La goccia che ha fatto traboccare il vaso parrebbe essere il mancato raggiungimento di un accordo sul premio di risultato. Ma si sa, quando la misura è colma poi una rivendicazione tira l'altra. Lavoratori in sciopero quest'oggi alla Fontana di Calolziocorte. Le tute verdi hanno incrociato le braccia a partire dalle 10.00, scegliendo di radunarsi con i rappresentanti sindacali fuori dai cancelli del quartier generale del gruppo specializzato nel settore dell'automotive di lusso - con sedi in tre nazioni, 11 siti operativi e oltre mille dipendenti - per far sentire la loro voce, in aperta polemica con la proprietà anche per quanto riguarda le condizioni di lavoro in fabbrica.
"Vogliamo far capire quello che valiamo davvero, ma ci è stato risposto che non ci sono soldi" sono state le parole di
Innocenzo Tedesco, RSU della UILM. "Senza le ruote anche la macchina migliore del mondo non camminerà mai, e noi siamo le ruote di questa azienda. Avremmo voluto tanto confrontarci con i titolari, dire in quali condizioni stiamo lavorando. Non abbiamo ancora il disinfettante in bagno, forse il migliore di noi ha ancora un pantalone non rotto...".


"La gente è stanca, l'azienda deve capire che non siamo qui a elemosinare niente, ma solo a pretendere quanto ci spetta" ha sostenuto
Luciano Manzoni (FILCA-CISL). "Abbiamo lavorato anche durante il lockdown perchè la Ferrari e la McLaren avevano bisogno: allora abbiamo dovuto fare un giorno di sciopero perchè avevamo paura, perchè tornavamo alla sera senza sapere che cosa portavamo a casa alle nostre famiglie. Eppure quando la Ferrari ha deciso di chiudere - e di pagare lo stesso i propri dipendenti - anche noi abbiamo potuto smettere di lavorare".


Concetti, questi, ribaditi al microfono anche da
Eliana Dell'Acqua, che ha ricordato come alla mobilitazione del marzo 2020, nata proprio per chiedere maggiore sicurezza, sia seguito nel giro di pochi giorni il decesso di un operaio contagiato dal Covid. "Hanno riaperto solo dopo sei settimane di cassa integrazione" ha affermato la rappresentante della FIM CISL. "Qualcuno, però, è stato lasciato ancora a casa, quindi ha perso il reddito, mentre qualcun altro è stato costretto a lavorare anche di sabato, e c'è chi, per averne saltati alcuni per impegni famigliari, si è visto arrivare una lettera di contestazione. E questo impegno extra non serviva per recuperare quanto non era stato fatto prima, ma per produrre macchine in più. Ci siamo sentiti dire che il premio è di 360 euro lordi, distribuiti in due tranche, più altri 300 in flexible benefits, e secondo noi si deve fare un ulteriore sforzo. Oltre a tutto questo c'è il tema della sicurezza, non solo legato ai dispositivi anti Covid, ma anche per esempio al vestiario e alla mensa, su cui si continua a risparmiare".
"Siamo qui perchè la misura è colma, perchè questa proposta di premio non corrisponde evidentemente a quello che era stato chiesto" ha ribadito Elena Rossi (FIOM CGIL). "Oggi è un momento di svolta, ma i temi non riguardano solo quei 300 euro che ci separano dalla soddisfazione, ma anche e soprattutto l'organizzazione del lavoro". "Questo premio è inadeguato alle nostre aspettative per quello che stiamo dando a questa azienda, dopo un anno di pandemia in cui ci siamo presi la responsabilità di lavorare anche in condizioni non ottimali" ha aggiunto ancora Emanuele Poppa (UILM). "L'azienda deve offrire risorse economiche adeguate, non vogliamo nè più nè meno di un premio come quello del 2019".
Il "picchetto" è proseguito per buona parte della mattinata.