1.504 euro a testa. Si scrive gioco d’azzardo si legge Robin Hood all’incontrario

Caro Direttore,
72,400 milioni di euro. 1.504 euro pro capite.
Si scrive gioco d'azzardo si legge Robin Hood all'incontrario.
Ogni anno escono i dati riepilogativi di quanto gli italiani spendono nel gioco d'azzardo (Gratta e vinci, lotterie, superenalotto, scommesse sportive, lotto, macchinette, gioco online, ippica, bingo).
Lecco e la Lombardia sono sempre ai vertici di questa amara classifica.
95 miliardi sono i soldi spesi, in euro, in Italia. Oltre la metà in slot machine e videolottery.
95 miliardi. 72 milioni solo a Lecco. 1504 euro a persona, neonati compresi. Mezzo miliardo in Provincia.
E' sottointeso che, sebbene poco cambi, nemmeno le vincite ribaltano questi dati. Dei soldi spesi in scommesse tornano in vincite 1067euro. Il disavanzo è 437 euro in un anno. Il resto degli incassi, pari a oltre il 28% va allo Stato (17,5% contro il 13% del 2015), agli esercenti (6%), ai gestori (4,3%) e ai concessionari (0,5%).
Lo scorso anno le entrate erariali sono state oltre 10 miliardi.
Le stime della slavina ci dicono inoltre - e soprattutto - di un numero che varia dai 1700 ai 7500 di giocatori patologici residenti in provincia e di un numero doppio di giocatori problematici, cioè coloro che utilizzano una parte significativa del proprio reddito per il gioco.
Un travaso, un Robin Hood all'incontrario
Mi paiono dati, anche quest'anno, su cui riflettere e agire.
Credo che il motore per un'efficace azione di contrasto sia però non colpevolizzare chi gioca ma sostenerlo in percorsi di consapevolezza e, far argine a chi non gioca perché non lo faccia.
Credo che un serio impegno civico vada nell'ordine di costruire e non distruggere, almeno il più delle volte.
Per questo per azioni di prevenzione e contrasto al gioco d'azzardo, credo vadano seguite diverse strade e coinvolgere una pluralità di attori. Ognuno per la sua parte di responsabilità civica collettiva.
Le strade più concrete secondo me sono:
Quella Istituzionale con i rapporti tra Enti ed esercenti, quella diretta ai clienti e quella alla stampa.

La prima è quella più limitata che vede l'Ente Comunale, tramite un apposito Atto, vietare la sponsorizzazione, i patrocini e tutti quei rapporti non obbligatori per Legge, con i soggetti che, dopo un percorso di consapevolezza e confronto reciproco misurato nel tempo, scelgono lo steso di tenere queste slot e, come forma più persuasiva, anche con chi co-organizza iniziative con gli stessi.
La seconda, più formativa, è quella di rivolgersi direttamente ai clienti di questi esercizi per farli promotori diretti di una campagna "autoprodotta". Tipo: "(Bar/negozio) tu e noi assieme, senza più slot". Potrebbe essere l'occasione buona per sostenere l'esercente in una presa di coscienza di un problema, di un'anomalia e anche di una convenienza economica. La modalità storica nonviolenta del boicottaggio è una pratica di responsabilità, anche autoformativa.
La terza strada è rivolta alla stampa, ed è quella di chiedere di non enfatizzare vincite da "gratta e vinci", limitare la pubblicità di questo tipo di mercato, di informare con frequenza dell'ammontare, immane come vediamo, di spesa sul nostro territorio del gioco d'azzardo.
E ancora delle irrisorie, e a volte nulle - si nulle - possibilità di vincita del gioco di azzardo.
Nonché dei rischi e delle patologie che l'abuso da gioco genera.
E' probabile che si fallirà su tutta la linea, ma perché non provarci?
Sono convinto che anche gli esercenti, i bar nonché gli stessi giocatori e famigliari se sostenuti e affiancati, siano di grandissimo aiuto per risultati efficaci.
Un capitolo a parte sarebbe quello di iniziare pensare a quanti danari, ogni giorno, tutti i giorni, una città, un territorio, potrebbe raccogliere per opere e servizi di utilità comunitaria. In altre parole per il benessere diffuso.

Paolo Trezzi
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