Gli effetti del
coronavirus si riverberano sull'industria ed in particolare sul
settore metalmeccanico. Cassa integrazione, ferie obbligate, chiusure parziali o totali dei siti produttivi sono l'antidoto che sempre più imprenditori lecchesi stanno utilizzando per fronteggiare l'emergenza in corso, ormai non più solamente sanitaria. L'elenco delle aziende della provincia che hanno dovuto e voluto prendere misure per contrastare il calo del lavoro e garantire sicurezza i propri dipendenti si fa sempre più lungo, giorno dopo giorno. Secondo quanto riferito da
Maurizio Oreggia, segretario generale della
Fiom Cgil di Lecco, tra le ditte
con sede nel capoluogo la
Riello ha attivato per i suoi dipendenti la cassa integrazione ordinaria mentre la
Cemb rimarrà chiusa fino al 20 marzo, così come la
Carcano di
Mandello, dove la direzione ha disposto una sanificazione generale degli ambienti di lavoro. La
Rodacciai di
Bosisio, per fare altri esempi, sta proseguendo l'attività con un solo turno e la
Kong di
Monte Marenzo dal 16 al 20 marzo ha attivato un piano ferie per i suoi dipendenti.
''La
Ferro Bulloni di
Rogeno, la
Lazzari di
Lecco, la
Fratelli Mauri di
Garlate e la
Fonderie Adda di
Olginate: sono tutti esempi di realtà in cui con i delegati sindacali si sono fatte valutazioni per rispondere ad una situazione che diventa sempre più grave'' ha proseguito il segretario Oreggia. ''E' evidente che ormai nessun imprenditore può più garantire che sui luoghi di lavoro ci sia un livello massimo di sicurezza. In molti reparti non si può evitare, ad esempio, di lavorare fianco a fianco. Ad
oggi stiamo pagando lo scotto di un'assenza di decisioni sistematiche. Si temono chiaramente ripercussioni economiche, ma non si considera il contesto in cui avverrebbero, e cioè in un'Europa che non sta certo galoppando ma anzi rallenta. E se è vero che da noi il coronavirus è arrivato prima e in altri Paesi si sta sviluppando ora, significa che potremo essere noi i primi a ripartire''. La decisione di non fermare l'industria, per ora, a detta dei sindacati ha provocato comunque una reazione contraria, dove la preoccupazione dei lavoratori la fa da padrona.
''La situazione nelle fabbriche metalmeccaniche è molto complicata'' è il commento di
Andrea Donegà, segretario generale della
Fim Cisl Lombarda. ''I dati in nostro possesso ci dicono che stanno aumentando cassa integrazione, fermate o riduzioni produttive. I nostri delegati di fabbrica stanno facendo un gran lavoro nel gestire le paure delle persone e, dopo averle raccolte, trasformarle in risposte solidali utili a trovare le migliori soluzioni a tutela della salute e del lavoro''. Dai dati della Fim Cisl Lombardia, poi, il tasso di assenteismo in queste giornate ha raggiunto percentuali altissime, con punte del 50%. ''Anche per questo motivo le aziende hanno iniziato a fare richiesta di ammortizzatori sociali'' spiega Donegà. ''Ad
oggi, in tutta la Lombardia metalmeccanica, abbiamo contato quasi 400 richieste di cassa integrazione che interessano circa 15.000 lavoratrici e lavoratori. Sicuramente il numero è destinato a crescere se consideriamo che solo in
questa settimana, rispetto alle prime due settimane di emergenza, le domande sono aumentate del 300%''.
Le aziende, prosegue la Fim Cisl, stanno arrivando da sole dove il Governo non ha voluto arrivare ovvero al fermo o al rallentamento significativo delle produzioni.
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