La testimonianza della giornalista Fiamma Satta: 'da quando la sclerosi multipla ha preso possesso di me mi sento migliore'

Fiamma Satta
"E se non puoi avere la vita che desideri, cerca almeno questo, per quanto sta in te: non sciuparla"
: Fiamma Satta, la giornalista italiana colpita all'età di 35 anni dalla sclerosi multipla, ha lanciato il suo messaggio di speranza, appello all'intensità del vivere e alla responsabilità dell'essere, citando la poesia di  Constantinos Kavafis. Intervenuta stamane presso l'aula Magna del polo territoriale di Lecco del Politecnico di Milano, la giornalista ha avvicinato con il proprio racconto un auditorio attento e profondamente sensibile al tema del dolore, vero e proprio cuore di quel "Cortile dei Gentili" che il nostro territorio ospita tra oggi e domani
Lei, appartenente a quell'esercito di 110mila malati di sclerosi multipla, ha parlato di una malattia dalla quale non si guarisce (anche se il suo corso può essere rallentato), che incide su vari aspetti del vivere e colpisce in modi differenti: una malattia 'mutabile', variabile, come ha spiegato l'ospite, aspetto che la rende 'paradigma di vari tipi di disabilità'.
Emozionata per la presenza in prima fila del cardinal Gianfranco Ravasi, che ha cercato più volte con gli occhi quasi a voler trovare nell'alto prelato l'appoggio e la forza che già non le manca, Fiamma Satta è tornata con la mente a quel 1993, anno in cui le è stata diagnosticata la malattia, risalendo a poco a poco nel tempo con cenni a momenti tracciati a fuoco nella memoria: "ho sciato sulla neve sin al 2001, ho sciato sull'acqua sino al 2002, sono andata in motorino sino al 2004". Momenti, quelli, in cui la malattia, il 'nemico', l 'alieno', nelle parole di Oriana Fallaci, non si era ancora mostrato a viso aperto: in silenzio, di nascosto, malato e malattia inscenavano un reciproco e tacito accordo di noncuranza: "facevo come se non esistesse. Non la nominavo nemmeno". Così si è proceduto, fino al 2007: "in quell'anno la mia malattia si è trasformata da sclerosi multipla in una forma più aggressiva e progressiva, non curabile: ho iniziato a camminare con il bastone, son passata alla sedia a rotelle nel 2012". Una malattia debilitante che avanza, una verità taciuta con gli amici e con se stessa, quasi a scongiurare un pericolo tuttavia inevitabile: una reazione, questa, che le ha impedito a lungo di combattere. "Per molto tempo la sclerosi multipla non mi ha nuociuto dal punto di vista pratico ma il problema, in quegli anni, è stata la sua accettazione: era una rimozione continua, incessante", ha raccontato. "Accettarla, per me e per gli altri, non significa portarmi dai dottori, venire con me in vacanza, e nemmeno pregare per me, per quanto siano cose lodevoli: accettarla, significa smettere di rimuoverla".
Una presa di consapevolezza, insomma, che ha richiesto un lungo percorso dentro se e fuori da se, 'un viaggio che mi ha lasciato moltissime cicatrici': "mi sento un pirata della vita, ho dovuto imparare a navigare in acque tempestose, quelle acque che non riflettono né alberi né luna, acque che non riflettono proprio nulla se non la paura".
Sono racconti che colpiscono, che spaventano, che hanno fanno tremare l'auditorio: ferma, seria, dignitosa, la Satta ha invece lasciato da parte l'autocommiserazione con una rivelazione inaspettata: "negli ultimi 10 anni ho potuto lavorare in maniera molto intensa, ottenendo i massimi risultati della mia carriera", ha confessato.
Ora che cammina sulla strada della consapevolezza e lo fa con coraggio, la Satta si sente una dei tanti di esploratori di terre sconosciute, terre da cui in alcuni casi  non si può tornare indietro: "sono terre che vanno conquistate passo dopo passo, sfoderando tutte le armi di cui ognuno di noi è munito. È la quinta marcia che tutti abbiamo ma che solo la malattia riesce a tirarti fuori: non sono specialmente forte, sono uguale a tutti gli altri malati di sclerosi, uguale a tutti gli altri malati diventati forti per necessità".
Tenacia, coraggio, pazienza: queste le caratteristiche inevitabili, non speciali, 'obbligate', come ha detto lei, del 'guerriero': "Siamo persone normali, che si devono confrontare con qualcosa di grande". Un qualcosa da combattere come un nemico, ma allo stesso tempo un qualcosa anche da custodire, perché la malattia si inserisce all'interno di qualcosa di più grande del nostro essere: "da quando la sclerosi ha preso possesso di me mi sento migliore" ha detto Fiamma Satta fuori dai denti.
E' solo lontana dal diniego che la Satta ha imparato quindi a guardare in faccia la realtà: "il nemico non va sottovalutato, il suo valore va riconosciuto, va compreso". Un percorso, questo, su cui è necessario che imparino a camminare anche le persone che stanno a fianco del malato: "La mancata accettazione da parte di un membro  della famiglia rende quella persona ostile agli occhi del malato. Sarebbe meraviglioso riuscire ad infondere coraggio a chi non ce l'ha".
E' questa la rotta cui mirare per creare un circuito virtuoso all'interno della famiglia, per ritrovare l'orientamento in un mondo che ha cambiato i punti di riferimento: "si tratta di una vera e propria rivoluzione: quello che prima era importante prima quando subentra la malattia non lo è più, e viceversa. E' difficile, ma bisogna imparare a farlo: non si nasce 'imparati', ma si impara vivendo".
Giulia Achler
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