Lecco, ecco come si vive nel carcere di Pescarenico: celle di 7mq, c'è il teatro ma manca lo sport, criticità per i musulmani

L'ingresso del carcere di Pescarenico
Siamo "entrati" - virtualmente s'intende- tra le mura del carcere di Pescarenico grazie alla dottoressa Alessandra Gaetani che due anni fa (era il 26 maggio 2014) è stata nominata "Garante dei diritti delle persone private della libertà personale" per il Comune di Lecco.
Un incarico che l'ha portata a conoscere ancor più da vicino - lei che era già volontaria nella struttura - la realtà della Casa Circondariale di via Beccaria.
La struttura è uno stabile di inizio '900, per una superficie di circa 4.000 mq su 4 piani: tra il 1999 e il 2004 è rimasto chiusa per consentire una serie di lavori di ristrutturazione che hanno portato alla creazione di 33 celle che hanno una superficie di 7 mq ciascuno, 5 celle un po' più grandi di circa 9 mq e 2 cameroni di circa 20 m. Ogni ambiente è dotato di un piccolo bagno/doccia in acciaio.
Ogni piano conta una saletta per socializzare, molto sfruttata da quando è in auge il regime di sorveglianza dinamica. C'è un frigorifero condiviso per piano.
Oggi a Pescarenico - secondo i dati aggiornati al 31 gennaio e forniti direttamente dal Ministero - sono ospitati 71 detenuti, di cui 42 sono stranieri.
"Le dimensioni sono limitate ma lo spazio nelle celle è in linea con il minimo essenziale imposto dalla nota sentenza Torreggiani: non sussistono problemi di sovraffollamento" ha spiegato la garante nella sua precisa relazione inviata all'amministrazione comunale. "Il numero di presenze è oscillante con permanenze dei detenuti per periodi anche molto limitati fino a reclusioni intorno ai 5 anni. La soglia della capienza regolamentare mi risulta sia costantemente rispettata".
Ma rimane comunque un problema di spazio: il carcere di Lecco ha a disposizione poche aree per una detenzione che sia veramente rieducativa, dove poter organizzare laboratori e iniziative che favoriscano il reinserimento dei condannati.
All'aria aperta dai ristretti è fruibile solo nella zona del "passeggio" un piccolo spazio cementato, perimetrato da alti muri. Durante tale momento per lo più le persone si allineano e in processione camminano incessantemente avanti e indietro finché non scade il tempo a disposizione.
Altri spazi esistenti all'interno della prigione sono una piccola cappella usata per la messa cattolica domenicale, quella di Natale e quella di Pasqua; una sala colloqui decorata per rendere gradevole l'ambiente per i bambini in visita ai padri detenuti; la saletta colloqui per gli avvocati, la mensa per gli operatori e l'infermeria.
"La maggiore criticità strutturale della Casa circondariale di Pescarenico è l'estrema esiguità di aree da destinare alle attività formative, a laboratori di produzione, o anche, semplicemente, alla socialità. Le attività previste per i detenuti si svolgono tutte nell'unica sala, denominata polivalente e che è di medie dimensioni. In questa situazione mancano gli spazi per creare un laboratorio di falegnameria, di legatoria o un'officina che potrebbero aiutare il reinserimento lavorativo" ha continuato Alessandra Gaetani. "E' in atto il regime di sorveglianza dinamica per le ore previste dalla legge. Con questo modello c'è il tentativo di ribadire i principi di legalità e di umanità sottesi alla esecuzione della pena e, nello specifico, quello per cui la camera detentiva è da considerarsi, per il detenuto, mero luogo dove riposare la notte e non dove stare rinchiuso tutto il giorno. La sorveglianza dinamica sposta l'asse da una sorveglianza fondata sul mero controllo e sulla riduzione degli spazi di movimento delle persone detenute, a un altro che mira a incentivare le attività trattamentali e le ore di socialità dei detenuti, riducendo il tempo in cella. In vista delle aperture delle celle nessuna attività di tipo culturale, ricreativo, pedagogico è stata implementata dall'area educativa a favore dei reclusi che si sono organizzati in autogestione (visione di tv in compagnia, gioco delle carte, chiacchiere, ecc.)".
Come anticipato, a Lecco - ma è una caratteristica che si riscontra in tutte le realtà dello Stivale - è alta la concentrazione di detenuti stranieri, con le difficoltà che questo può creare.
E' assente un imam esterno che possa portare un sostegno spirituale e personale ai detenuti di fede musulmana che si trovano a vivere la dura condizione del carcerato.
Nemmeno durante il periodo di Ramadam.
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Purtroppo ho rilevato, e di questo mi sono lamentata con i due agenti interessati, che nei confronti dei detenuti musulmani si usa(va) l'appellativo "Isis" o similari invece del nome".
E' anche attiva la scuola in carcere con lezioni di inglese, informatica, alfabetizzazione, laboratori di poesia, teatro e attività di lettura di quotidiani e visione di film: "È un luogo di socializzazione e confronto. Attraverso l'attività didattica, flessibile e calibrata sui bisogni individuali del corsista e del gruppo classe, ciascuno costruisce, recupera e consolida la propria identità al fine di riconquistare progressivamente una dimensione progettuale sulla propria esistenza. La scuola è anche l'occasione per ristabilire una "normalità" nella scansione della giornata; è un impegno, favorisce una presa di responsabilità verso se stessi e verso gli altri a partire dal rapporto che piano piano si costruisce con gli insegnanti. In classe si elaborano conflitti e si sperimentano nuove forme di convivenza. Ci si conosce attraverso "codici" diversi da quelli della quotidianità".
Un apporto alla vita tra le mura di via Beccaria è portato anche dai volontari che svolgono gruppi di lettura, yoga, gruppi di parola per detenuti stranieri, gruppi di ascolto musicale e lezioni di training autogeno per ridurre l'ansia che può nascere in chi è rinchiuso.
"Durante il 2015 un allenatore di rugby volontario, ha proposto incontri che hanno suscitato molto apprezzamento. È molto sentito il bisogno di dedicarsi ad attività sportive. La reclusione implica una sessualità negata per lungo tempo, anche a causa di una giurisprudenza difensiva parca nell'accordare permessi e benefici. Spesso i detenuti mi accennano a quanto ciò crei sofferenza. Lo sforzo fisico è da molti di loro considerato un aiuto a gestire con meno fatica i naturali impulsi ormonali e a scaricare la tensione. Ma l'attività fisica resta ancora limitata, anche per carenza di spazio".
Un grande successo ha raccolto infine l'attività teatrale: alcuni detenuti hanno ricevuto anche un encomio speciale da parte dell'amministrazione carceraria per il loro impegno nella messa in scena di una rappresentazione scritta da loro stessi.
Paolo Valsecchi
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