Cento anni fa: i giorni tragici di Caporetto vissuti a Lecco

24 ottobre 1917: i 100 anni dalla grande ed incredibile sconfitta italiana a Caporetto. Era un martedì, come quest’anno. Il bombardamento cominciò alle 2 del mattino, con un fuoco intenso sulle prime linee italiane. Pochi giorni dopo saranno nelle mani austriache circa 300 mila prigionieri, altrettanti, e forse più, gli sbandati. Eppure vi erano stati pesanti sospetti ed informazioni: disertori boemi avevano consegnato notizie sull’attacco nemico. Nelle acque dell’Isonzo era stato trovato un cadavere di soldato tedesco, segno che nuove truppe, oltre gli austriaci, erano affluite sulle prime linee nemiche.
La città di Lecco ed il suo territorio vissero la tragedia della grande disfatta italiana a Caporetto dove, dopo 15 chilometri di avanzata nel territorio nemico costate centinaia di migliaia di morti nelle battaglie dell’Isonzo, l’arretramento sino alla linea difensiva del Piave fu di quasi 150 chilometri in territorio già italiano, prima del 24 maggio 1915.

Mappa della zona di Caporetto, con le frecce dello sfondamento nemico

Uberto Pozzoli, nei suoi articoli raccolti nella pubblicazione “Frammenti di vita lecchese” ricorda “L’evento funesto avrebbe di colpo distrutto l’opera di tante migliaia di morti e di tante migliaia di vivi. Il bollettino di guerra segnalava l’attività dell’artiglieria nemica dal Monte Nero al mare; il 24 si annunciava il concentramento austro-tedesco sul fronte italiano; il 26 i nostri ripiegavano da Monte Maggiore ad Auzza, sulla linea del vecchio confine e sgomberavano l’insanguinato Bainsizza”.
La sera dopo, in un piovigginoso tramonto di autunno, donne e vecchi leggevano, piangendo, fuori dal municipio di Lecco, allora in via Roma al civico attuale 51, nel palazzo Ghislanzoni, il bollettino di Caporetto “La violenza dell’attacco e la deficiente resistenza di alcuni reparti della 2^ Armata hanno permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sul fronte Giulia. Gli sforzi valorosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire all’avversario di penetrare nel sacro suolo della Patria”.

Il palazzo municipale di via Roma, dove venne esposto il bollettino di Caporetto 1917

Per la verità non fu così; la ritirata disordinata portò ad una prima debole difesa al Tagliamento, poi la resistenza ad oltranza sulla linea del Piave. Lecco era priva di giovani chiamati ad indossare il grigio-verde, anche se la loro assenza era compensata dai circa 4000 militari esistenti nel territorio, non solo in città, ma anche, ad esempio, sul lungolago di Malgrate, dove vi erano tre caserme ottenute dalla requisizione di palazzi privati. Numerose famiglie trepidavano per la sorte dei loro cari, impegnati nei reparti in linea. La sera tanti fedeli si trovavano in prepositurale per pregare per la Patria minacciata e per la pace dei morti rimasti sepolti nei cimiteri di guerra, nei territori invasi dalle truppe nemiche. La città era territorio di retrovia del fronte alpino sullo Stelvio, stazionavano reparti di ricambio per la prima linea. Nella zona “agli Alberi” su lungolago, dove sorgerà nel 1926 il monumento ai Caduti, vi era un grande deposito legnami della 1^ Armata. Un ospedale militare di retrovia era allestito nel complesso scolastico di via Ghislanzoni. Le arcate del ponte visconteo, perforate con “nidi” di mina, erano pronte per l’esplosione nel caso di un’avanzata nemica proveniente dalla Valtellina, lungo la vecchia statale 36.
L’avvicinamento del fronte portò a Lecco anche la minaccia di incursioni aeree; venne istituito un servizio di vedetta, pronta a dare l’allarme, sul terrazzino terminale del campanile di San Nicolò. Gli aerei austriaci arrivarono, però, solo a Paderno d’Adda, nel tentativo di colpire l’importantissimo ponte di San Michele, nodo di passaggio stradale e ferroviario per convogli dell’esercito italiano.

Foto esposte alla mostra sulla Grande Guerra dello scorso anno presso il Palazzo Confcommercio in piazza Garibaldi.
Sono immagini relative ad un ospedale da campo sulla retrovia della prima linea e ad un treno ospedale
 

Il notiziario della parrocchia di San Leonardo in Malgrate, grazie alle ricerche di Romolo Bonfanti, ha “curiosato” nell’archivio locale, su note e memorie di 100 anni or sono. Sul recente numero di ottobre si può leggere: “15 ottobre, comincia a sentirsi la scarsità dei viveri, specie dei condimenti … tutti cercano di fare scorta … procedono le visite dei riformati delle classi dal 1894 al 1899 già rivisitati l’anno scorso; 24 ottobre, Sonnino in Parlamento respinge sdegnosamente la proposta di pace del Papa. Inizio dell’offensiva austro-tedesca contro l’Italia; 27 ottobre, la 2^ Armata ripiega, la situazione è grave; specialmente le classi colte sono impressionate e fuggono da Milano; 30 ottobre, l’esercito nostro rallenta l’avanzata austro-germanica e gli italiani mostrano ora di volere l’unione sacra. I vescovi diramano circolari per invitare alla preghiera”.
Mariano Gabriele, presidente onorario della società italiana di storia militare, ha dichiarato in questi giorni ad un quotidiano “Non ci furono tradimenti, né diserzioni. Vi fu la stanchezza del paese e dell’esercito, sottoposti a sforzi non previsti e certo maggiori delle loro possibilità. C’è una responsabilità del comando supremo di Cadorna, sorpreso dall’attacco, pure annunciato da disertori nemici”.
Aloisio Bonfanti
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