8 'morti in culla' in provincia di Lecco negli ultimi dieci anni. Debora aveva solo 9 mesi

Epigrafe tombale romana commemorante
una possibile vittima di “morte in culla”
dedicata alla mitica Severina Nutrix
(3° sec. D.C.; Köln- Colonia,
Römisch-Germanisches Museum,)
Centro di Ricerca “Lino Rossi”. Un nome che probabilmente, ai più, non dice nulla. Ma anche un nome che,  negli ultimi due anni, è comparso “prepotentemente” nella cronaca giornalistica in tre occasioni a cui quest’oggi si aggiunge, purtroppo, la quarta. Legato all’Università degli Studi di Milano, il Centro di Ricerca è infatti un Istituto voluto per lo studio e la prevenzione della morte inaspettata perinatale e della sindrome della morte improvvisa del lattante (Sids). E proprio quest’ultima, nota anche come morte in culla o ancora “bianca”, proprio per l’assenza di segni premonitori e di cause apparenti, potrebbe aver strappato alla vita, a soli nove mesi Debora, la bimba di Ballabio che ha chiuso i suoi grandi occhioni chiari per sempre nel tardo pomeriggio di ieri nell’abitazione lecchese dei nonni materni. Al “Lino Rossi” saranno infatti inviati i tessuti prelevati nel pomeriggio odierno durante l’esame autoptico disposto sul corpicino così come già tristemente successo tre volte nell’ultimo biennio nella nostra provincia, con altre tre piccole volate silenziosamente in cielo durante quello che avrebbe dovuto essere un tranquillo sonnellino come tanti altri. L’ultima, solo lo scorso 3 agosto: si chiamava Rebecca Porta, viveva con i suoi giovani genitori a Arlate, aveva 7 mesi. Uno in più di Cecilia Maria De Piccoli, lo scricciolino spentosi nella lettino dell’asilo nido dove, tra l’altro lavorava anche la nonna, prima ad accorgersi della tragedia, il 31 ottobre 2013. Era invece ancora più piccola Beatrice Cogliati: aveva visto per la prima volta la luce solo 4 mesi prima di perdere la vita tra i banchi del mercato settimanale di Merate il 3 dicembre dello scorso anno. E la conta purtroppo non finisce qui. Dal 2004 ad oggi il Centro Rossi si è occupato infatti di altri quattro casi verificatisi in provincia di Lecco: due nel 2005, uno nel 2008, un altro nel 2010. Un carico sempre più pensante di dolore senza un perché. Otto bambini morti prima di poter spegnere la prima candelina, otto famiglie la cui quotidianità è stata stravolta due volte in una manciata di mesi: prima dell’arrivo di una nuova creatura, magari anche tanto attesa e desiderata, poi dal difficile compito di dirgli addio.
Un’incombenza che adesso spetterà a mamma Laura, operatrice socio-sanitaria dell’ospedale Manzoni e a papà Antonio Verduci, ferroviere.
A loro anche il compito di spiegare l’accaduto alla loro primogenita, Sofia privata della sorellina arrivata solo 9 mesi fa, dopo 9 mesi di trepidante attesa, da un’incomprensibile disegno nel desisto racchiuso – si presume – nel freddo acronimo Sids. 
A.M.
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