''El Diablo è tornato''. Recitava così il messaggio sms che nei mesi scorsi ha dato il via (e anche il nome) alle indagini della Squadra Mobile di Lecco coordinate dal sostituto procuratore Nicola Preteroti, che hanno consentito di sgominare un vasto giro di spaccio di sostanze stupefacenti.
Una banda dedita all'immissione sul mercato "al dettaglio" di eroina e cocaina nelle piazze del milanese e del varesino, ma attiva anche in due luoghi simbolo del lecchese: la linea ferroviaria del "Besanino" e le alture che sovrastano gli abitati di Civate e Galbiate.

Khalid Kabab, Francesck Mecaj, Williams Barone, Karim Belhadj, RachJd Kabal e Icham Touzara
Stamani davanti al giudice per le udienze preliminari Paolo Salvatore, sono comparsi quattro degli otto destinatari delle ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse nell'ottobre dello scorso anno dal Gip del tribunale di Lecco, eseguite non solo sul territorio provinciale ma anche in quello di Milano e di Monza e Brianza.
Tutti loro si sono avvalsi di riti alternativi. Khalid Kabal, classe 1995 - meglio noto come El Diablo - e il fratello Rachid hanno scelto - tramite i rispettivi legali - la strada del patteggiamento. Il primo, detenuto in carcere a Monza e presente stamani all'udienza, è stato condannato alla pena di quattro anni e otto mesi di reclusione. In considerazione dei suoi problemi di salute il giudice Salvatore ha accolto la richiesta di scarcerazione avanzata dal proprio legale, l'avvocato Andrea Cainarca del foro di Milano.

Tre anni e otto mesi invece, la pena patteggiata da Rachid Kabal, classe 1985, detenuto in carcere a Lecco, ma assente questa mattina in tribunale, dove a rappresentarlo vi era il difensore, l'avvocato milanese Tiziana Vignoni.
Rito abbreviato per Karim Belhadj, classe 1987, difeso d'ufficio dall'avvocato Stefano Pelizzari. Tre anni e otto mesi la pena irrogata nei suoi confronti dal giudice Paolo Salvatore, più bassa rispetto alla richiesta avanzata dal sostituto procuratore Nicola Preteroti, titolare del fascicolo d'indagine, quantificata in quattro anni e quattro mesi.
Stessa strada processuale scelta da Natale Iraci, classe 1973 e residente nel milanese, l'unico dei quattro non sottoposto attualmente, alla misura della detenzione in carcere. Quattro anni e due mesi - in abbreviato - la pena irrogata nei suoi confronti dal dottor Salvatore. Secondo il quadro accusatorio emerso dalle indagini, Iraci - assistito dall'avvocato Luisa Bordeaux - sarebbe risultato alla guida di un'autovettura che, durante un normale controllo stradale disposto dagli agenti a Civate, non avrebbe esitato nel tentativo di investimento degli stessi, provocando loro lesioni, pur di non sottoporsi all'accertamento.
Una pena finale meno pesante di quella richiesta dal pubblico ministero, quantificata in quattro anni e cinque mesi.

Il capo della Squadra Mobile Marco Cadeddu
Compariranno invece dinnanzi al collegio giudicante del Foro di Lecco il prossimo 15 settembre altri implicati nella vicenda. Si tratta del trentenne Williams Barone, residente a Cassago e dell'albanese Francesck Mecaj, ripreso tra l'altro in una serie di fotogrammi scattati dagli operanti nel corso dell'indagine con un bastone tra le mani per malmenare un cliente che si sarebbe permesso di acquistare dello stupefacente da un "cartello rivale". I due, assistiti rispettivamente dagli avvocati Austoni e Gandolfi, sono stati tradotti in Tribunale già giovedì scorso, per la prima udienza del procedimento a loro carico con giudizio immediato. Prima del rinvio alla prossima udienza, le difese hanno dato il loro assenso all'acquisizione di gran parte della documentazione prodotta dalla polizia giudiziaria chiedendo l'escussione "in diretta" di un numero limitato di testi, dal sovrintendente Vincenzo Mazzilli (definito da un legale "l'anima di questa indagine") ad alcuni acquirenti e un paio di parenti dei due imputati.
El Diablo è stata un'indagine che aveva acceso i riflettori su un imponente giro di spaccio - con oltre un centinaio di clienti - svoltosi in diverse circostanze nelle stazioni della linea ferroviaria comprese tra Lecco e Renate o sul Besanino stesso. I potenziali consumatori venivano inizialmente omaggiati di dosi di "erba"; a seguire veniva proposto loro il "grande salto" all'eroina, sostanza che crea fin da subito una forte dipendenza non solo psicologica ma anche organica-fisica.
Ma non solo. L'attività investigativa avrebbe portato alla luce l'esistenza di una vera e propria tenda mobile utilizzata dagli spacciatori per smerciare eroina e cocaina al bisogno, installata sull'altura che sovrasta la stazione ferroviaria di Civate o nell'area boschiva che, da via Matteotti, collega Galbiate a Garlate per rifornirsi in tutta sicurezza, lontano da occhi indiscreti. Oltre duemila complessivamente le cessioni che sarebbero state appurate durante l'indagine, partita alla fine del mese di dicembre 2014.
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