Lecco: per un giorno ritorna la storia 'quando c’era il Caleotto'

 “Quando c’era il Caleotto” dicono ormai i lecchesi con riferimento all’acciaieria e ferriera, autentica “cattedrale” del lavoro locale, azienda storica fondata nel 1896 da 29 industriali e trafilieri. La vasta area  è occupata dal nuovo centro Meridiana, inaugurato nell’autunno 1999, su progetto del famoso architetto Renzo Piano.

Giuseppe Barlassina, Riccardo Fasoli, Flavio Polano, Giuliano Poletti, Liliana Baccari e Virginio Brivio

            E’ passata sotto silenzio, ma ha avuto un improvviso revival con la recente visita a Lecco del ministro del lavoro Giuliano Poletti, l’interessante pubblicazione “Acciaieria e Ferriera del Caleotto – 1896 – 1936”, dovuta a lodevole iniziativa di Giuseppe Barlassina, ora agente di assicurazioni per la Reale Mutua, ma che in anni giovanili ha lavorato presso il Caleotto, in particolare nel settore antinfortunistico. Giuseppe Barlassina è noto anche per essere stato assessore alle finanze del Comune di Lecco, nella Giunta presieduta dal sindaco Paolo Mauri, e, nonostante la sua matrice politica repubblicana è stato anche re Resegone nell’antica tradizione del Carnevalone lecchese.

L’Acciaieria e Ferriera del Caleotto prima del 1990

            Barlassina ha ristampato, tramite la Grafica Colombo di Valmadrera, una pubblicazione del luglio 1936 dovuta alla Tipografia Fratelli Grassi di Lecco, con incisioni di Luigi Servolini e fotografie di Umberto Paramatti. Queste ultime si allargano anche al laminatoio di Arlenico, tuttora esistente.

I forni del Caleotto

            L’industria Caleotto prese, nel 1896, tale denominazione in quanto costruita nelle vicinanze della celebre villa Manzoni, al Caleotto. I fondatori rappresentavano i cognomi più noti del lecchese nell’attività di trafilatura del ferro. Già nel 1913, tra le ferriere lombarde di rilievo, era indicata quella del Caleotto; alla direzione era insediato da diversi anni il rag. Valentino Gerosa Crotta che tenne tale incaricato dal 1898 al 1946. Nel 1909 lo stesso Gerosa Crotta divenne consigliere delegato del laminatoio di Arlenico. Quest’ultimo è sorto non lontano dal Caleotto, verso Pescarenico, in vasti prati confinanti con le località rurali di Besonda Superiore ed Inferiore.
            Valentino Gerosa Crotta è scomparso nel 1960, a 92 anni di età; riposa nella cappella di famiglia, nel cimitero lecchese di Maggianico, dove ha vissuto gli ultimi anni dopo l’acquisto della villa Ponchielli, voluta dal musicista Amilcare nel periodo dorato della scapigliatura lombarda alla Fonte di Barco. In memoria di Gerosa Crotta i figli Antonio e Maria hanno donato al Touring Club Italiano il grande polmone verde in alto alla Val Calolden ai Piani Resinelli, sino allo Zucco Coltignone.

Lavoratori del Caleotto in corteo per le vie cittadine (foto del 1985)

            Il Caleotto è stato cancellato nel 1990; nell’aprile 1991 cadde anche l’ultimo “segno” della vecchia ferriera: la torre serbatoio con riserva d’acqua per i forni, che raggiungevano temperature infernali. Ogni giorno, dal raccordo ferroviario con la vicina stazione, entravano al Caleotto decine di vagoni carichi di rottame, pronto ad essere ingoiati dai forni. Erano turni continui lungo le 24 ore giornaliere; vi erano soste minime a Natale, Pasqua e Ferragosto, ma il personale della manutenzione vigilava sempre sui forni, anche ridotti a fiamma minima.
            Nell’immediato dopoguerra (1945) Caleotto ed Arlenico raggiunsero il numero record di 2200 dipendenti tra impiegati ed operai. Erano divisi tra i due poli di Caleotto ed Arlenico.

La demolizione della torre dell’acqua nell’aprile 1991

            Nel 1962 il Caleotto ha ospitato una troupe cinematografica con gli attori Raul Grassilli ed Elsa Martinelli e con regista Giuseppe Fina. Vennero girate diverse sequenze del film “Pelle viva”, nel quale, sullo sfondo di una vicenda passionale dal sud al nord, si poneva in evidenza il rischio delle ferriere, del durissimo lavoro che minacciava di trasformare l’uomo in una macchina tra le macchine. Erano gli anni del boom economico, della forte migrazione dal sud, che trovava occupazione anche nella cattedrale della siderurgia lecchese come il Caleotto. Un complesso che viene ricordato per i suoi lingotti di vergella, per quella sua estesa ed imponente struttura a breve distanza dal centro cittadino. Lecco venne chiamata “città del ferro” proprio per il Caleotto, ed ovviamente per altri complessi come Arlenico e Badoni.
            La ristampa promossa da Giuseppe Barlassina è dedicata a “Lecco, terra di trafilieri” e raccoglie documenti sui primi 40 anni del Caleotto dal 1896 al 1936. Vi sono relazioni e delibere del Consiglio di Amministrazione, vi è l’elenco delle ditte industriali che hanno composto il gruppo Acciaieria e Ferriera del Caleotto. Le illustrazioni sono immagini di un mondo lontano, dove il lavoro era veramente fatica, sacrificio, rischio e che merita di essere indicato alle nuove generazioni perché non si disperda la memoria.
Aloisio Bonfanti
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.