
Si chiuderà il prossimo 22 novembre, con discussione e sentenza, il processo penale intentato nei confronti dell’avvocato – del Foro di Lecco – Fausto Martini: negli insoliti panni dell’imputato, il legale, assistito dai colleghi Edoardo Fumagalli e Paolo Camporini, è chiamato a rispondere di truffa, patrocinio infedele e falsità in scrittura privata (reato ormai depenalizzato) in relazione ad una vicenda che muove da un sinistro stradale verificatosi il 7 maggio di dieci anni fa lungo la Villa d’Almè-Dalmine a seguito del quale ha perso la vita un 47enne, Valter Meles. Nei giorni immediatamente successivi all’incidente dall’esito mortale la moglie dell’uomo – autotrasportatore con casa a Laorca, uscito per un “giretto” in moto con due amici – si rivolse infatti allo studio della toga lecchese per tutelare i propri interessi e quelli della figlia Sara, allora appena ventitreenne. Come ricordato quest’oggi in Aula dall’avvocato Ivan Borghetti – al tempo associato dell’imputato – l’autista della Golf contro cui l’Aprilia si schiantò, aveva fornito due versioni contrastanti in relazioni alle cause e alle dinamiche dell’impatto, tanto da spingere la donna e la ragazzina a conferire mandato ai due professionisti per acquisire informazioni utili in vista dell’eventuale costituzione di parte civile, poi “vanificata” dal patteggiamento che ha chiuso la questione. O almeno, lo ha fatto per quanto attiene le questioni penali, lasciando aperti però gli aspetti civilistici che hanno poi… trascinato a giudizio l’avvocato Martini. Il legale, da quanto emerso nel corso dell’istruttoria, chiusa quest’oggi con l’escussione degli ultimi tre testi citati dalla difesa, avrebbe intavolato un’articolata trattativa con l’assicurazione riuscendo – alla fine – ad ottenere in sede stragiudiziale per la signora Airoldi e la figlia oltre il doppio dell’offerta reale inizialmente formulata dalla controparte facendo leva sull’ipotizzato concorso di pari responsabilità tra i due coinvolti nel sinistro. Prima del conseguimento del risultato – atteso dalla donna e dalla ragazzina – avrebbe fatto sottoscrivere ad entrambe un patto di quota lite, una convenzione fra il cliente e l’avvocato con la quale è fissata come compenso professionale, in caso di vittoria, un’aliquota dei diritti che formano oggetto del contenzioso. A seguito della consegna da parte del legale dell’atto di quietanza – dal qualche sarebbe stata “sbianchettata”, per ragioni di privacy a detta dell’imputato, la parte relativa a quanto destinato dalla compagnia allo stesso studio dell’avvocato Martini – sarebbe nato il contenzioso. “Ballerebbero” infatti 60.000 euro. Dovuti dalle assistite al professionista? In aggiunta a quanto già incassato dall’assicurazione oppure in alternativa? Visioni diversi sulla risposta hanno portato alla situazione attuale con il legale – che ha già subito un procedimento disciplinare – ora in attesa di giudizio dinnanzi al giudice monocratico Nora Lisa Passoni. Il mese prossimo l’ultimo atto.
A.M.