Malgrate: con Don Aristide Fumagalli una serata di confronto su ''gender'' e sessualità

La "questione gender", intesa come sfida antropologica, è stata al centro dell'intervento tenuto da don Aristide Fumagalli nella serata di mercoledì 7 settembre, all'interno della sala convegno parrocchiale di Malgrate. Il docente di teologia morale presso il Seminario Arcivescovile della Diocesi di Milano e presso la Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale è intervenuto su invito del Decanato di Lecco per tenere il primo dei due incontri sul tema, promossi in collaborazione con le associazioni Acli, Azione Cattolica, C.I.F., Commissioni decanali per la famiglia e per la formazione dell'impegno sociopolitico, Generazione Famiglia LMPT Lecco e Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale.

Don Aristide Fumagalli

"Sperando di non confondervi ulteriormente le idee, sono qui per offrirvi gli strumenti di conoscenza che vi permettano di considerare meglio la cosiddetta "questione gender" e di comprendere le diverse voci che si levano nel dibattito in corso" ha esordito don Aristide, rivolgendosi alla sala affollata dove sedevano anche il parroco di Malgrate don Andrea Lotterio e il sindaco del paese Flavio Polano.
Definendo la questione piuttosto "nebulosa" a causa della lettura spesso superficiale che ne danno i media, il professore ha dedicato la prima parte della serata a chiarire i fondamentali in gioco, indicando i termini basilari. "Alla definizione dell'identità sessuale concorrono diversi fattori: a livello biologico c'è il fattore del sesso con cui si nasce con tutte le caratteristiche primarie e secondarie; a livello psicologico ci sono due fattori, l'identità di genere - cioè la percezione che il soggetto ha del proprio essere in accordo o meno con il sesso biologico - e l'orientamento sessuale, cioè la direzione che prende la libido; a livello socioculturale infine c'è il ruolo di genere, cioè l'insieme delle aspettative della società nei confronti di un determinato individuo in base alla sua identità sessuale".

Chiarito il vocabolario, don Aristide ha riassunto brevemente l'evoluzione delle teorie di genere, spiegando come fino al secolo scorso vigesse una concezione naturalistica per cui le differenze di genere derivavano dalla diversa natura psicofisica di uomo e donna, che nascono tali. Questa concezione è stata soppiantata nel corso del Novecento dal costruttivismo socio culturale, secondo il quale invece le differenze di genere sono un prodotto della cultura sociale, funzionale a una relazione di potere sbilanciata a favore del sesso maschile e gestita dalle istituzioni famigliari, statali ed ecclesiastiche. In questo solco si è sviluppato il movimento femminista che il sacerdote ha suddiviso in tre fasi: la rivendicazione dell'uguaglianza tra i due generi, quella della loro differenza e infine il loro superamento. 

"Il terzo femminismo contesta radicalmente la consistenza reale del genere, e sostiene che proprio in quanto socialmente costruito e imposto, esso deve essere decostruito e lasciato alla libera autodeterminazione dell'individuo. Da qui ha trovato espressione la cosiddetta "gender theory" per la quale nella concezione dell'identità sessuale viene ritenuta determinante non la natura biologica ma la cultura sociale. Il genere diventa indifferente rispetto al ruolo genitoriale, quello che conta è la generazione affettiva; svincolate dalla biologia nascono quelle che hanno rivendicato per sé la definizione di famiglie arcobaleno".

Dopo aver tracciato un quadro oggettivo con queste premesse e aver citato la posizione del Papa - che ha invitato a non dissociare sesso e genere ma piuttosto a distinguerli - don Aristide è passato ad esporre la propria tesi, individuando come nodi centrali la relazione tra genere e generazione e la questione dell'educazione dei bambini.
"La sfida antropologica è pensare all'identità sessuale tenendo conto di tutte le dimensioni di cui è composta, compresa quella biologica. Il problema del rapporto tra corpo e anima è sempre stato trattato dai filosofi e ognuno di noi deve affrontare la questione della propria identità. Ma mentre gli adulti possono decidere per sé, il nodo riguarda oggi quale tipo di educazione si offrirà alle nuove generazioni" ha affermato il sacerdote.

