Olginate: Cristina e Carlo Bosisio raccontano il ‘loro’ Ecuador, 30 anni al fianco degli ultimi
Sono indubbiamente la carità e l’amore per gli ultimi le “linee-guida” di Cristina e Carlo Bosisio, due coniugi olginatesi che da più di trent’anni sono impegnati come missionari in Ecuador, al fianco di poveri e bisognosi, di chi non ha niente, talvolta nemmeno un tetto sicuro sopra la testa: una vita interamente spesa per gli altri, con la convinzione che “tutti, su questa Terra, hanno il diritto di contare, di sentirsi protetti e importanti, almeno per qualcuno”.
“Si può dire che la nostra sia stata una vera e propria vocazione, sorta nel nostro animo negli anni ’80, anni difficili, in cui si contestava la società, persino il mondo intero: anche noi, come tanti altri giovani, ci chiedevamo come avremmo potuto cambiare le cose, e abbiamo trovato la risposta nel Mato Grosso che – a differenza, per esempio, di alcuni movimenti politici – puntava tutto sulla carità. Non volevamo adattarci alla “perfezione” della nostra realtà, pertanto abbiamo deciso di partire per l’Ecuador, dove alcuni amici avevano già fondato diverse missioni”.
Ormai da 25 anni, quindi, Cristina e Carlo vivono nel villaggio di Pujili, in una casa campesina (ovvero un centro diocesano), alle dipendenze del vescovo locale: nel Paese sudamericano, inoltre, la coppia ha anche dato alla luce tre figli, Agnese, Agustin e Daniel.
“Fino a una decina di anni fa, Pujili era soltanto un piccolo paese di 5.000 abitanti, mentre ora ne conta ben 15.000: il notevole incremento della popolazione è una conseguenza diretta delle forti ondate di migrazioni dalle montagne, dove sono rimasti praticamente solo anziani, spesso malati, senza cibo e assistenza sanitaria. Intorno al nostro villaggio, invece, si è venuta a creare una vera e propria “cintura” periferica, in cui purtroppo regnano il degrado e la delinquenza: le donne, del resto, possono assicurarsi soltanto lavori precari, al mercato o in qualche ristorante, che le costringono a restare fuori casa per tutto il giorno. I loro bambini, quindi, risultano spesso abbandonati, tanto che dopo la scuola molti di loro si ritrovano a vagabondare a zonzo, senza una meta precisa: è così che è nata l’idea di organizzare un “dopo-scuola” presso la nostra casa, frequentato da una trentina di piccoli studenti, a cui offriamo anche un pranzo e una merenda. La situazione più grave, però, è quella che vede coinvolti gli adolescenti, che spesso nei collegi statali vengono isolati ed emarginati per la loro scarsa cultura. È questa la fascia di età più a rischio: per molti di loro, infatti, l’unico modo per sopravvivere è quello di entrare a far parte di “bande” di delinquenti, che perlomeno consentono loro di “campare”. Per tentare di arginare questo fenomeno, noi abbiamo pensato di aprire una scuola professionale di ebanisteria e scultura, con l’intento di fornire ai ragazzi qualcosa di più di un “pezzo di carta”: in Ecuador, del resto, non c’è traccia di istituti di questo tipo, seppur, paradossalmente, siano proprio quelli più utili per una formazione effettivamente spendibile”.
“Come ci ha sempre insegnato Padre Ugo (De Censi, il salesiano valtellinese “inquieto”, fondatore dell’Operazione Mato Grosso, ndr.), anche qui da noi ci sono tantissimi ragazzi felici di lavorare per gli altri, di sporcarsi le mani – anche in senso letterale – per provare a costruire un futuro migliore” hanno continuato Cristina e Carlo Bosisio, che faranno ritorno nel “loro” Ecuador a settembre.
Nel frattempo, ringraziamo di cuore Cristina e Carlo Bosisio per la loro disponibilità e gentilezza, con l’augurio che il loro esempio – sempre trasmesso “sul campo”, più che a parole – possa fungere da stimolo per un numero sempre maggiore di persone di ogni età, che magari sono ancora alla ricerca dell’avventura della loro vita.
