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Scritto Lunedì 06 giugno 2016 alle 23:18

Liquami nel Pioverna: Giulia Bongiorno al Palazzo di Giustizia per difendere Romiti jr

L'avvocato Giulia Bongiorno
Il caso di per sé non è certamente dei più interessanti. Ma per la presenza nelle vesti di imputato, di Piergiorgio Romiti, figlio di Cesare amministratore delegato del Gruppo Fiat a fine anni '90 e fondatore della società finanziaria che controlla Rcs nonché - e forse soprattutto - dell'avvocato Giulia Bongiorno quale difensore, il processo celebrato nel primo pomeriggio odierno al primo piano del Palazzo di Giustizia di Lecco ha indubbiamente suscitato interesse, con legali "nostrani" tornati appositamente in Tribunale per vedere in azione la collega-parlamentare, resa celebre da battaglie come quella combattuta al fianco di Raffaele Sollecito e, ancor prima, di Giulio Andreotti ai tempi del procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa. In Aula anche in sostituzione del professor Oreste Dominioni - altro "beniamino" delle toghe lombarde, ordinario di Diritto processuale penale presso la Facoltà di Giurisprudenza della Università Statale di Milano, già Presidente della Camera penale meneghina e dell'Unione delle Camere penali Italiane - pazientemente l'avvocato Bongiorno ha atteso la chiamata del proprio fascicolo, slittata di ben due ore rispetto all'orario di convocazione. Quando è stato il suo momento, poi, ha spiccato per decisione nel porre le domande, lasciando chiaramente già intuire qual è la strategia difensiva adottata, con quesiti mirati e l'intenzione espressa di produrre alla prossima udienza tutta la documentazione relativa alla società al centro dell'attenzione, ovvero la SACECCAV spa, già SACCECAV Gestioni srl con sede a Desio, della quale il dr. Piergiorgio Romiti è indicato nel capo d'imputazione, per il periodo in esame, quale Presidente del Consiglio di Amministrazione. L'imprenditore romano, classe 1951, stando al quadro tracciato dal pubblico ministero Cinzia Citterio, sostituita al cospetto del giudice monocratico dr. Salvatore Catalano dal viceprocuratore onorario Mattia Mascaro, è chiamato a rispondere, per vicende datate 2011, di frode nelle pubbliche forniture e danneggiamento in quanto, "commetteva frode nell'esecuzione del contratto sopramenzionato (quello relativo alla gestione del servizio idrico integrato del comune di Taceno ndr) e/o nell'adempimento degli obblighi relativi ed in particolare, diversamente da quanto stabilito dalle clausole contrattuali, ometteva di attivare e/o manteneva non funzionante l'impianto di telecontrollo della stazione di pompaggio di Pasturo per periodi prolungati e anziché provvedere alla riparazione dei guasti della stazione stessa sversava, attraverso uno scarico attivo non autorizzato, liquami e acque reflue urbane nel Torrente Pioverna" nonché "perché con la condotta di cui al capo A e in particolare attraverso sversamento costante con più scarichi giornalieri di liquami e acque reflue urbane, danneggiava il medesimo corso d'acqua".
Lunga la parata di testi sentiti quest'oggi, non particolarmente chiari nell'esposizione tanto da costringere ad un certo punto il dr. Catalano a fare a voce alta un breve riassunto della questione per capire... se fosse riuscito a capire il funzionamento dell'impianto attorno al quale muove la vicenda, originata - come raccontato da più soggetti - da una segnalazione presentata al Corpo Forestale dello Stato di Barzio da un guardiapesca volontario a sua volta allertato da alcuni conoscenti circa la presenza di una sostanza maleodorante nel Pioverna nella zona del Ponte di Chiuso e dunque in prossimità della stazione di pompaggio verso cui sono convogliate le acque reflue del comune di Pasturo per essere poi indirizzate verso la stazione di depurazione. Tale operazioni - è parso di capire - avviene meccanicamente ma per come è stata progettata la struttura potrebbe avvenire anche semplicemente per "caduta", senza la necessità di altri interventi. "Se la stazione non pompa non succede nulla" ha spiegato infatti un dipendente della SACECCAV puntualizzando come a suo avviso lo sversamento nel torrente verificatosi il giorno dell'esposto alla Forestale sia da imputare alla presenza di un tubo - rotto - che in realtà non avrebbe nemmeno dovuto esserci. Non a caso, come fatto sottolineare dall'avvocato Bongiorno a più testimoni, inizialmente gli operanti avevano focalizzato la loro attenzione investigativa anche sull'impresa che realizzò l'impianto, colui che certificò i lavori oltre che su Idrolario (per il mancato controllo) e sul comune di Taceno su cui insiste la struttura già destinataria di un verbale amministrativo - con sanzione poi annullata - elevato dalla Polizia Provinciale nel 2009, sempre in relazione a un episodio collegato a scarichi nel Pioverna. Decisamente più confusa, infine, la parte relativa al capo A d'imputazione e dunque al corretto funzionamento o meno dell'impianto di telecontrollo. Secondo infatti il comandante della Stazione di Barzio della Forestale le Sim (proprio come quelle usate per i cellullari) inserite nel sistema per lanciare la segnalazione di malfunzionamento della stazione di pompaggio in caso di anomalia non sarebbero state puntualmente ricaricate e non avrebbe dunque mai lanciato - cosa a suo giudizio improbabile - allarmi, nemmeno in occasione della fuoriuscita di liquami accertata dalle divise.
Un tecnico della SACECCAV e un altro dipendente citati dalla pubblica accusa, sul punto, non hanno fornito a dir la verità un quadro chiaro: sicuramente si tornerà a parlare di tale "dettaglio" quando sarà la volta dei testi della difesa.
A.M.
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