Un comasco di Fratelli d’Italia calato a Lecco è puro masochismo

Marco Calvetti
Sarebbe come candidare un livornese a Pisa o viceversa che poi il proverbio dice che di giorno litigano e di notte rubano insieme. Che dalle nostre bande invece se le danno di santa ragione in ogni campo ben oltre il prato verde. Basti ricordare che ai tempi della Prima Repubblica alle elezioni politiche i comaschi ci fottevano sempre, forti di una popolazione che è il doppio della nostra. Non ricordo un “favore” dei comaschi e fanno eccezione le presidenze della Provincia assegnate ad Aldo Rossi e a Giovanni Fiamminghi in virtù di spartizione di potere, a prescindere dal consenso popolare. Lo stesso vale per Vico Valassi, nominato alla guida della Camera di Commercio quando Lecco non era ancora autonoma.
Si provino a candidare un lecchese a Como : sarebbe respinto con i forconi o con i remi considerando la fucina lacustre.
Del resto questa malattia della calata dall'alto non risparmia nessuna forza; basti pensare che Maria Elena Boschi, dopo avere dichiarato di volersi misurare tra i suoi aretini sta facendo un corso accelerato di tedesco per imparare almeno un “danke schön” per il dopo 4 marzo.
Ci teniamo pronti per intervenire non appena gli oracoli pronunceranno i nomi dei candidati, anche perchè in questi giorni, è più soddisfacente chiedere un'orata fresca a un macellaio che un'anticipazione ai segretari provinciali dei partiti.
Marco Calvetti