento sul quale Bonaccini non ha nascosto la sua irritazione per il ritardo: “Nel 2012 dopo sei giorni dalla prima scossa avevamo il commissario straordinario, quella figura che tiene insieme emergenza e ricostruzione che tanto per il terremoto, quanto sui rigassificatori, ha funzionato. I sindaci chiedono me, le parti sociali chiedono me, io dico fate chi volete, ma se ritardate la gente comincerà a capire che è un problema politico e non ce lo possiamo permettere sulla pelle delle persone. Noi vogliamo collaborare perché è nell’interesse dell’Emilia-Romagna e del Paese, chiameremo esperti nazionali e internazionali perché non dobbiamo ricostruire come prima, ma far meglio”.
A questo proposito non poteva non essere citato il problema della cementificazione vissuta nei decenni nella Regione: “Se volete aprire questo dibattito bisogna che si chiamino i miei predecessori, io ho approvato la legge più restrittiva d’Italia cinque anni fa che mi ha permesso di tagliare 11mila ettari di suolo edificabile, a breve ne taglieremo altri 11mila. Ma teniamo presente che sono venuti giù interi boschi dove non c’è un centimetro quadrato di cemento, la zona più cementificata è la riviera dove tutto è in ordine. Quindi, attenti a fare processi senza discutere nel merito, posto che abbiamo detto che bisogna cambiare. Ma possiamo discutere nel momento in cui gli aiuti arrivano e facciamo ripartire la Romagna”.

Il Segretario provinciale del PD Manuel Tropenscovino, Iil consigliere regionale GianMario Fragomeli e Stefano Bonaccini 
(Foto Andrea Pirovano per PD Lecco)

Togliendo per un momento il cappello da governatore e indossando quello del presidente del PD, Bonaccini è stato sollecitato a fare qualche riflessione sullo stato di salute del partito. La premessa doverosa è che “Elly Schlein è segretaria da tre mesi, guai a immaginare processi e critiche adesso. Io avevo vinto nettamente tra gli iscritti e perso di poco tra gli elettori, ma le regole sono quelle. Da quando il PD è nato sono state troppe le volte in cui dopo due settimane dall’elezione del nuovo segretario partiva la guerra interna per cambiarlo. Non mi sarei potuto perdonare di non accettare la gestione unitaria del partito e ho convinto la gran parte di chi mi ha sostenuto ad accettare la sfida perché è doveroso e giusto fare così: non mi sento né minoranza né opposizione, io mi sento parte del PD con le miei idee. Il PD sta tornando a crescere, ha riaperto le sue porte alla gente che se ne era andata e ad alcuni che non erano mai venuti e questo è un fatto positivo”. Ma c’è un ma. “Se la percezione di una parte del PD è quella che il partito guardi solo verso una direzione, il rischio è che ci sia un moto silenzioso di gente che se na va perché non si ritrova più. Io vengo dal Partito comunista italiano e ne vado orgoglioso ma comprendo che chi viene dal mondo cattolico non debba rischiare di non sentirsi a casa propria”.
Per il presidente la direzione da prendere è quella di definire alcune priorità: sicuramente i diritti civili, ma senza dimenticare i diritti sociali, come ad esempio quello alla sanità pubblica sulla quale è necessaria una “battaglia campale”. “Il ministero della Sanità ha di nuovo assegnato il primo posto all’Emilia-Romagna per i cosiddetti Lea, allo stesso tempo è uscito un rapporto in cui si evidenzia che i tre quarti delle Regioni italiane hanno i conti in rosso, tra cui Emilia-Romagna, Toscana e province autonome di Treno e Bolzano. Se i tre quarti delle Regioni italiane sono in rosso forse c’è un problema e se le due regioni più in difficoltà sono Emilia-Romagna e Toscana che sono quelle che hanno più sanità pubblica c’è un doppio problema. La Lombardia non ha problemi di bilancio, ma la sanità è gestita per la metà dal privato. Da noi siamo al 20%, ma nel 2022 abbiamo dovuto togliere 110 milioni ad altri assessorati per metterli sulla sanità”.
Secondo Bonaccini questo risponde ad una precisa strategia del governo che ha portato la spesa sanitaria del Paese sotto il 7% del Pil, tra i peggiori Paesi europei, e che secondo le stime nei prossimi anni si assesterà al 6,2%. “Per questo mancano i professionisti, ai concorsi pubblici non partecipano abbastanza infermieri. Lavorare nell’emergenza è usurante: o aumentiamo le buste paga e non troviamo più nessuno. Io voglio un PD che dica queste cose più chiaramente, tutti giorni. Anche sul salario minimo legale ci sarebbe l’accordo di Calenda e di Conte: mettiamoci insieme, andiamo a parlare con le forze sociali, con i lavoratori, la vocazione maggioritaria vuol dire avere cultura di governo anche quando si sta all’opposizione. Quando diciamo un ‘no’ dobbiamo sapere dare un’alternativa. Dall’autunno fino al prossimo anno si vota in 4mila comuni e sette regioni: è un bel test. Pensiamo alle europee, ma bisogna che ci prepariamo alle amministrative, bisogna cominciare a costruire un’alternativa nei singoli territori con programmi che servono a quei territori e aprendo al civismo, dobbiamo offrire un’opportunità senza stare troppo di qua e troppo di là. Noi dobbiamo fare appello alle forze progressiste e civiche che non vogliono viverre in un Paese in cui la destra sovranista stia lì per 10 o 20 anni. Se il PD imbocca questa strada ce la possiamo fare”. La stessa ricetta è quella offerta per contrastare le riforme che il governo sta mettendo in campo: “In Europa soffia il vento di una destra sovranista e nazionalista, non possiamo concedere il moderatismo a Meloni, dobbiamo indicare valori, ideali e programmi che consentano all’Europa di essere custode dei valori democratici. Serve discutere, ascoltarci, costruire una proposta alternativa e delle alleanze. I diritti civili sono battaglie sacrosante ma ci vuole misura, per aumentare un diritto civile a chi oggi non ce l’ha serve una legge in parlamento, serve una battaglia maggioritaria. Dobbiamo essere pronti a contrastare progetti di riforma che non ci piacciano, sempre spiegando agli italiani qual è il nostro punto di vista e raccogliere le forze per essere ogni giorno uno in più”.
M.V.
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