
Si è concluso con l'assoluzione dell'imputato un mini-processo per una mini-vicenda che ha visto suo malgrado coinvolta una studentessa avvicinata a più riprese in treno da un giovane sconosciuto che, con insistenza le avrebbe fatto apprezzamenti, arrivando a "pedinarla", pur di incontrarla nuovamente. I fatti sono concentrati nell'arco di 10 giorni, tra il gennaio e il febbraio del 2018, dal primo incontro tra i due su un convoglio della linea Lecco-Bergamo fino alla denuncia sporta dalla ragazzina, al tempo 17enne. A sviscerare l'accaduto al cospetto del giudice Nora Lisa Passoni, lo scorso 19 febbraio, era stata la stessa querelante, in assenza dell'imputato, un trentenne originario della Guinea, dichiaratosi domiciliato presso una struttura della Caritas in città e assistito d'ufficio dall'avvocato Roberto Bardoni. Atti persecutori o per dirla con un termine alla moda "stalking" il reato ascritto allo straniero che a più riprese avrebbe provato ad attaccare bottone con la liceale, prima sedendosi al suo fianco e rivolgendole direttamente delle domande per chiosare con un inequivocabile "tu mi piaci tanto", poi tentando di avvicinarla nuovamente, arrivando a chiedere informazioni su di lei a soggetti terzi ed a attenderla in stazione. Un comportamento, quello attuato dall'imputato che avrebbe ingenerato ansia nella studentessa, che fino ad allora non aveva mai avuto problemi negli spostamenti da casa a scuola, arrivata a non uscire più nel suo paese di residenza per paura di permettere all'africano di capire quale fosse il suo indirizzo. "Non ho niente contro di lui - ha sostenuto in Aula la persona offesa, costituitasi parte civile, in relazione all'africano spiegando il motivo della denuncia - ma se è no è no, il rispetto prima di tutto". Una posizione chiara la sua. Ma qual'era la reale volontà della controparte? C'era davvero l'intento di perseguitarla o quello attuato dall'uomo è stato un tentativo di conquistare l'attenzione della ragazza scaduto in un atteggiamento mal interpretato? Questo il dubbio rimasto al giudice all'esito del processo. Da qui l'assoluzione, seppur con formula dubitativa, del trentenne.
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