Cristina e Carlo Bosisio con i loro figli in uno scatto di qualche anno fa
“Noi non siamo per la giustizia, ma per la carità” ci hanno detto Cristina e Carlo, che abbiamo avuto il piacere di incontrare a Olginate, nella loro casa in via Cantù, durante uno dei loro rari (e brevi) periodi di permanenza in Italia.“Si può dire che la nostra sia stata una vera e propria vocazione, sorta nel nostro animo negli anni ’80, anni difficili, in cui si contestava la società, persino il mondo intero: anche noi, come tanti altri giovani, ci chiedevamo come avremmo potuto cambiare le cose, e abbiamo trovato la risposta nel Mato Grosso che – a differenza, per esempio, di alcuni movimenti politici – puntava tutto sulla carità. Non volevamo adattarci alla “perfezione” della nostra realtà, pertanto abbiamo deciso di partire per l’Ecuador, dove alcuni amici avevano già fondato diverse missioni”.
Ormai da 25 anni, quindi, Cristina e Carlo vivono nel villaggio di Pujili, in una casa campesina (ovvero un centro diocesano), alle dipendenze del vescovo locale: nel Paese sudamericano, inoltre, la coppia ha anche dato alla luce tre figli, Agnese, Agustin e Daniel.
“Fino a una decina di anni fa, Pujili era soltanto un piccolo paese di 5.000 abitanti, mentre ora ne conta ben 15.000: il notevole incremento della popolazione è una conseguenza diretta delle forti ondate di migrazioni dalle montagne, dove sono rimasti praticamente solo anziani, spesso malati, senza cibo e assistenza sanitaria. Intorno al nostro villaggio, invece, si è venuta a creare una vera e propria “cintura” periferica, in cui purtroppo regnano il degrado e la delinquenza: le donne, del resto, possono assicurarsi soltanto lavori precari, al mercato o in qualche ristorante, che le costringono a restare fuori casa per tutto il giorno. I loro bambini, quindi, risultano spesso abbandonati, tanto che dopo la scuola molti di loro si ritrovano a vagabondare a zonzo, senza una meta precisa: è così che è nata l’idea di organizzare un “dopo-scuola” presso la nostra casa, frequentato da una trentina di piccoli studenti, a cui offriamo anche un pranzo e una merenda. La situazione più grave, però, è quella che vede coinvolti gli adolescenti, che spesso nei collegi statali vengono isolati ed emarginati per la loro scarsa cultura. È questa la fascia di età più a rischio: per molti di loro, infatti, l’unico modo per sopravvivere è quello di entrare a far parte di “bande” di delinquenti, che perlomeno consentono loro di “campare”. Per tentare di arginare questo fenomeno, noi abbiamo pensato di aprire una scuola professionale di ebanisteria e scultura, con l’intento di fornire ai ragazzi qualcosa di più di un “pezzo di carta”: in Ecuador, del resto, non c’è traccia di istituti di questo tipo, seppur, paradossalmente, siano proprio quelli più utili per una formazione effettivamente spendibile”.
“Come ci ha sempre insegnato Padre Ugo (De Censi, il salesiano valtellinese “inquieto”, fondatore dell’Operazione Mato Grosso, ndr.), anche qui da noi ci sono tantissimi ragazzi felici di lavorare per gli altri, di sporcarsi le mani – anche in senso letterale – per provare a costruire un futuro migliore” hanno continuato Cristina e Carlo Bosisio, che faranno ritorno nel “loro” Ecuador a settembre.
Nel frattempo, ringraziamo di cuore Cristina e Carlo Bosisio per la loro disponibilità e gentilezza, con l’augurio che il loro esempio – sempre trasmesso “sul campo”, più che a parole – possa fungere da stimolo per un numero sempre maggiore di persone di ogni età, che magari sono ancora alla ricerca dell’avventura della loro vita.
Benedetta Panzeri