Cinquant'anni fa, Lecco accolse Aldo Moro

Cinquant’anni sono passati da quella domenica 11 febbraio 1968, quando la città di Lecco riceveva la prima visita ufficiale di un presidente del Consiglio dei Ministri, nella persona dell’onorevole Aldo Moro. Moro giunse a Lecco nel tardo pomeriggio, dopo un lungo e anche faticoso itinerario nella provincia di Como, iniziato nel capoluogo e poi con tappe a Mariano Comense, Cantù e Galbiate. In quest’ultimo Comune, affiancato dall’allora sindaco Cesare Golfari, inaugurò il nuovo municipio tagliando il nastro tricolore.



Aldo Moro circondato dalla folla in piazza Diaz

A Lecco, ad attendere Aldo Moro davanti al municipio di piazza Diaz, c’era una folla festante, che travolse i cordoni di sicurezza. Prima di entrare in municipio Moro strinse centinaia di mani e si soffermò in piazza Diaz, sorridente con tutti, per circa mezz’ora. Raggiunse poi il salone consiliare del municipio, dove prese posto al tavolo della presidenza, con il sindaco Alessandro Rusconi, il ministro Virginio Bertinelli, il prefetto Giovanni Zecchino, i parlamentari lecchesi Angelo Bonaiti e Vittorio Calvetti, il prevosto mons. Enrico Assi.



Aldo Moro è accolto sulla porta del municipio dal sindaco Alessandro Rusconi

Il sindaco Rusconi, nel suo intervento di saluto, delineò a Moro le caratteristiche sociali ed economiche della città e del territorio, sottolineando la necessità per il futuro di risolvere due grandi problemi di forte aspettativa per il territorio lecchese ed anche per quello valtellinese. Rusconi sottolineò la necessità di portare a rapido compimento un’opera viaria come la nuova statale 36. L’altro problema era quello della delimitazione del comprensorio lecchese nell’ambito della Regione Lombardia, che avrebbe preso forma e vita con l’attuazione, allora ormai prossima, dell’ordinamento regionale, come avvenne nel 1970.



Il saluto del sindaco nel salone consiliare

Aldo Moro, dopo aver ringraziato nella persona del sindaco la cittadinanza lecchese per l’affettuosa accoglienza, formulò considerazioni sulla funzione delle comunità locali nel contesto della più ampia comunità nazionale. Conclusa la cerimonia in municipio, Aldo Moro raggiunse il palazzo delle Poste e degli Uffici Finanziari di viale Dante, quindi la sede della Banca Popolare di Lecco dove venne accolto dal presidente Luigi Lillia e dal direttore generale Mario Bellemo. Lasciato il palazzo della Banca Popolare in piazza Garibaldi, il presidente del Consiglio raggiunse la sede della Democrazia Cristiana, nel cortile di via Mascari, poi cancellata dalla nuova costruzione del complesso Le Vecchie Mura.



Aldo Moro durante il suo intervento

Nel corso di un incontro con soci e simpatizzanti democristiani, il saluto ad Aldo Moro venne portato dal segretario cittadino Guido Puccio. Moro rispose richiamandosi al compiti che il partito della D.C. aveva avuto nella rinascita democratica della Nazione e alla funzione che avrebbe assunto nel secondo ventennio di storia dalla fine della guerra, indicando nei giovani democratici cristiani le promesse e le speranze per il futuro.



Panoramica del salone, mentre Moro s’appresta a ricevere dal Sindaco Rusconi un ricordo di Lecco manzoniana

Conclusa la sua visita in città, Aldo Moro raggiunse la stazione ferroviaria dove salì su una carrozza riservata per il rientro a Roma. Oltre all’ufficialità della visita, le note del tempo ricordano che in quell’occasione Aldo Moro avrebbe fatto riferimento “riservato” al collegio senatoriale di Lecco, rimasto vuoto dopo l’improvvisa scomparsa del senatore Pietro Amigoni, che nel 1963 era stato rieletto per la terza volta a palazzo Madama. Sarebbe avvenuta quel giorno la prima indicazione di un fedelissimo di Moro, Tommaso Morlino, candidato nel collegio di Lecco per le elezioni politiche che si tennero poi nella primavera 1968. Morlino, candidato a Lecco nel 1968, venne eletto a palazzo Madama e riconfermato in tale incaricato nelle elezioni del 1972, 1976 e 1979.



Aldo Moro lascia il municipio, scendendo dallo scalone principale

Più volte nominato sottosegretario e ministro nei governi della Repubblica, Morlino, nel dicembre 1982, venne eletto a presidente del Senato della Repubblica, seconda carica dello Stato. Venne stroncato da improvviso malore a palazzo Giustiniani, nel maggio 1983, mentre, su incarico del presidente della Repubblica Sandro Pertini, stava svolgendo una delicata e difficile “ricognizione politica” per capire se vi fossero ancora spazi di collaborazione per un nuovo Governo o se si dovesse ricorrere ad elezioni. La sua ultima opera pubblica inaugurata nel lecchese è della primavera 1983 ed è la panoramica e bellissima passeggiata del “Menaggino” tra la località Olivedo e la Riva Grande di Varenna.
A.B.
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