Sacerdote a processo per le frasi dette ad un suo alunno. Il PM chiede l'assoluzione

Il tribunale di Lecco
Due affermazioni che avrebbero creato nel ragazzo un grave disagio, causandogli attacchi d'ansia e stress. Così i genitori della presunta vittima, assistiti dall'avvocato Laura Redaelli, hanno deciso di denunciare l'episodio, con la vicenda approdata nel palazzo di giustizia lecchese: il sacerdote, difeso dagli avvocati Stefano Pelizzari e Alessandra Carsana, deve rispondere dei reati di ingiuria e abuso dei mezzi di correzione (ai sensi degli articoli 594 e 571 del codice penale).
Questa mattina, al cospetto del giudice monocratico Enrico Manzi, si è chiusa la fase istruttoria del processo, non prima di aver concluso l'audizione di tutti i testimoni chiamati dalle parti, tra cui l'imputato. Il primo a sedersi al banco dei testimoni è stato il padre -costituitosi parte civile nel processo insieme alla moglie, essendo il ragazzo nel 2014, all'epoca dei fatti, ancora minorenne- che ha raccontato lo stato in cui si trovava il figlio dopo essere stato invitato dal professore a gettarsi dal balcone. "Mia moglie mi ha immediatamente avvertito dell'accaduto e sono corso a casa. Il ragazzo, mentre mi raccontava la sua versione, piangeva, tremava, era agitatissimo, diceva che forse doveva davvero buttarsi. Così abbiamo deciso di portarlo dal medico di base, che gli ha prescritto degli ansiolitici". Il padre, volendo vederci chiaro, ha anche affermato di aver chiamato un compagno di classe e amico del figlio, che avrebbe confermato la versione del ragazzo. "Non è tornato subito a scuola", ha continuato il genitore, "è stato a casa una settimana. Per noi non è stato facile quando è tornato a frequentare, avevamo paura di quello che poteva accadere". Poco dopo i genitori del giovane hanno deciso di rivolgersi alla dirigenza scolastica: "ci hanno detto che le cose della scuola dovevano rimanere a scuola, tutto quanto doveva finire lì. Ci siamo sentiti poco tutelati". Qualche giorno più tardi i genitori avrebbero ottenuto un incontro anche con il docente, oltre che con la dirigenza e altri insegnanti, alla presenza dell'avvocato di famiglia e di un rappresentante della Curia: "lì il sacerdote ha ammesso la vicenda e si è scusato con noi, ma le scuse sono una cosa, le responsabilità sono un'altra". Il padre del ragazzo ha proseguito il proprio racconto sottolineando come l'anno scolastico del figlio -dopo i fatti, avvenuti a gennaio 2014- sia andato avanti nel peggiore dei modi: "il ragazzo era continuamente pungolato su questa vicenda per provocarne le reazioni, gli insegnanti durante i confronti gli dicevano "adesso cosa fai, denunci anche me?". I professori avevano anche scritto una lettera, appesa alla bacheca, in cui dimostravano tutta la loro solidarietà a don Matteo. È stato tremendo, noi cercavamo di tranquillizzarlo ma quando tornava a casa da scuola era sempre distrutto. Ha subito una variazione completa del suo modo d'essere, non aveva più voglia e stimoli di fare".
Un andamento scolastico "burrascoso" quello del giovane, evidenziato più volte nel corso dell'udienza come indisciplinato e problematico: in particolar modo, oltre alle 11 note poste sul registro -nel solo periodo fra settembre 2013 e gennaio 2014- che il ragazzo avrebbe rimediato proprio per i suoi comportamenti e alle 3 sospensioni dalle lezioni, è stato sottolineato in aula come il giovane si sia accanito in special modo verso una sua compagna di classe disabile, che per queste continue vessazioni sarebbe stata costretta a cambiare sezione. Un comportamento che anche don Matteo Vasconi, durante la sua deposizione, avrebbe confermato: "era il primo anno che insegnavo a lui, il secondo di insegnamento al Parini. Quella classe viveva un contesto altamente problematico, gli alunni facevano fatica a stare a scuola". Il don, incalzato dalle domande del suo difensore, ha anche descritto al giudice Manzi l'evoluzione del rapporto con il giovane: "mi avevano detto che era un po' problematico, tuttavia ho sempre preferito, durante la mia esperienza di insegnante, cercare di mediare con i ragazzi, evitando di utilizzare i

L'istituto Parini di Lecco
Il professore -originario di Varese e ordinato presbitero nel 2012, approdato a Lecco nel settembre dello stesso anno con la nomina di vicario della comunità pastorale Beata Vergine di Lourdes di Olate, Bonacina e Acquate- ha anche ammesso di aver preso parte ad una commissione di sospensione convocata per il ragazzo, nel periodo precedente alle vacanze natalizie di quell'anno scolastico: "in quell'occasione ho votato in maniera contraria alla sospensione perchè avrei preferito dialogare con l'alunno. A posteriori, forse, se si fosse evitata la sospensione lui non avrebbe continuato con il suo atteggiamento ostile".