Sulla sinistra Don Andrea

"Oggi si parte dall'io per pensarsi, ma nessuno di noi è venuto al mondo da sé, siamo tutti figli di qualcuno e perchè si possa nascere sono necessari almeno due individui differenziati dal punto di vista sessuale. La condizione necessaria per una relazione generativa è la presenza di un padre e una madre; il bambino che nasce incontra l'affetto degli altri attraverso i loro corpi, e dato che l'essere umano si presenta nella differente modalità di maschile e femminile, per conoscere l'umanità integrale è meglio che il bambino sia cresciuto ed educato da una coppia eterosessuata, in cui le figure genitoriali siano continue a partire dal concepimento, perchè ogni variazione di queste figure non è senza trauma e comporta comunque un riadattamento"
. A chi volesse obiettare che anche l'adozione si basa sulla discontinuità genitoriale, don Aristide ha chiosato che c'è differenza tra rimediare a una situazione scaturita da un'emergenza e crearne una di proposito. "Quando viene data la possibilità di scegliere bisogna scegliere il meglio e in base a queste premesse; io credo che la famiglia costituita da uomo e donna, padre e madre, sia la migliore culla dell'identità umana" ha concluso il sacerdote, basando la propria tesi sul legame che intercorre tra genere sessuale e generazione filiale.

Conclusa la presentazione, è stato lasciato spazio alle domande: primo ad intervenire è stato un esponente di Generazione Famiglia che, riportando le parole del Papa durante il viaggio apostolico in Polonia sulla "pericolosa colonizzazione ideologica del gender", ha chiesto quale atteggiamento fosse opportuno tenere per evitare l'infiltrarsi di questa "minaccia" in particolare nelle scuole. "Proprio come stiamo facendo qui noi stasera, il Papa ha invitato a distinguere tra il gender e la prospettiva di genere, che può essere positiva. Anche dentro la chiesa si possono ritrovare posizioni diverse sulla questione: c'è chi rifiuta polemicamente il tema del gender e sostiene che sia tutto un cavallo di troia per arrivare a dissolvere ogni differenza di genere, condannando ogni discorso al riguardo e arrivando alla battaglia aperta. Altri sostengono invece una posizione critica di genere, una prospettiva, una chiave di interpretazione che non dissocia ma comprende le sfumature: una comprensione che ci aiuterà in futuro" ha risposto don Aristide, riconoscendo la ricaduta educativa come quella più delicata e invitando ad una genitorialità attiva: "non esistono ricette generali. Il Ministero dell'Istruzione in una circolare rilasciata l'anno scorso ribadisce che tra le conoscenze da trasmettere non rientrano né ideologie gender né pratiche estranee al mondo educativo, ma le famiglie hanno il diritto e il dovere di informarsi prima di iscrivere i figli sul contenuto dell'offerta formativa, e nella scuola secondaria devono anche sottoscrivere formalmente il patto educativo di corresponsabilità".

Il sindaco tra il pubblico

Presente tra le fila del pubblico anche Mauro Pirovano, presidente dell'associazione GLBTS Renzo e Lucio, che ha commentato: "ho apprezzato molto il modo in cui ha introdotto questi argomenti, perché tante volte se ne parla in modo poco corretto e poco scientifico. Anche la sua riflessione mi ha interessato, ma lei è partito sottolineando l'importanza dell'elemento culturale per lo sviluppo della sessualità della persona per poi concludere concentrandosi unicamente sul dato biologico nella generazione. Mi sembra che tutto quello di cui ci ha parlato sul dato culturale sia completamente sparito, tornando a determinare tutto sull'aspetto biologico".
"Credo che oggi la questione del genere debba essere ricalibrata sul tema della generazione e sulla responsabilità che gli adulti hanno nei confronti di coloro che mettono al mondo. L'aspetto della densità corporea del legame genitoriale mi sembra rilevante; non possiamo ricondurre tutto al biologico, resta la domanda su quale rilievo esso abbia" è stata la conclusione di don Aristide.
E.T.
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