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Scritto Martedì 13 maggio 2014 alle 23:19

Lecco: quando il dolore è il filo conduttore non protagonista di tante storie di sofferenza. Al Manzoni la 13° ''Giornata del sollievo'' con la musica di Niccolò Agliardi (Braccialetti rossi)

Il dolore è stato il filo conduttore, non il protagonista dell’evento. Riempie le giornate di chi si trova a fronteggiarlo, sulla propria pelle o in quanto operatore che si interfaccia con chi soffre ma, almeno lunedì sera, all’Ospedale Manzoni di Lecco, ha perso. A vincere sono state infatti le testimonianze, rese a cuore aperto dai chi lotta per liberarsene, i racconti dei professionisti che se ne occupano per lavoro e per “missione”, le parole di conforto nonché la sconfinata allegria dei volontari e la musica, la buona musica d’autore, popolare ma allo stesso tempo introspettiva, proposta da Niccolò Agliardi, “firma” della colonna sonora del telefilm “Braccialetti rossi” trasmesso nei mesi scorsi, con ascolti record, da Rai 1, presente di persona, con la sua band, all’iniziativa promossa dall’Azienda Ospedaliera nell’ambito della Giornata nazionale del Sollievo, giunta alla sua tredicesima edizione.

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“Si tratta di un’occasione per sottolineare che migliorare la vita di chi soffre eliminando il dolore – inutile – è un dovere etico e irrinunciabile” ha spiegato in apertura il dottor Antonio Urti, responsabile dell’Ufficio comunicazione dell’Ao che ha fatto da padrone di casa, dando il benvenuto al bel gruppetto di persone presenti alla serata. “La legge 38-2010 ha dato corpo a questo diritto che rappresenta – mi sento di dirlo – una conquista di civiltà: il paziente ha diritto a essere curato con calore umano e scienza medica. Il dolore si deve curare, si può e si deve curare” ha poi aggiunto passando la parola alla dottoressa Patrizia Monti. Partendo dalla fiction, remake italiano della serie catalana “Polseres vermelles”, incentrata sull’amicizia nata in corsia tra sei ragazzini ricoverati in ospedale e divenuta poi “forza” per combattere le diverse patologie che affliggono i protagonisti, il direttore sanitario aziendale ha evidenziato come “anche noi, attraverso l’ascolto, dobbiamo entrare in relazione con chi soffre avviando quel percorso che stimoli le persone a trovare una motivazione per reagire a un problema di dolore”. Il pensiero è quindi subito corso alle associazioni di volontariato che “contribuiscono in questo cammino attraverso la condivisione”.

Antonio Urti e Patrizia Monti

A rappresentarle, si sono seduti sui seggioloni posti sul palco, Tina Giammello e Vincenzo Galli, rispettivamente attivi nel progetto “Raggio di sole” avviato presso il dipartimento oncologico per supportare in modo particolare le donne sottoposte a cure che portano alla perdita dei capelli e presidente di Anteas e membro del Comitato consultivo misto nonché egli stesso utente del Manzoni.
Tina ha così parlato di come, con “discrezionalità e rispetto”, parrucchieri e volontari, si prendano cure delle signore (e degli ometti) che si affidano a loro per ricevere gratis una parrucca ma, prima ancora, per essere supportati nel percorrere una strada difficile da affrontare: “con questo progetto riusciamo a accompagnare i pazienti in questa parte del percorso rendendolo meno doloroso. La parrucca gratis è anche segno di uguaglianza: tutti possono essere messi allo stesso livello”.

Alessandra Longhi, Antimo De Salve, Niccolò Agliardi

“Portiamo in giro serenità, lo facciamo con entusiasmo e disponibilità” ha detto invece Vincenzo, 73 anni di cui 42 trascorsi in fabbrica, come ha tenuto a precisare, prima di “cambiare lavoro” e diventare volontario dell’associazione che si occupa del trasporto di malati, “con un utenza che oggi va dai bambini di pediatria ai centenari”. “Un bel sorriso vale più di 40 pastiglie”, il suo messaggio da uomo impegnato nel sociale ma prima di tutto da paziente.

