
Il tribunale di Lecco
E' proseguita stamani in tribunale a Lecco l'istruttoria dibattimentale nell'ambito del processo penale che vede il dottor Furio Riccio - all'epoca dei fatti guardia medica presso il servizio di continuità assistenziale di Introbio - a processo con l'accusa di omicidio colposo per la morte dell'annonese Luca Borghetti. Era il 13 aprile 2014 quando il 52enne, recatosi in Valsassina con amici e familiari per dedicarsi all'arrampicata sportiva, era spirato poco dopo l'arrivo in ospedale a Lecco, colto da un malore rivelatosi poi fatale.
Un viaggio in auto che il padre di famiglia aveva affrontato dopo essersi recato alla guardia medica introbiese: da qui l'apertura di un fascicolo di indagine a carico del medico per accertarne l'eventuale responsabilità penale in ordine alla morte del 52enne. Obiettivo dell'istruttoria dibattimentale che si sta celebrando al cospetto del giudice monocratico Enrico Manzi è quello di sviscerare con precisione la dinamica dei fatti svoltisi in quella giornata per verificare in primis il rispetto dei protocolli di soccorso e per capire inoltre se l'imputato avrebbe potuto agire diversamente, accorciando i tempi di presa in carico del soggetto da parte dei sanitari. Borghetti si era infatti rivolto a lui lamentando un forte dolore al braccio: all'arrivo al Manzoni era spirato per un infarto.
Dopo l'audizione dei testi citati la scorsa udienza dal pubblico ministero Silvia Zannini, stamani è stata la volta del consulente della difesa - rappresentata dall'avvocato Gianluca Giovinazzo - dottor Alessandro Pinnavaia, dirigente responsabile di medicina legale presso l'Asl di Viterbo.
Nella sua relazione, sinteticamente esposta in aula sulla base delle domande postegli dal pm e dai legali di difesa e parte civile, il medico ha ribadito a più riprese che nel caso in esame ''non ci fu contatto sociale tra il dottor Riccio e Luca Borghetti''. Nello specifico, a detta del consulente, il 52enne si affacciò verso l'ambulatorio senza farvi però accesso, scambiando soltanto qualche parola con la guardia medica, che non potè quindi operare in alcun modo nei suoi riguardi. ''Riccio non ha avuto alcun ruolo perchè Borghetti non ha posto affidamento in lui, quindi il contatto sociale fra loro non c'è mai stato'' ha aggiunto il dottor Pinnavaia, a detta del quale in mancanza dell'esame autoptico non sarebbe nemmeno possibile stabilire le cause della morte dell'annonese partendo da un dato certo. ''L'interazione tra medico e paziente è stata troppo breve per poter attribuire un ruolo effettivo all'imputato'' ha concluso il consulente della difesa, incalzato poi dai quesiti dell'avvocato Marco Sangalli, costituitosi parte civile per conto dei familiari del defunto, quest'oggi presenti in aula. ''Perchè allora il dottor Riccio ha consigliato al Borghetti di andare al pronto soccorso?'' ha domandato il legale, che ha poi fatto riferimento ad alcune dichiarazioni rilasciate dall'imputato ad un giornalista poco dopo la morte dell'arrampicatore annonese, contenute in un articolo di stampa agli atti del processo, relative al sospetto di un presunto infarto in corso già all'accesso del 52enne in guardia medica.
Il consulente ha però ribadito la propria posizione: a suo dire sarebbe stato impossibile per l'imputato dare una valutazione precisa sulle condizioni di salute del paziente, non avendolo neppure visitato; sarebbe stato infatti lo stesso Borghetti a decidere di allontanarsi.
Una posizione - diversa rispetto a quanto emerso nelle precedenti udienze dopo le testimonianze dell'amico Maurizio Valsecchi e dalla figlia Lucrezia - che dovrà essere ora confrontatata con quella dei consulenti del pubblico ministero, attesi il prossimo 8 febbraio, quando sarà ascoltata anche la versione del dottor Riccio, unico imputato per la morte di Luca Borghetti, alpinista con alle spalle imprese importanti, compiute negli anni Ottanta nelle Dolomiti del Brenta e in Val Masino, aprendo poi vie nuove in Grigna.
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