Renato Corbetta trattato con cattivo gusto da vivo e da morto

Un momento dell'inaugurazione del vaso
Quasi ogni giorno, per ragioni di dimora, mi capita di passare davanti alla chiesa della Vittoria e di incocciare con lo sguardo quel vaso di fiori extra large che reca la scritta “ A Renato Corbetta per i suoi 95 anni “.
Oggi spuntavano fiori rossi, mentre due settimane fa c’era una pianta con le foglie secche, da far invidia allo Spelacchio romano.
Ma non ne faccio una questione di botanica. Ho sempre trovato di cattivo gusto l’idea di un cimelio sottocasa in memoria di un lecchese vivente. La critica non riguarda ovviamente l’uomo, fosse anche un premio Nobel, ma il gesto pacchiano e, ai miei occhi, persino volgare.
Non ricordo di analoghi esempi a qualsivoglia latitudine e poi dicono che le sceneggiate sono di marca napoletana.
Ora tuttavia non si tratta più di kitsch, perché il mio amico Renato si è spento qualche mese fa e chi vuol rendergli sinceramente omaggio può fargli visita al cimitero monumentale. Così fan tutti. Rimuovere l’ingombrante  granito di via Azzone Visconti mi parrebbe un atto doveroso e un rimedio alla stonata intuizione.
Ma già che parliamo del commendator Corbetta ho trovato altrettanto di cattivo gusto l’idea di intitolargli, post mortem, il Centro sportivo del Bione.
Sarà perché io sono contrario ai “Santi subito”, ma l’idea mi è parsa frettolosa e inappropriata. E’ pur vero che il lancio frenetico della proposta ha raccolto immediati e larghi consensi, ma si trattava di assensi emotivi e motivati dalla commozione dell’istante.
Nessuno ha fatto cenno alle procedure: per esempio al voto in consiglio comunale, dove non sono affatto certo che Corbetta avrebbe raccolto la maggioranza dei consensi.
Renato era autorevole e autoritario, conciliante e divisivo, attaccato ai vessilli, ma senza bandiera.
Lo conoscevo da oltre quarant’anni perché, come ho già scritto, aveva assidua frequentazione con la famiglia Calvetti, in primis l’onorevole Vittorio.
Con me poi c’era una consuetudine e un’amicizia collaudate, mi chiamava Marchino e ogni lunedì mi telefonava per commentare la fresca edizione del Giornale di Lecco e in particolare la mia rubrica “Il dito nell’occhio” nella quale prendevo di mira vizi e debolezze dei personaggi più in vista.
Si rallegrava forse anche perché non fu mai bersaglio della mia penna.
E poi è davvero un onore intitolargli il Bione cioè l’esempio dell’incuria, dell’approssimazione, del degrado, proprio a Renato che era un perfezionista e un maniaco dell’efficienza ?
A me parrebbe un grave torto recarsi al centro sportivo Corbetta e scoprire una struttura che fa acqua da tutte le parti, piscina compresa.
Marco Calvetti
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