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Scritto Sabato 28 luglio 2018 alle 11:12

Introbio: altra udienza del processo a carico della guardia medica

E‘ proseguito venerdì 27 luglio, in Tribunale a Lecco il procedimento a carico del dottor Furio Riccio: il medico è accusato di omicidio colposo per la morte di Luca Borghetti, 52enne che nella mattinata del 13 aprile 2014 ha accusato un malore e, dopo essere passato per il servizio di continuità assistenziale di Introbio - dove l‘imputato era di turno- è venuto a mancare, nonostante i le manovre rianimatorie poi eseguite presso l'ospedale di Lecco.
Nell'udienza avvenuta il 22 giugno scorso sono stati escussi i testimoni del pubblico ministero Silvia Zannini, tra cui l'amico del Borghetti, Mario Valsecchi, che ha ripercorso l'intera mattina: Luca, i figli ed alcuni amici si sono ritrovati ad Introbio per dedicarsi all'arrampicata, ma già dopo aver affrontato la prima falesia l‘annonese si era lamentato di dolori al braccio.
Così il Borghetti, che dai sintomi aveva capito di aver in corso un infarto, aveva suggerito all'amico di accompagnarlo in macchina alla guardia medica di Introbio.
Una volta giunti sul posto Luca era stato respinto dal medico -secondo il racconto del sig. Valsecchi- "perchè lì non erano attrezzati". Così ha avuto inizio la corsa disperata al pronto soccorso di Lecco, dove il 52enne è arrivato in condizioni disperate.
L'Assistente Capo della Polizia di Stato, Silvia Sannino, ha sottolinato come il tempo andato perso nel percorso effettuato dal Valsecchi dal centro di Introbio all'ospedale di Lecco abbia comportato un notevole ritardo nei soccorsi: ben 35 preziosi minuti sarebbero stati sprecati quel giorno. Nel settembre 2014, nel corso delle indagini sulla morte dello scalatore, la Polizia aveva anche acquisito i documenti in merito alle procedure che devono essere adottate in guardia medica in caso di emergenza: il medico di turno deve allertare il 112 e richiedere un intervento, anche in caso in cui ritenga di dover indirizzare il paziente al pronto soccorso.
Stando ai tabulati telefonici del 13 aprile, il dott. Riccio non avrebbe mai effettuato alcuna chiamata al numero di emergenza.
È stata chiamata a testimoniare anche la figlia di Luca, Borgehtti Lucrezia -costituitasi insieme alla madre e ai due fratelli parte civile e rappresentata dall'avvocato Marco Sangalli- che quel giorno si trovava a scalare insieme al padre.
"Ricordo che dopo aver terminato la parete si è lamentato di un forte dolore al braccio, ricordo perfettamente che stava seduto a terra, non mi ha nemmeno guardato quando gli ho chiesto che cosa avesse" ha raccontato la ragazza, all'epoca dei fatti poco più che sedicenne. "L'ho visto prendere le chiavi della macchina e scendere, poi Mario è andato con lui"
Il giudice monocratico Enrico Manzi ha poi chiesto alla giovane quanto fosse distante la macchina dal luogo in cui stavano arrampicando:"Le placche sono collegate al posteggio tramite un sentiero percorribile solo a piedi, ci si mette circa tre, al massimo cinque minuti ad arrivare alle vetture" ha spiegato, per poi aggiungere, dopo le domande del pm sulla salute del padre quella mattina "A casa stava benissimo, inoltre ho capito subito che qualcosa non andava quando ha detto di avere male al braccio: mio padre non si lamentava mai".
Il giudice Manzi ha rinviato la prossima udienza al prossimo 9 ottobre per l'audizione dei consulenti del Pm e della parte civile, dei testi della difesa e per l'esame dell'imputato, difeso dall'avvocato Gianluca Giovinazzo.
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F.F.
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