Tina Giammello, Vincenzo Galli, Lucia Olivadoti

Lo sanno bene il dottor Antimo De Salve e la dottoressa Alessandra Longhi.
“Le persone arrivano da noi perché spesso non trovano soluzione al loro problema: il dolore” ha esordito il primo, medico presso l’Ambulatori di Terapia del dolore dell’Ao. “Soffrono, vogliono trovare una soluzione a una cosa che li tormenta, chiedono aiuto: bisogna dare una risposta. E non sempre è una ricetta con un farmaco. Ci sono situazioni così complesse e “vecchie” che è difficile dare una risposta immediata… Come prima cosa, ai miei pazienti propongo un patto per iniziare insieme un percorso…”
Il dolore, poi, come precisato dal professionista, non è sempre o solo fisico: alle volte si tratta di una sofferenza più generalizzata, da qui la collaborazione, in Ambulatorio, con una psicologa, la dottoressa Longhi, appunto.

I ragazzi della band che accompagna Agliardi

“Ho 44 anni e mi sono ammalata a 36: ho perso un bambino alla 29esima settimana e negli anni successivi ho subito più ricoveri in ospedale. Mi è stato detto dapprima che si trattava di problemi ginecologici, poi neurologici” ha iniziato così il suo racconto una delle pazienti del dottor De Salve, “peregrinata” da un nosocomio all’altro alla ricerca di un perché del suo soffrire e di un perché alla successiva perdita di altri quattro bimbi. Le è stata infine diagnosticata una patologia “che comporta sopportare dolori fissi o che vanno e vengono ma che non ti permettono di vivere una vita normale. Sono arrivata all’Ambulatorio della terapia del dolore dopo vari giri: spero di riuscire a accettare, ancor prima di superare, questo mio dolore”.
“E’ cominciato inciampando: in 5 minuti mi è cambiata la vita” le ha fatto eco un’altra donna seduta accanto a lei, tra il pubblico, "regalando" così ai presenti il racconto della seconda esperienza toccante. “La prima diagnosi è stata esaurimento nervoso, mi sono trovata spiazzata: io, fino a quel momento, ero sempre stata attiva”. Cambiando ospedale è cambiato poi il responso: “sospetta sclerosi multipla o tumore al cervello. So solo che mi sentivo poco capita: hanno cominciato a darmi psicofarmaci… Avevo trent’anni. Andavo da una struttura all’altra ma nessuno capiva il mio dolore. Ho subito vari interventi, ho avuto una vita “castrata”, non è più vita né per me né per chi mi sta accanto… Sono sempre stata una persona allegra, mi sono trovata a dormire dalla mattina alla sera. Questa è la mia vita tutt’ora, una vita di m…”.

Niccolò Agliardi

Chissà se ha mai pensato la stessa cosa anche la protagonista della terza storia vera raccontata durante la serata. Ciò che è certo è che avrebbe voluto essere lei a testimoniare. Le sue parole, affidate a una lettera indirizzata direttamente alla malattia, sono invece risuonate in sala lette da Lucia Olivadoti, operatore dell’Ao, impegnata nel progetto aziendale di medicina narrativa. L’autrice, come poi spiegato dal marito, seduto invece tra il pubblico, se ne è andata sei mesi fa. “Ho imparato a accettarti, come nemico e tutti i giorni lotto” scriveva nella sua missiva con destinatario il male che la indeboliva giorno dopo giorno, senza toglierle lo spirito per combattere. “L’ha fatto per tre anni” ha affermato “il suo amore” dinnanzi alla platea. “Abbiamo vissuto ogni giorno come fosse l’ultimo. Non cambierei nulla di quello che è stato. L’unica cosa che farei è prendere io la sua malattia, lei era anche più giovane di me..”
Musica. Niccolò Agliardi e la sua band: un’oretta di note scacciapensieri capaci al tempo stesso di far ulteriormente riflettere… E far sentir fortunati chi, in un lunedì sera qualunque, ha avuto la possibilità di partecipare a “Un Ospedale sempre più vicino per alleviare il dolore”.
Alice Mandelli
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