Lecco: prestazioni sanitarie ultra-valorizzate, braccio di ferro in Aula tra ATS e erogatori. 247.000€ ritornano alla 'Mangioni'

La clinica G.B. Mangioni di Lecco
Per utilizzare un’abusata metafora militare, la guerra è ancora aperta e si prospetta lunga ma una prima battaglia è stata vinta – senza però che il giudicante sia entrato nel merito della questione – dalla Casa di Cura G.B. Mangioni Hospital spa con la controparte, l’Ats della Brianza scesa in campo a dadi tratti quale erede della nostra vecchia Asl, condannata a pagare alla realtà privata convenzionata con sede in Lecco poco più di 247.000 euro, cifra che sommata alle spese legali e a tutti i correlati sale fino a qualche spicciolo meno di 264.000 euro. Poca roba nel mare di denaro destinato alla sanità, un bel gruzzoletto se decontestualizzato e se si considera che, in ogni, caso si tratta di soldi pubblici e quindi sborsati dai soliti contribuenti. Senza poi dimenticare che quello con la Mangioni non è l’unico fronte aperto: nel lecchese l’Ats sta duellando – nelle aule del Palazzo di Giustizia di Corso Promessi Sposi, con lo scontro prossimo a spostarsi dopo il giudizio di primo grado a Milano, per l’Appello – anche con la Talamoni delle suore misericordine e con l’Asst di Lecco, per quanto riguarda dunque gli ospedali pubblici della provincia. I fascicoli giudiziari stanno viaggiando separatamente ma la questione è sempre la stessa, con vertenze aperte – tra le altre Ats e i relativi erogatori di servizi a livello territoriale – in tutti i Tribunali della Lombardia perché il cuore del problema non è squisitamente lecchese bensì regionale.
Tutto muove da provvedimenti amministrativi presi dalle allora singole Asl – su direttiva centrale, a seguito di un’indagine condotta dalla Guardia di Finanza in Lombardia – per il recupero di determinate somme relative ai così detti accertamenti NOC, per gli anni 1998, 2000, 2001 e 2002. L’acronimo sta per “nuclei operativi di controllo”, “squadre” formate appositamente dalla Aziende sanitarie Locali per compiere verifiche a campione su una selezione di cartelle cliniche redatte dalla strutture pubbliche o private convenzionate e appurare l’effettiva corrispondenza tra le stesse e la loro valorizzazione. Come noto, infatti, in sanità, ogni prestazione effettuata viene monetizzata secondo determinati parametri prefissati (Drg). Tali controlli possono dunque originare segnalazioni di non corrispondenza nel caso in cui io Asl-controllore-committente del servizio ho versato a te ospedale-controllato-erogatore finale una cifra differente rispetto a quella che – rifatti i conti spulciando le cartelle – ti spettava. Ma – e qui le cose iniziano a complicarsi – in base alle modalità operative del tempo, ora cambiate – il recupero delle somme NOC non avveniva in automatico ma solo se la cifra da restituire si fosse rivelata superiore agli “abbattimenti di sistema”. Per chiarire tale passaggio meglio passare dalle parole ai numeri: se tu struttura hai prodotto per 50, io Asl – servendomi di specifici algoritmi – ti finanzio in realtà per 40. La differenza (10) viene chiamata, appunto, abbattimento di sistema. Se ipotizziamo una somma NOC uguale a 5, essendo inferiore a 10, io Asl non ti richiedo i soldi indietro. Se fosse stata superiore a 10 sì. Facile. Se non fosse appunto scattata un’operazione delle Fiamme Gialle a tappeto che, entrando nelle pieghe del sistema, lo ha scardinato. Risultato: le somme NOC vanno recuperate, tutte. Siamo nel 2013. E torniamo alla Mangioni (usiamo la clinica come esempio perché nelle scorse settimane l’Ats della Brianza ha pubblicato una delibera relativa a tale questione, già affrontata in riferimento alla Talamoni e prossima ad arrivare al pettine per l’Azienda Ospedaliera oggi Asst). Ricevuto l’atto attraverso il quale l’Asl dispone la restituzione del “surplus” pagato, la struttura presenta ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale di Milano per l’annullamento, previa sospensiva, dell’atto stesso. Il Tar meneghino (così come la sede distaccata di Brescia) dichiara il difetto di giurisdizione – per tutti i ricorsi del medesimo genere – in favore del giudice ordinario, davanti al quale concede ai ricorrenti di riassumere il giudizio entro 3 mesi dal passaggio in giudicato dalle propria sentenza. Nel caso di specie la palla rimbalza a Lecco: prima udienza fissata al 29 giugno 2015. A maggio di quest’anno il verdetto. Il giudice dichiara la prescrizione del diritto di credito vantato dalla Asl di Lecco nei confronti della Mangioni e condanna la prima a restituire alla seconda 247.091 euro quale somma indebitamente trattenuta nonché al pagamento delle spese di giudizio. L’Appello, neanche a dirlo, è già stato presentato. Idem per la causa con la Talamoni. Ancora attesa invece la sentenza di primo grado relativa all’analogo contenzioso con l’Asst. Il braccio di ferro continua.
Alice Mandelli
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.