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Scritto Lunedì 19 aprile 2021 alle 08:54

Il mandellese don Ambrogio Balatti ricorda l'ultimo incontro con suor Maria Laura, attendendo la beatificazione

Monsignor Ambrogio Balatti
È stata l’ultima persona a parlarle, pochi minuti prima che fosse uccisa; l’unica persona amica che conosceva il motivo per cui fosse uscita dal convento di tarda sera. Monsignor Ambrogio Balatti, mandellese, era sacerdote a Chiavenna quando, il 6 giugno 2000, per le strade del paese venne assassinata suor Maria Laura Mainetti, religiosa originaria di Villatico di Colico.
Tre ragazze, all’epoca minorenni, fascinate da pratiche sataniste, pianificarono l’uccisione della donna, lasciando sgomento una comunità intera.
Nel pomeriggio di domenica si è svolto online, su iniziativa del vicariato di Torno e Bellagio, uno dei due incontri di preparazione al 6 giugno prossimo, data in cui, per volere della Chiesa cattolica, suor Maria Laura Mainetti sarà beatificata.
“L’avevo conosciuta arrivando a Chiavenna nel 1994; era una persona molto attiva, dinamica, buona, gracile fisicamente ma determinata, molto attenta ai bisogni del prossimo, dei poveri” ha raccontato don Balatti. La religiosa era all’epoca insegnante in una scuola privata elementare, ma molto vicina anche ai fragili, “si curava di qualche persona povera e disagiata, anche tossicodipendenti”. Ed è forse questa propensione alla cura del prossimo, a prescindere dall’estrazione o dalle richieste di aiuto, che l’ha portata, la sera del 6 giugno 2000, a fidarsi delle ragazze che l’hanno uccisa.
“Suor Maria Laura mi aveva messo al corrente di quello che le era capitato la sera del 3 giugno: mi raccontò che era stata chiamata al telefono, di sera, da una ragazza che diceva di chiamarsi Erica, che era in uno stato di disagio, era stata violentata e abbandonata dai suoi e chiedeva un appuntamento presso il parco di prato Giano, a Chiavenna vicino alla stazione”.
Suor Maria Laura Mainetti
L’assassinio si sarebbe dovuto compire quella sera, se la religiosa non avesse deciso di farsi accompagnare - a distanza - da una collaboratrice del centro di ascolto del paese, per poter meglio aiutare la ragazza. “Dopo il primo contatto, quando si unì all’incontro anche la signora, ricordo che suor Laura mi restituì una sensazione: la ragazza ci rimase un po’ male, come se non volesse comunicare ad altri la sua situazione”. Don Ambrogio racconta di come, nei giorni successivi al primo incontro, la religiosa abbia cercato di allacciare un rapporto, cercando di mettere a suo agio il più possibile la ragazza che richiese il suo aiuto. “Martedì sera suor Maria Laura viene chiamata di nuovo; questa volta non avvisa la signora del centro di ascolto per fare in modo che la ragazza si fidasse di lei”. Decide quindi di informare esclusivamente don  Ambrogio, che si reca al posto indicato per controllare: “non la trovai, allora decisi di tornare indietro e prendere la bicicletta per perlustrare le vie che avrebbe dovuto percorrere. Passo per via Bottolera e sulla destra, di fronte alla sede della Comunità montana, notai una ragazza vestita di nero che stava telefonando. Mi sono chiesto se fosse lei, ma ho continuato a pedalare, finché non trovo la suora che mi stava venendo incontro”. Dopo aver scambiato qualche parola, la religiosa era convinta che la ragazza sarebbe andata in convento da lei; “così ci siamo lasciate, mi aveva fatto capire che non era il caso che io la seguissi, per evitare che una terza persona la facesse desistere”. Don Ambrogio torna a casa, pensando che tutto sarebbe andato per il meglio. Ma così non fu: “Al mattino mi chiama il maresciallo, dicendo che c’era una donna morta. Ho subito pensato “Dio mio, speriamo che non sia la suora”. Sono uscito in bici fino al luogo indicato ed era proprio lei. Era rimasta lì, tutta la notte, finché un uomo alle 6 non l’ha vista e ha avvisato le autorità […] Inizialmente si pensava che fosse il violentatore della ragazza, come se questo temesse che la giovane rivelasse il suo nome, lo denunciasse; non si poteva pensare altro, ma dopo aver fatto l’autopsia, si sono resi conto che le ferite sul corpo non erano così profonde, erano tante ma non così forti da pensare che fosse stato un uomo a colpirla. Cos’era allora?”.
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Dopo diversi giorni di indagini, l’identikit della ragazza pubblicato sui quotidiani e l’intercettazione dei telefonini le autorità capirono che chi aveva compiuto l’assassinio erano le tre amiche, tre minorenni. “Su tutta la città è calato un grande vuoto, non si poteva immaginare una cosa del genere, che motivo c’era?”.
Dopo il processo si vennero a sapere diversi dettagli dell’efferato omicidio, ma ciò su cui don Ambrogio ha voluto insistere sono state le ultime parole proferite dalla religiosa, prima di essere uccisa: “Disse loro “Che Dio vi perdoni”. Un raggio di luce che ha fatto capire la santità di questa donna, come gli stessi inquirenti hanno riconosciuto. Avevo pensato in cuor mio che la suora era una martire, uscita per dare aiuto e poi ha incontrato la morte. Certo, non basta essere uccisi per essere martiri, ma mentre loro facevano il possibile per creare un progetto diabolico lei perfezionava il suo affetto, il suo aiuto cristiano. È importante che questo venga riconosciuto dalla Chiesa”. E così è stato: il prossimo 6 giugno suor Maria Laura Mainetti sarà beatificata, dopo anni di riflessione e la raccolta di testimonianze, inclusa quella di don Ambrogio. “Auguriamo che la beatificazione sia per il bene di tutti, il male c’è, opera qualche volta in maniera orribile, ma la suora ci dà un esempio che non possiamo lasciare cadere” è stata la chiosa finale del sacerdote. 
A.A.
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