Tornato dalle vacanze di Natale infatti, l'alunno sarebbe tornato a scuola con una tensione maggiore, sfociata poi in tre distinti episodi: "il 18 gennaio del 2014 ero in classe per una supplenza. Ad un certo punto l'alunno ha bestemmiato, così ho dovuto apporre una nota sul registro; lui si era giustificato dicendo di aver detto un'altra cosa ma io non gli ho creduto perchè avevo sentito bene" ha raccontato l'imputato, "poi il 20 di gennaio, durante la mia lezione, ha deciso di sedersi ad un altro banco, cosa vietata dal consiglio di classe proprio per la problematicità di quella sezione. Al mio richiamo lui mi ha detto: "ma lei si fuma" al che, per evitare un'altra nota disciplinare nei suoi confronti, gli ho detto "no guarda, semmai certe coltivazioni le fai tu". Lui mi aveva sorriso, così come aveva fatto il resto della classe". Poi il don ha raccontato l'episodio più grave, ricordando come, quel 27 di gennaio, durante la sua lezione sia entrato il professor Sottocornola per parlargli velocemente: "mentre stavo parlando con l'altro docente" ha continuato don Vasconi, "in classe si è scatenata la confusione e il ragazzo si è alzato dal posto. Chiedendogli di tornare al banco lui mi ha risposto dicendo che avrebbe fatto quel che avrebbe voluto. Perdendo la pazienza per l'ennesima volta, non immaginando assolutamente che la mia frase avrebbe scatenato tutto questo, gli ho detto "allora se fai quello che vuoi vai pure a buttarti che tanto non interessa a nessuno". Lui, tornato al suo banco, mi ha detto che l'avrei pagata".
In aula è poi emerso che il ragazzo non ha più partecipato alle lezioni di religione durante quell'anno scolastico, sotto diretto invito della Curia e dopo che l'avvocato di famiglia aveva mandato alla scuola una lettera chiedendo l'allontanamento del ragazzo durante le ore di religione. Durante i pochi incontri avvenuti con la famiglia del giovane il religioso -che dopo l'episodio è stato spostato ad Olgiate Molgora e da lì, dopo soli tre mesi, fuori provincia-, come ammesso dallo stesso oggi in aula, avrebbe anche proposto ai genitori di affrontare un percorso insieme per cercare di risolvere la vicenda: "la famiglia si è rifiutata anzi, dopo essermi riscusato un'altra volta, il padre del ragazzo mi ha detto che suo figlio per i suoi errori pagava sempre, io come avrei pagato?".
Conclusa l'audizione dell'imputato, il giudice Manzi ha dichiarato chiusa l'istruttoria dibattimentale. Il Vpo Mattia Mascaro ha chiesto l'assoluzione dell'imputato perchè, secondo il suo parere, la condotta del sacerdote sarebbe discutibile dal punto di vista educativo ma le frasi da lui pronunciate, in quel contesto, non sarebbero di rilevanza penale. Di parere opposto l'avvocato Laura Redaelli per la parte civile che ha chiesto la condanna di don Matteo e il risarcimento del danno alla parte offesa sia per il reato di ingiuria sia per la fattispecie dell'abuso di mezzi correttivi in quanto, recitando una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, a suo avviso deve esserci nel sistema scolastico una proporzione tra le funzionalità educative e i mezzi utilizzati per ottenerla, nonchè ai comportamenti messi in essere dagli alunni. Una visione del tutto opposta all'avvocato Alessandra Carsana che, nella sua discussione, ha definito il giovane come "più di un "Giamburrasca"", facendo paragoni con il Giannino Stoppani di Vamba, "era difficile, bellicoso, era arrivato addirittura a bullizzare una sua compagna di classe" ha sottolineato il legale che ha poi proseguito argomentando come il suo assistito sia stato fin da subito dalla parte del giovane ma che, messo alle strette, dopo aver perso la pazienza, ha reagito d'impulso: "è pacifico che le frasi pronunciate siano infelici, non consone all'ambiente" ha concluso il legale, "ma ritengo che non sia stato raggiunto l'elemento soggettivo della fattispecie per i mezzi di correzione perchè, in questo caso, questi leciti mezzi di correzione mancano".
Il giudice ha rinviato il processo al prossimo martedì 3 luglio per le eventuali repliche e la sentenza.
B.F.