Malgrate: con Don Aristide Fumagalli una serata di confronto su ''gender'' e sessualità
Don Aristide Fumagalli
"Sperando di non confondervi ulteriormente le idee, sono qui per offrirvi gli strumenti di conoscenza che vi permettano di considerare meglio la cosiddetta "questione gender" e di comprendere le diverse voci che si levano nel dibattito in corso" ha esordito don Aristide, rivolgendosi alla sala affollata dove sedevano anche il parroco di Malgrate don Andrea Lotterio e il sindaco del paese Flavio Polano.Definendo la questione piuttosto "nebulosa" a causa della lettura spesso superficiale che ne danno i media, il professore ha dedicato la prima parte della serata a chiarire i fondamentali in gioco, indicando i termini basilari. "Alla definizione dell'identità sessuale concorrono diversi fattori: a livello biologico c'è il fattore del sesso con cui si nasce con tutte le caratteristiche primarie e secondarie; a livello psicologico ci sono due fattori, l'identità di genere - cioè la percezione che il soggetto ha del proprio essere in accordo o meno con il sesso biologico - e l'orientamento sessuale, cioè la direzione che prende la libido; a livello socioculturale infine c'è il ruolo di genere, cioè l'insieme delle aspettative della società nei confronti di un determinato individuo in base alla sua identità sessuale".
Chiarito il vocabolario, don Aristide ha riassunto brevemente l'evoluzione delle teorie di genere, spiegando come fino al secolo scorso vigesse una concezione naturalistica per cui le differenze di genere derivavano dalla diversa natura psicofisica di uomo e donna, che nascono tali. Questa concezione è stata soppiantata nel corso del Novecento dal costruttivismo socio culturale, secondo il quale invece le differenze di genere sono un prodotto della cultura sociale, funzionale a una relazione di potere sbilanciata a favore del sesso maschile e gestita dalle istituzioni famigliari, statali ed ecclesiastiche. In questo solco si è sviluppato il movimento femminista che il sacerdote ha suddiviso in tre fasi: la rivendicazione dell'uguaglianza tra i due generi, quella della loro differenza e infine il loro superamento.
"Il terzo femminismo contesta radicalmente la consistenza reale del genere, e sostiene che proprio in quanto socialmente costruito e imposto, esso deve essere decostruito e lasciato alla libera autodeterminazione dell'individuo. Da qui ha trovato espressione la cosiddetta "gender theory" per la quale nella concezione dell'identità sessuale viene ritenuta determinante non la natura biologica ma la cultura sociale. Il genere diventa indifferente rispetto al ruolo genitoriale, quello che conta è la generazione affettiva; svincolate dalla biologia nascono quelle che hanno rivendicato per sé la definizione di famiglie arcobaleno".
"La sfida antropologica è pensare all'identità sessuale tenendo conto di tutte le dimensioni di cui è composta, compresa quella biologica. Il problema del rapporto tra corpo e anima è sempre stato trattato dai filosofi e ognuno di noi deve affrontare la questione della propria identità. Ma mentre gli adulti possono decidere per sé, il nodo riguarda oggi quale tipo di educazione si offrirà alle nuove generazioni" ha affermato il sacerdote.
Sulla sinistra Don Andrea
"Oggi si parte dall'io per pensarsi, ma nessuno di noi è venuto al mondo da sé, siamo tutti figli di qualcuno e perchè si possa nascere sono necessari almeno due individui differenziati dal punto di vista sessuale. La condizione necessaria per una relazione generativa è la presenza di un padre e una madre; il bambino che nasce incontra l'affetto degli altri attraverso i loro corpi, e dato che l'essere umano si presenta nella differente modalità di maschile e femminile, per conoscere l'umanità integrale è meglio che il bambino sia cresciuto ed educato da una coppia eterosessuata, in cui le figure genitoriali siano continue a partire dal concepimento, perchè ogni variazione di queste figure non è senza trauma e comporta comunque un riadattamento". A chi volesse obiettare che anche l'adozione si basa sulla discontinuità genitoriale, don Aristide ha chiosato che c'è differenza tra rimediare a una situazione scaturita da un'emergenza e crearne una di proposito. "Quando viene data la possibilità di scegliere bisogna scegliere il meglio e in base a queste premesse; io credo che la famiglia costituita da uomo e donna, padre e madre, sia la migliore culla dell'identità umana" ha concluso il sacerdote, basando la propria tesi sul legame che intercorre tra genere sessuale e generazione filiale.Il sindaco tra il pubblico
Presente tra le fila del pubblico anche Mauro Pirovano, presidente dell'associazione GLBTS Renzo e Lucio, che ha commentato: "ho apprezzato molto il modo in cui ha introdotto questi argomenti, perché tante volte se ne parla in modo poco corretto e poco scientifico. Anche la sua riflessione mi ha interessato, ma lei è partito sottolineando l'importanza dell'elemento culturale per lo sviluppo della sessualità della persona per poi concludere concentrandosi unicamente sul dato biologico nella generazione. Mi sembra che tutto quello di cui ci ha parlato sul dato culturale sia completamente sparito, tornando a determinare tutto sull'aspetto biologico"."Credo che oggi la questione del genere debba essere ricalibrata sul tema della generazione e sulla responsabilità che gli adulti hanno nei confronti di coloro che mettono al mondo. L'aspetto della densità corporea del legame genitoriale mi sembra rilevante; non possiamo ricondurre tutto al biologico, resta la domanda su quale rilievo esso abbia" è stata la conclusione di don Aristide.