Lecco: il progetto Caffè Malatesta da 7 anni in città, Jacopo e Nicolò raccontano la loro esperienza

Un gruppo di giovani, una macchina per la torrefazione in disuso e un sogno grande: sono questi gli ingredienti da cui, nel gennaio 2010, ha preso il via a Lecco il progetto Caffè Malatesta divenuto negli anni una realtà consolidata del commercio equo-solidale. 
Per raccontare questa storia di successo non convenzionale l’InformaGiovani di Lecco, all’interno della rassegna “IdeAzione- giovani storie di riuscita professionale”, ha deciso di invitare Jacopo e Nicolò, due dei fondatori che, insieme a una ragazza, continuano a gestire l’esperienza del Caffè Malatesta.

Jacopo e Nicolò

A partire dalla visione del filmato RAI “Caffè scorretto”, che mette in luce le problematiche relative al mercato internazionale del prodotto, i due si sono rivolti al pubblico presente per raccontare la loro storia, lo stato attuale e i piani per il futuro. “Siamo nati come collettivo all’interno del gruppo di acquisto solidale  “La comunità della Sporta” di Lecco. Nel magazzino che utilizzavamo c’era una macchina per la torrefazione funzionante ma non utilizzata. Ottenuto il consenso del proprietario, l’abbiamo rimessa in sesto, cominciando a utilizzarla per tostare in autonomia il caffè biologico e equo solidale, acquistato dal GAS. Piano piano una serie di fattori, non da ultimo la condizione di precarietà lavorativa che ci caratterizzava, ci hanno spinto a potenziare l’attività e allargare il nostro giro ad altre realtà del circuito dei gruppi solidali che cresceva di anno in anno”.

Ha ripercorso così, Nicolò, le prime fasi del progetto Caffè Malatesta, spiegando che “l’idea era quella di dare vita a un prodotto alternativo in tutte le varie fasi della filiera: dall’origine fino alla vendita, passando per la torrefazione”. Un progetto ambizioso ma con un ostacolo apparentemente insuperabile di fronte: dove trovare i soldi per finanziare l’acquisto di materie prime e macchinari? “Abbiamo lanciato una raccolta fondi, un crowdfunding si direbbe ora, tra le realtà che avevamo conosciuto nei primi anni di attività. Con il loro aiuto abbiamo ottenuto una somma sufficiente sia per comprare le macchine adatte sia per cercare realtà che producessero il caffè nella maniera etica e sostenibile a cui eravamo interessati. Prima ci siamo appoggiati ad altre cooperative poi, con il passare dei mesi, ci siamo costruiti la nostra rete di fornitori in Colombia, in Guatemala, in Honduras e in Uganda” ha spiegato Jacopo.

Ha aggiunto che “il progetto Caffè Malatesta ci ha portato anche a viaggiare e a raggiungere le terre di produzione per conoscere da vicino le modalità di raccolta dei chicchi”. Insomma una storia di successo quella di questi ragazzi che, prima delle domande finali, hanno tenuto a precisare meglio quel sogno che li ha animati fin dall’inizio della loro avventura: “col Caffè Malatesta, pagando solo qualche centesimo di più rispetto al caffè del supermercato, si ha la possibilità di incidere sulle dinamiche dell’economia mondiale e di combattere nel nostro piccolo le diseguaglianze globali”.

“Tutto bello ma, oltre le parole, riuscite a viverci?” Dal pubblico è arrivata, inevitabile, la domanda sulla sostenibilità economica della loro esperienza a cui i ragazzi hanno risposto così: “per due anni abbiamo portato avanti l’attività da volontari, facendo un investimento etico, ma ora riusciamo a garantire un reddito a due/tre persone. Formalmente siamo una Snc ma di fatto siamo una cooperativa in cui siamo tutti uguali, vigendo la regola: uno vale uno”.
A.P.
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