Centinaia di persona alla serata di Qui Lecco libera per capire come la mafia abbia potuto aggredire il lecchese infettandolo


Centinaia e centinaia di persone hanno riempito Sala Don Ticozzi a Lecco per assistere alla serata “Metastasi, i fatti” organizzata dall’associazione Qui Lecco Libera. Una partecipazione che segnala la voglia dei lecchesi di comprendere, di conoscere, di trovare quella chiarezza che ancora, a più di un mese dai primi arresti, non è arrivata. Moltissimi i comuni cittadini presenti, insieme a diversi esponenti della politica e della società civile: il presidente del consiglio comunale Alfredo Marelli, alcuni consiglieri di maggioranza e di opposizione, il presidente di Libera Lecco Paolo Cereda solo per segnalarne alcuni. In prima fila, accompagnato dai figli, anche Vincenzo Musolino: il cognato di Trovato che lunedi scorso ha tentato di darsi fuoco di fronte al tribunale di Lecco.

I ragazzi di Qui Lecco Libera


“Siamo sorpresi di questa massiccia presenza
– ha voluto commentare il portavoce Duccio Facchini – Visto il clima di silenzio che è regnato in città in queste settimane e dopo anche il successo della camminata in favore del sindaco Marco Rusconi a Valmadrera non ci aspettavamo questa risposta, che testimonia come il territorio abbia voglia di reagire” Un pubblico numeroso e attento che ha ascoltato per un’ora e mezza il monologo attraverso cui Facchini ha ripercorso - anche ricorrendo a intercettazioni e a stralci dell’ordinanza di custodia cautelare -i passaggi chiave dell’assegnazione del pratone di Parè, da cui è nata l’operazione Metastasi. “Perché Metastasi non si esaurisce con Parè, ma a Parè passano tutti i personaggi coinvolti a vario titolo dalla vicenda” hanno spiegato gli organizzatori.

Vincenzo Musolino con i due figli

E sono in particolare 3 i personaggi al centro della ricostruzione fatta da Qui Lecco Libera: il sindaco di Lecco Virginio Brivio, quello di Valmadrera Marco Rusconi e il consigliere comunale del capoluogo Ernesto Palermo. Questi ultimi due arrestati lo scorso 2 aprile e ancora rinchiusi in carcere. Intorno, ovviamente, tutta la schiera della “squadra di Parè”: Saverio Lilliu, Antonello Redaelli e Mario Trovato. Ma è soprattutto sui 3 politici, più che sulla vicenda giudiziaria in sé, che si è concentrata la serata: Brivio, Rusconi e Palermo e le numerose telefonate intercorse tra i tre amministratori che sono state riportate nell’ordinanza del Gip. La vicenda raccontata è cosa nota, analizzata a fondo anche dai media locali.

Duccio Facchini


Il sindaco Marco Rusconi avrebbe, secondo l’accusa, favorito nella primavera del 2011 la società Lido di Parè srl – riconducibile dietro ai prestanome Redaelli e Lilliu alla famiglia Trovato – nella gara per la gestione del pratone sulle rive del lago. In cambio, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe ricevuto una mazzetta da 5000 euro cui ne doveva seguire un’altra per un totale di diecimila euro.

 

In questo “gioco” Ernesto Palermo avrebbe infine ricoperto un ruolo di mediatore tra il sindaco e la società, e quindi il clan Trovato. In questa vicenda - che nasce a partire da marzo 2011 - compare anche la figura di Virginio Brivio, più volte chiamato in causa tanto da Rusconi quanto da Palermo per avere dato una serie di suggerimenti legati a come gestire l’affidamento (o l’eventuale revoca come infatti poi avvenne), dopo che la Prefettura aveva iniziato a capire che la Lido di Parè era in odore di mafia rallentandone le pratiche. Ma – questa la forte critica mossa da Qui Lecco Libera - i sindaci Brivio e Rusconi sapevano che la Lido di Parè srl era di fatto riconducibile ai Trovato ben prima dell’informativa atipica della Prefettura del 23 luglio 2011. Già il 5 luglio Marco Rusconi, secondo quanto ricostruito da Qui Lecco Libera con le carte dell’ordinanza di custodia cautelare, era stato messo infatti a conoscenza dall’allora prefetto Valentini e aveva provveduto a informare l’amico Virginio Brivio per capire come comportarsi. “Nonostante sapesse delle connessioni parentali dietro la società, come testimoniano alcune intercettazioni di Ernesto Palermo, il sindaco Brivio contatta il prestanome dei Trovato Radaelli e lo incontra a Palazzo Bovara per parlare di una questione che non riguardava nemmeno il territorio comunale” ha denunciato Duccio Facchini. Fatto sta che il 6 agosto Marco Rusconi revoca alla società la concessione del prato di Parè, suscitando le ire di Redaelli che da un lato minaccia di rendere pubblica la tangente che – sempre secondo la ricostruzione dell’ipotesi accusatoria – avrebbe dato al sindaco di Valmadrera e dall’altro ricorre al Tar per il danno economico subito, chiedendo risarcimenti per centinaia di migliaia di euro. Un ricorso che verrà poi rigettato. Eppure, questa la denuncia più dura fatta durante la serata, il sindaco Brivio – cui l’amico Marco Rusconi aveva chiesto consigli – avrebbe invece suggerito di non rischiare con il ricorso al Tar, ma di trovare un compromesso economico con la società, e di conseguenza con i Trovato. E questo sarebbe avvenuto in giorni (siamo nell’agosto 2011) in cui l’informativa atipica era già stata diramata e quindi era ormai cosa nota che la Lido di Parè srl era di fatto riconducibile al clan mafioso.

“Secondo l’ordinanza Brivio svolge un ruolo di mediatore per trovare un accordo economico tra la Lido di Parè srl e l’amministrazione di Valmadrera, cosi da poter “chiudere la vicenda e metterci una pietra sopra”, come dice in un’intercettazione con il consigliere Palermo. Una strategia che sarebbe stata condivisa anche da Mario Anghileri (ex presidente della Provincia di Lecco) al quale Marco Rusconi si era rivolto per avere consigli sul da farsi: “La linea Brivio-Anghileri proponeva di trattare, di proporre un indennizzo. – ha commentato Duccio Facchini – ma per fortuna il Tar ha smentito i sostenitori della trattativa”. “Quello che non possiamo sopportare - hanno denunciato infine i ragazzi di Qui Lecco Libera - sono la mancata assunzione di responsabilità etica e politica di fronte all’evidenza dei fatti e soprattutto il sacrificare la ricerca della verità e della chiarezza ad una omertà istituzionale mascherata da riservatezza”
P.V.
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