Educazione alla legalità/2: i ragazzi di 3^ B del Parini nei luoghi di Corleone confiscati alla mafia , trasformati in siti produttivi
Prosegue il viaggio dei ragazzi della 3^ B dell’Istituto Parini di Lecco, nell’ambito del progetto “Educazione alla legalità” che li vede protagonisti di un percorso “sui luoghi della mafia”. Il 14 aprile i ragazzi hanno potuto visitare alcuni beni confiscati alla mafia e comprenderne la trasformazione. A Portella della Ginestra, hanno incontrato un testimone della prima strage nella storia delle Repubblica italiana, avvenuta il 1° maggio del 1947.
Oggi, 14 aprile 2016, abbiamo avuto una variazione rispetto al programma che prevedeva il lavoro in vigna : abbiamo visitato due beni confiscati alla mafia.
Salvatore, uno dei membri della cooperativa, che ieri ci ha mostrato la realtà del lavoro nei campi, oggi ci ha condotto davanti ad un’ ex cantina appartenente ad un prestanome di Brusca e Riina per dimostrarci come, nel territorio di Corleone, tutti i beni confiscati vengano realmente utilizzati.
I furti sono stati possibili a causa di assenza di allarme e telecamere all’interno e all’esterno dell’edificio, che si trova a Pietralunga, in un’ottima posizione per lavorare la materia prima e quindi l’uva proveniente dai campi. Il sito è ben collegato con Palermo, raggiungibile in soli 20 minuti, senonché è stato per qualche anno isolato a causa di una frana che ha dissestato la strada, percorribile ora grazie all’intervento di un privato che ha raccolto contributi volontari per renderla di nuovo accessibile.
Da qualche anno la ex cantina appartiene al consorzio “Sviluppo e legalità” che ha provveduto alla ristrutturazione con fondi del “Pon e Sicurezza” e alla sua trasformazione in centro aziendale, dotato di un’ala riservata alla sala convegni, a disposizione delle cooperative del territorio che gestiscono i beni confiscati.
Salvatore si è soffermato su un’inaspettata considerazione: a Corleone, neanche nelle terre dei beni confiscati viene mai rubato nulla, per un “codice di onore” che prevede il rispetto dell’altro e che rappresenta l’esatto contrario del codice d’onore mafioso.
Fino ad oggi i legumi prodotti sui beni confiscati alla mafia vengono confezionati nel nord d’Italia.
Con la produzione di legumi del 2016 il laboratorio entrerà in funzione e quindi ci auguriamo che il ciclo produttivo dei legumi si concluda nel luogo d’origine.
Abbiamo dedicato la seconda parte della giornata alla visita di Portella della Ginestra, località che si trova vicino a Piana degli Albanesi, tristemente famosa per la prima strage nella storia delle Repubblica italiana, avvenuta il 1° maggio del 1947.
Dopo anni di sottomissione ai grandi feudatari, sorretti dal fascismo e dalla mafia, nell’autunno del 1944, durante la Seconda Guerra mondiale, un importante movimento popolare ottenne il diritto di avere in concessione le terre mal coltivate o incolte dei latifondi. Il 20 aprile del ’47 il governo di sinistra riuscì ad avere la maggioranza nelle elezioni regionali, sconfiggendo la Democrazia Cristiana. Il prevalere della sinistra suscitò la reazione degli agrari che si scagliarono, utilizzando la banda armata di Salvatore Giuliano, contro le forze politiche emergenti e contro i contadini. Pensarono di attaccarli alla piana di Portella, situata tra i monti Pizzuta e Cumeta e priva di luoghi di riparo, proprio quel 1° maggio del 1947. Circa duemila persone provenienti da Piana degli Albanesi, San Cipirello e San Giuseppe Jato arrivarono a Portella a dorso di mulo, su carretti o a piedi , portandosi dietro cibo, strumenti musicali e tutto il necessario per far festa.
Dopo quest’introduzione della nostra guida Ornella, abbiamo incontrato un testimone della strage, il signor Serafino, di origine albanese, che ai tempi del fatto era un ragazzino di 16 anni.
Lui si era recato a Portella con il padre, la madre, la sorella e una cugina.
