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Scritto Martedì 05 maggio 2020 alle 13:59

Le misure non mancano ma l'indennità non arriva a chi è in ''cassa''. Riva: i numeri superano di molto la crisi del 2008. Mesagna: liquidità serve alle imprese ma anche alle famiglie

Nell'arco di una settimana, quella tra il 21 e il 28 aprile scorsi, la Regione ha emanato 279 decreti di concessione della cassa integrazione in deroga ad altrettante aziende lecchesi che ne avevano fatto richiesta. Una misura che ha riguardato in totale 520 dipendenti. Si tratta tuttavia di numeri solo parziali, comunicati dalla Provincia di Lecco, facenti parte di un fenomeno ben più esteso, che nel solo lecchese ha riguardato circa 3.500 aziende e circa 50mila lavoratori. Basta ampliare il raggio a tutti gli ammortizzatori sociali a disposizioni dei datori di lavoro: cassa integrazione ordinaria, straordinaria e, in pochi casi, anche il contratto di solidarietà. Dietro a tante richieste c’è ovviamente quello che dal 20 febbraio scorso è diventato il nemico pubblico numero uno, il Covid-19.

Diego Riva, CGIL Lecco
''La cassa in deroga è uno strumento che deve essere utilizzato ed è assolutamente necessario per la copertura di quelle realtà che hanno meno di cinque dipendenti e non avrebbero altro ammortizzatore'' ha commentato Diego Riva, segretario generale della CGIL di Lecco. ''Ma non dimentichiamo che le aziende hanno a disposizione diversi fondi, e che oltre a quelli ordinari ce ne sono anche di specifici per alcune categorie. Ci ritroviamo perciò in questa situazione molto difficile con un numero tale di richieste di cassa integrazione che abbiamo di gran lunga superato quelle che avevamo nel 2008 e nel 2009, negli anni più neri dell’economia. Il problema che rileviamo e che stiamo denunciando a 360 gradi è che vi è una difficoltà oggettiva ad onorare questa mole di richiesta. Gli accordi presi nei primi giorni dell’emergenza prevedevano che le banche avrebbero anticipato velocemente laddove le aziende non si fossero rese disponibili ad attivarsi. Ora è necessario che l’INPS e le strutture pubbliche si attrezzino in maniera adeguata per restringere i tempi di erogazione degli stipendi''.

Una partita, questa, dove in Regione Lombardia sembra ci siano molte più difficoltà che altrove. Gran parte dei lavoratori fermi da ormai due mesi attendono ancora le buste paga di marzo.
Enzo Mesagna, CISL Lecco
''Stiamo parlando di almeno un terzo della forza lavoro del lecchese'' ha commentato Enzo Mesagna, segretario CISL Monza Brianza Lecco. ''Sono circa 50mila i lavoratori in cassa, nella nostra provincia. E a questi aggiungerei che in diversi, nonostante il licenziamento sia attualmente vietato, hanno comunque perso il lavoro perché prima della crisi possedevano un contratto determinato o in somministrazione, oppure tutti coloro che dovevano essere assunti e ciò non è più avvenuto. Il Covid ha sicuramente avuto un impatto devastante sulle imprese e di conseguenza sui lavoratori. Di fronte a ciò non possiamo permettere che il tema della liquidità venga affrontato in questo modo. Ci sono accordi di livello nazionale chiamati di anticipazione sociale attraverso il sistema bancario. Purtroppo su questa partita abbiamo riscontrato difficoltà, tra aspetti burocratici e ritardi. Siamo tutti d’accordo che i soldi servano alle imprese affinchè riparta tutta la macchina, ma servono anche ai lavoratori e alle loro famiglie. Se loro non guadagnano finiranno anche per non spendere''. ''Non dimentichiamo – ha concluso Mesagna – che nell’ultima fase pre-Covid l’Italia aveva ottenuto buone performance in alcuni settori per l’export. Il lockdown ha vanificato ogni sforzo.
A.S.
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