Olginate: non ancora chiuse le indagini su Alberto Villa. Il deep web? un bazar fetente

Alberto Vlla. A destra il Questore Gabriella Ioppolo e il capo della Squadra Mobile
Marco Cadeddu con parte del materiale sequestrato nell'abitazione dell'olginatese
La Procura della Repubblica ha chiesto e ottenuto una proroga d’indagine: non è dunque ancora chiusa l’inchiesta – affidata alla Squadra Mobile della Questura di Lecco - che ha portato, all’esito della perquisizione operata nell’arco dell’intera giornata di giovedì 26 novembre presso l’abitazione di famiglia a Olginate, all’arresto del 31enne Alberto Villa. Di un certo spessore le accuse mosse nei confronti dell’uomo, formalmente disoccupato ma con un tenore di vita invidiabile potendo disporre di una Porsche Cayman, di tre moto di grossa cilindrata e di una barca ormeggiata presso il porticciolo di Garlate:  si va dalla detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, con finalità anche internazionale al possesso e alla fabbricazione di documenti identificativi falsi passando per la falsità materiale commessa da privato in atto pubblico alla contraffazione dei sigilli fino ad arrivare alla detenzione di arma clandestina e delle relative munizioni. Al momento della convalida dell’arresto – con applicazione della custodia cautelare in carcere – il giovanotto, assistito di fiducia dall’avvocato Roberto Tropenscovino si è avvalso, dinnanzi al giudice, della facoltà di non rispondere. “Si tratta di un caso complicato e complesso” ha asserito, contattato telefonicamente, il legale. “Anche per rispetto al ruolo della Magistratura, al momento non posso rilasciare dichiarazioni. Stiamo però studiando una strategia difensiva” ha aggiunto.
“Dalla prima analisi e dalle risultanze investigative già acquisite – è scritto nel comunicato diffuso dalla Polizia a seguito dell’arresto – è emerso con chiarezza che Villa Alberto gestiva, di fatto, da casa sua un traffico internazionale di sostanza stupefacente, nonché altre attività criminali online utilizzando tuttavia non la tradizionale rete internet bensì il deep web”.
Il libro del t.colonnello della Guardia di Finanza Mario Leone Piccinni
Di cosa si tratta? Per dare una risposta precisa ci siamo avvalsi della “collaborazione” di un lecchese d’adozione, vero esperto in materia: il t.colonnello del Comando Provinciale della Guardia di Finanza Mario Leone Piccinni che, nel suo ultimo libro, "Social network, cyberbullismo e faide virtuali", edito da Editrice San Marco, tratteggia in modo analitico tale “universo parallelo” a cui si accede installando “dapprima un sistema di “anonimizzazione”, TOR (acronimo di The Onion Routine), un software gratuito capace di dar vita ad una rete nella quale i dati non passano direttamente dal client al server, ma si muovono attraverso i server Tor che si comportano da router, dando vita ad un circuito virtuale crittografato che, di fatto, rende il traffico anonimo. Il deep web – è scritto - è una parte di Internet che non viene indicizzata dai motori di ricerca, un immenso contenitore di risorse disponibili, fatto di oltre 200.000 siti, raggiungibili e sfruttabili esclusivamente da chi li conosce e solo utilizzando particolari strumenti. Una rete alternativa ad Internet, molto più vasta per dimensioni e contenuti, un iceberg sommerso, un oceano di informazioni organizzate come vetrine, senza pretese grafiche e prive di pubblicità".
Una cosa quindi va precisata fin da subito: entrare in quel “sottobosco” del deep web oltre ad essere piuttosto facile non è nemmeno illegale seppur lo stesso sia stato definito “il lato oscuro del web”. “In effetti, addentrandosi nei meandri del deep web si ha la sensazione di trovarsi in un surreale bazar, affollato e maleodorante, fatto di bancarelle sulle quali è possibile trovare di tutto” argomenta l’ufficiale, autore di una serie di articoli sul tema di cui uno dei più recenti, datato agosto 2015, è fruibile cliccando qui. “Una sorta di market place dell’incredibile, ove nulla è proibito; tutto è progettato per essere libero da regole e dove venditori provenienti da ogni parte del pianeta, privi di scrupoli, sono pronti a contrattare su tutto”. Il deep web diventa così il regno dei pedofili ma anche il luogo “immateriale” dove assoldare, per esempio, un killer o dove acquistare facilmente armi e droga. Proprio questo mondo, stando alle risultanze emerse nel corso dell’indagine, parrebbe essere l’ambiente nel quale – dallo “studio” con più pc di ultimo modello e stampanti, anche 3D, allestito nella sua abitazione – operava Alberto Villa, acquistando partite di coca purissima da tagliare e reimmettere sul mercato – anche con spedizioni fuori dai confini nazionali, come dimostrato da plichi in partenza per l’Austria e l’Australia – al dettaglio.
“Riteniamo che anche la pistola (una calibro 9x18 con matrice abrasa di fabbricazione austriaca ndr) trovata nel corso della perquisizione sia stata acquistata nel deep web” aveva sostenuto durante la conferenza stampa il numero uno della Squadra Mobile Marco Cadeddu a cui spetterà ora arrivare alla quadratura del cerchio prima del fine indagini, quando la vicenda si trasferirà nelle aule giudiziarie.
A.M.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.