
Il Pm Bruna Albertini
Un accenno alla pronuncia dello scorso 1 marzo del Tribunale collegiale di Lecco era dato per scontato, visto l'evidente "conflitto" con la sentenza irrogata a Milano dal Gup Roberto Arnaldi. E l'accenno non è mancato, anche se sostanzialmente inutilizzabile e quindi inutile, trattandosi della mera citazione del dispositivo di una decisione al momento non ancora nemmeno motivata, relativa a soggetti che hanno scelto - già in partenza - una strada processuale differente. Ciò non toglie che ancora una volta, seppur in una sede diversa rispetto all'Aula del Palazzo di Giustizia di Corso Promessi Sposi, il sostituto procurare della DDA di Milano Bruna Albertini, con convinzione, abbia "battuto" chiodo per affermare come a suo giudizio di associazione per delinquere di stampo mafioso si debba parlare come ritenuto anche dal collegio del Foro lariano presieduto dal dr. Enrico Manzi con a latere i colleghi Salvatore Catalano e Maria Chiara Arrighi in riferimento alle posizioni di Mario Trovato, Antonino Romeo, Massimo Nasatti e Antonello Redaelli e non di un semplice sodalizio criminale, come invece sentenziato dal dr. Arnaldi, chiamato ad esprimersi, in abbreviato, sulle accuse mosse nei confronti di Claudio Bongarzone, Ernesto Palermo e Alessandro Nania. E proprio la prima udienza del processo d'Appello chiesto dai legali di quest'ultimi tre - nonché dalla Procura Generale - ha offerto nuovamente alla dottoressa Albertini il palcoscenico per ribadire le proprie conclusioni. Dinnanzi ai giudici della quinta sezione meneghina, il pm - che ha chiesto di poter continuare a sostenere personalmente la pubblica accusa - ha sintetizzato le ragioni che l'hanno portata ad appellare la decisione del Gup, presentando seduta stante una memoria di oltre un centinaio di pagine sulla quale si è aperta - come poteva essere facilmente immaginabile - una diatriba, risolta con la richiesta - assecondata dai giudicanti - di concessione dei termini a difesa, per avere quantomeno del tempo per leggere la corposa documentazione. Si tornerà dunque in Aula il prossimo 10 maggio, ore 11 quando prenderanno la parola gli avvocati Gianluca Crusco per Alessandro Nania, condannato a 4 anni e 6 mesi con una multa da 22.000 euro in primo grado; Michele D'Agostino per l'imprenditore lecchese Claudio Bongarzone (3 anni e 4 mesi) e Armando Veneto con il collega Vincenzo Belvedere per il professore con casa a Galbiate Ernesto Palermo (6 anni e 8 mesi accompagnati da un'ammenda da 3.000 euro), originariamente indicato quale il "colletto bianco" del sodalizio e elemento di contatto tra lo stesso e il mondo della politica locale, gravato oltre dell'accusa di associazione per delinquere di stampo mafiosa poi ricondotta alla fattispecie di reato prevista dall'articolo 416 cp e dunque all'associazione semplice anche di altre accuse "minori", compresa la corruzione dell'allora sindaco di Valmadrera Marco Rusconi, caduta invece a Lecco per quanto riguarda gli altri presunti coinvolti nella vicenda.
A.M.