ASST: 25 aggressioni fisiche e 61 verbali ai danni di operatori. Iniziative di prevenzione

25 aggressioni fisiche, 61 verbali e un agito contro la proprietà. Di questi episodi, la maggior parte ha avuto quale scenario i poli ospedalieri, in particolare il Pronto Soccorso (26) o le aree di degenza (36), mentre 19 si sono verificati nei servizi territoriali (poliambulatori, SERT, ecc...). I responsabili? Il più delle volte pazienti o utenti stessi (60), ma anche loro famigliari (24) o persone estranee/esterne (3). 
È un problema concreto, anche nel contesto dell'ASST di Lecco, quello delle aggressioni nell'ambito sanitario, per il cui monitoraggio già da alcuni anni l'Azienda ha avviato apposite iniziative in ottemperanza alla "Raccomandazione Ministeriale per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori" e alle indicazioni di Regione Lombardia. In ASST, inoltre, è costituito il G.O.R.A., Gruppo Operativo Rischio Aggressione, una "squadra" multidisciplinare che effettua periodicamente l'analisi dei dati, valuta e propone eventuali azioni correttive o preventive per contenere il fenomeno e promuove analisi delle condizioni operative e dell'organizzazione nei servizi considerati maggiormente a rischio. 
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Stando a questa analisi, da cui sono emersi anche i numeri citati in apertura, quale fattore principale predisponente l’aggressione in 31 casi è stato segnalato il malessere o la patologia del paziente; più della metà degli episodi è invece ricondotta principalmente alle aspettative disattese dell'utente o del famigliare e alla scarsa fiducia nei professionisti.
Al fine di acquisire una maggiore capacità di gestione della comunicazione e ridurre le probabilità di uno sviluppo conflittuale dei momenti di difficoltà e di tensione nel rapporto con l'utenza, l’ASST ha promosso a tutti i suoi dipendenti un apposito corso formativo, che rappresenta un accrescimento professionale per i lavoratori, in particolare nei Pronto Soccorso e nel Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze, che si trovano quotidianamente coinvolti nei setting ad alta intensità emotiva.
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Per sensibilizzare sull'argomento, di grande attualità anche perché il 12 marzo cade la “Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari”, si è mobilitato anche l’OPI di Lecco (Ordine delle Professioni Infermieristiche), che ha realizzato un breve video per sintetizzare i punti chiave del problema. 
“Abbiamo recentemente condotto un’indagine a livello regionale con il Coordinamento degli OPI Lombardi, a cui hanno risposto circa 2.400 infermieri - spiega il presidente di OPI Lecco, Fabio Fedeli -. Di questi circa il 50% afferma di aver subito almeno un episodio di violenza sul luogo di lavoro negli ultimi 12 mesi. Tanti inoltre non segnalano attraverso i canali formali, per paura di ritorsioni, per sfiducia o perché considerano tali episodi parte della quotidianità lavorativa. Il problema però esiste e porta con sé conseguenze da non sottovalutare. Questi ripetuti episodi causano stress, conducono al burnout, alimentano l’intenzione di abbandonare la professione e causano assenze dal lavoro dovute ai danni fisici e psicologici. A subirne le conseguenze sono anche i cittadini, con le ripercussioni sul sistema sanitario. Tempi di attesa maggiori, peggioramento della qualità dell’assistenza e un aumento della spesa sanitaria che ha conseguenze sulle tasche di tutti”.
Come affrontare allora il problema? “I fattori di rischio sono diversi e vanno dalle lunghe attese, in Pronto Soccorso come negli ambulatori, il carico di lavoro che i professionisti devono affrontare, il comfort offerto dalle strutture ai visitatori e la carenza di personale" aggiunge Fedeli. "La presenza di vigilanza e di Forze dell’Ordine riveste sicuramente un ruolo importante, ma è necessario intervenire su ognuno di questi fattori predisponenti in maniera proattiva. Per tale motivo, come Ordine delle Professioni Infermieristiche, intendiamo sensibilizzare la cittadinanza e tutti gli stakeholder in questa Giornata e stiamo lavorando per fornire ai nostri iscritti la possibilità di partecipare a una formazione specifica sulla prevenzione e la gestione degli agiti aggressivi. Nei luoghi di cura non deve esserci spazio per la violenza perché, citando lo slogan che accompagna la campagna informativa, la violenza non cura”.
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