Prima di concludere il suo intervento, Serafino ha lasciato spazio alle domande e in una risposta ha voluto sfatare il mito di Salvatore Giuliano che ha descritto non come un “Robin Hood” che rubava ai ricchi per dare ai poveri ma come un vero delinquente che partecipò alla strage di Portella al servizio della mafia e della politica corrotta, nonostante a Montelepre, paese natale di Giuliano, ancora si custodisca il suo ricordo.
A malincuore ci siamo congedati dal signor Serafino e siamo ripartiti per Corleone.
Oggi, 14 aprile 2016, abbiamo avuto una variazione rispetto al programma che prevedeva il lavoro in vigna : abbiamo visitato due beni confiscati alla mafia.
Salvatore, uno dei membri della cooperativa, che ieri ci ha mostrato la realtà del lavoro nei campi, oggi ci ha condotto davanti ad un’ ex cantina appartenente ad un prestanome di Brusca e Riina per dimostrarci come, nel territorio di Corleone, tutti i beni confiscati vengano realmente utilizzati.
I furti sono stati possibili a causa di assenza di allarme e telecamere all’interno e all’esterno dell’edificio, che si trova a Pietralunga, in un’ottima posizione per lavorare la materia prima e quindi l’uva proveniente dai campi. Il sito è ben collegato con Palermo, raggiungibile in soli 20 minuti, senonché è stato per qualche anno isolato a causa di una frana che ha dissestato la strada, percorribile ora grazie all’intervento di un privato che ha raccolto contributi volontari per renderla di nuovo accessibile.
Da qualche anno la ex cantina appartiene al consorzio “Sviluppo e legalità” che ha provveduto alla ristrutturazione con fondi del “Pon e Sicurezza” e alla sua trasformazione in centro aziendale, dotato di un’ala riservata alla sala convegni, a disposizione delle cooperative del territorio che gestiscono i beni confiscati.
Salvatore si è soffermato su un’inaspettata considerazione: a Corleone, neanche nelle terre dei beni confiscati viene mai rubato nulla, per un “codice di onore” che prevede il rispetto dell’altro e che rappresenta l’esatto contrario del codice d’onore mafioso.
Fino ad oggi i legumi prodotti sui beni confiscati alla mafia vengono confezionati nel nord d’Italia.
Con la produzione di legumi del 2016 il laboratorio entrerà in funzione e quindi ci auguriamo che il ciclo produttivo dei legumi si concluda nel luogo d’origine.
Abbiamo dedicato la seconda parte della giornata alla visita di Portella della Ginestra, località che si trova vicino a Piana degli Albanesi, tristemente famosa per la prima strage nella storia delle Repubblica italiana, avvenuta il 1° maggio del 1947.
Dopo anni di sottomissione ai grandi feudatari, sorretti dal fascismo e dalla mafia, nell’autunno del 1944, durante la Seconda Guerra mondiale, un importante movimento popolare ottenne il diritto di avere in concessione le terre mal coltivate o incolte dei latifondi. Il 20 aprile del ’47 il governo di sinistra riuscì ad avere la maggioranza nelle elezioni regionali, sconfiggendo la Democrazia Cristiana. Il prevalere della sinistra suscitò la reazione degli agrari che si scagliarono, utilizzando la banda armata di Salvatore Giuliano, contro le forze politiche emergenti e contro i contadini. Pensarono di attaccarli alla piana di Portella, situata tra i monti Pizzuta e Cumeta e priva di luoghi di riparo, proprio quel 1° maggio del 1947. Circa duemila persone provenienti da Piana degli Albanesi, San Cipirello e San Giuseppe Jato arrivarono a Portella a dorso di mulo, su carretti o a piedi , portandosi dietro cibo, strumenti musicali e tutto il necessario per far festa.
Dopo quest’introduzione della nostra guida Ornella, abbiamo incontrato un testimone della strage, il signor Serafino, di origine albanese, che ai tempi del fatto era un ragazzino di 16 anni.
Lui si era recato a Portella con il padre, la madre, la sorella e una cugina.
Prima di concludere il suo intervento, Serafino ha lasciato spazio alle domande e in una risposta ha voluto sfatare il mito di Salvatore Giuliano che ha descritto non come un “Robin Hood” che rubava ai ricchi per dare ai poveri ma come un vero delinquente che partecipò alla strage di Portella al servizio della mafia e della politica corrotta, nonostante a Montelepre, paese natale di Giuliano, ancora si custodisca il suo ricordo.
A malincuore ci siamo congedati dal signor Serafino e siamo ripartiti per Corleone.
