
Dante De Capitani
Egregio direttore
Leggo con sconcerto e delusione le vicende che riguardano la viabilità lecchese: Mancano 18 milioni di euro per la Lecco Bergamo, sul ponte di Annone dopo oltre cinque mesi non esiste non solo l’ombra di un finanziamento ma neanche lo straccio di un progetto, il ponte di Isella pur se esiste ancora, è del tutto inutilizzabile e i civatesi debbono fare il giro dell’oca per arrivare a casa, infine la ciclabile Abbadia-Lecco si avvia a diventare omologa della Salerno-Reggio Calabria.
Per non parlare poi del “mio” nuovo ponte Pescate - Bione che dopo visite ministeriali e conferenze al Politecnico con lenzuolate di progetti e finanziamenti già pronti, non si sa dove sia finito visto, che la Conferenza di Servizi prevista per febbraio è ancora al di la da venire.
In un Paese normale, quando crolla un ponte viene ripristinato in quindici giorni con una struttura in acciaio provvisoria, in attesa di quella definitiva, perché i cittadini non possono rimanere senza collegamenti e con servizi ridimensionati.
E’ una questione di rispetto per chi i politici li ha votati e si fa rappresentare.
Nella fattispecie invece neanche i progetti si fanno in tempi decenti, perché ci sono rimpalli di competenze assurdi, come se provincia, Regione, Anas e Ministero delle infrastrutture non siano in realtà una sola entità compositiva dello Stato Italiano, ma soggetti del tutto estranei tra loro.
Ma è mai possibile che uno dei territori più ricchi e determinanti per l’economia dell’intera Nazione sia ridotto al ruolo di Cenerentola?
E’ possibile che del ripristino dei ponti e della viabilità in questo territorio interessi solo ai sindaci?
O a pochissimi politici, che però invece di fare fronte comune litigano tra di loro pure nel frangente: Chi fa un comunicato stampa, chi una lettera al ministero, ma alla fine insieme non fanno nulla.
Io ho manifestato per primo la disponibilità ad intraprendere con il sindaco di Civate, quel galantuomo di Rino Mauri, una battaglia per il ripristino della dignità lecchese nella vicenda, perché siamo noi sindaci per primi i rappresentanti dei nostri cittadini e del nostro territorio.
Dobbiamo far sapere direttamente ai livelli più alti che questo territorio flagellato e vilipeso viabilisticamente si vuole riprendere ciò che è suo, e che i finanziamenti per le grandi infrastrutture di cui necessita non sono magnanime concessioni ma i diritti di un territorio e della sua gente.
Dieci, quindici sindaci in fascia tricolore con i rispettivi consigli comunali convocati direttamente sul ponte di Isella o sulla superstrada, sarebbero la bella risposta di un territorio unito nel frangente, che gli attributi dimostra di possederli.
E che, per almeno una volta, non ha paura a tirarli fuori.
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