Lecco ricorda 'l'uragano Ciapin' con aneddoti, immagini e racconti: ''Amava realizzare i sogni''

Sarebbero bastate le immagini – snocciolate nei filmati del fratello Robi o di Franco Lozza - a raccontare la vocazione di Daniele Chiappa, per tutti “Ciapin”, fatta di corse forsennate in soccorso agli altri, progetti rivoluzionari e quel guizzo negli occhi comparso ogni volta che aveva in mente una nuova idea da mettere in pratica. Ma poi sono intervenute le parole - quelle di coloro che l’hanno conosciuto, stimato ed amato – e il suo nome, da semplice ricordo evocato a dieci anni dalla sua scomparsa, si è tramutato in presenza viva e quasi tangibile per un’intera serata.



“Daniele Chiappa era un sognatore a cui piaceva realizzare i sogni” ha esordito Alberto Benini, conduttore della serata svoltasi nel cuore della sala di Confcommercio, gremita di divise del Soccorso Alpino ed amanti della stessa montagna che venerava il Ciapin. “E’ stata una persona che si è spesa senza risparmio in tante attività, costituendo per molti un modello e la cui cifra risiedeva nel ritenere che le cose andassero sempre migliorate” ha poi concluso lasciando la parola a chi, come lui, condivide lo stesso senso di appartenenza ad una comunità a cui Daniele era fortemente legato.



“Ciapin è da ringraziare non solo per le intuizioni che ha avuto nel mettere insieme sistemi, organizzazioni e punti di partenza diversi nel mondo di volontariato, sanità ed alpinismo ma anche per l’importanza da lui data alla divulgazione ed al ricambio generazionale” è stato il commento del sindaco Virginio Brivio, che oltre a ricordare l’impegno sociale del soccorritore lecchese ha voluto chiudere il proprio intervento con un augurio da lui ispirato.


Da sinistra Carlo Greppi, Virginio Brivio, Antonio Peccati, Alberto Benini



“Come comunità avremmo bisogno che, così come ha fatto Daniele, anche tutti voi faceste passare la bellezza del fare qualcosa che serva agli altri: occorre spiegare il senso di queste operazioni di soccorso, dedicarsi all’addestramento, all’aggiornamento, al fare squadra e alla fatica di lavorare a favore degli altri”. Sulla stessa scia ha proseguito poi il Presidente della Comunità Montana Lario Orientale Carlo Greppi, che ha ricordato non solo la proposta avanzata da Daniele nel 2003 di realizzare ai Resinelli la sede di una scuola regionale di formazione per il Soccorso Alpino, ma anche il progetto “Modisca – Montagne di Scatti” da lui ideato e divenuto col tempo un archivio digitale che raccoglie oltre 25mila fotografie, filmati ed interviste nel mondo alpino con l’obiettivo di salvaguardare questo patrimonio evitando che esso venga disperso. “Sebbene io non facessi parte del mondo dell’alpinismo, lui si è rapportato con me in un modo che non potrò mai dimenticare: le sue lezioni non sono state solo su come affrontare rischi ed imprevisti in montagna, ma ci ha dato una lezione di vita insegnandoci cosa significa instaurare veri rapporti umani” ha chiosato commosso Greppi, lasciando che al suo posto parlassero le parole di Daniele, ripercorse in uno scambio di mail nelle quali quest’ultimo univa il resoconto della sua mutevole salute a quello delle infinite nuove idee che gli saettavano in mente.




Da sinistra Gianfranco Comi, Tita Gianola, Maurizio Volontè, Sandro Pancani, Mario Milani, Alberto Benini

Ultima ma non per importanza tra le autorità presenti, anche il Presidente di Confcommercio Antonio Peccati che di Daniele ha voluto ricordare l’attaccamento verso i giovani e le loro potenzialità e, soprattutto, uno dei suoi più innati e rari pregi: la capacità di godere dei successi degli altri più di quanto facesse per i propri. La nascita del “Ciapin” avviene sedici anni dopo quella di Daniele Chiappa, quando quest’ultimo – ancora giovanissimo – entra a far parte del Soccorso Alpino, scalandone i vertici grazie alla sua intelligenza ed umanità fino a ricoprire le cariche di Vicepresidente nazionale e numero uno lombardo.



A tracciare alcune delle piccole-grandi rivoluzioni introdotte da Daniele nel mondo del Soccorso è stato il generale di brigata aerea Sergio Ainardi, arruolato nell’Aeronautica Militare del 1970 e comandante del SAR (Search and Rescue) di Linate fino al congedo nel 2011. L’introduzione di elementi come il recupero delle barelle, l’accostamento a guglie prima considerate inavvicinabili e la presenza di un medico che potesse fare un intervento sicuro volto a non peggiorare le condizioni della vittima sono solo alcuni dei meriti del Ciapin, il cui sorriso speranzoso misto all’umiltà che lo contraddistingueva l’hanno portato – un passo alla volta – a conquistare il rispetto di tutti i suoi colleghi.



Da sinistra Giorgio Spreafico, Sandro Pellegata, Bebo Fazzini, Luigi Piatti, Mario Landriscina, Sergio Ainardi, Alberto Benini

Tra questi, il dottor Mario Landriscina, anestesista e rianimatore degli ospedali comaschi, divenuto negli anni '80 il primo responsabile del 118 di Como. “La mia storia con Daniele nasce molto prima che ci conoscessimo” ha esordito quest’ultimo di fronte alla platea. “Si può pensare ad un destino di quelli che sei davvero felice di aver vissuto, riassunto in un libro che di fatto viene scritto ancora oggi, da mani che reggono inconsapevolmente penne invisibili successivamente tenute in mano da ancora altre persone, che forse non conosceranno mai Daniele o di cui sentiranno parlare per bocca d’altri. Sono però pagine che racchiudono il suo ricordo indelebile” ha proseguito, sottolineando come il soccorso medico nato in quegli anni '80 richiedesse la capacità di muoversi in contesti nuovi e impervi, esperienza, consapevolezza, ma anche addestramento e fatica, il tutto in un equilibrio tra la giusta prudenza e l'incoscienza. Tutte qualità che quell’uomo “forte ma garbato” che era Daniele incarnava alla perfezione, traducendoli in un’amicizia senza troppi fronzoli e in una professionalità invidiabile.



A guardare al Ciapin per molti anni, in un mix di ammirazione ed affetto, è stato anche il cardiologo, alpinista e subacqueo Luigi Piatti, storica colonna portante del Soccorso Alpino lecchese divenuto antesignano della filosofia di “portare il dottore dal ferito”. Obbligato a fermarsi di tanto in tanto a causa dell’emozione, il medico ha mostrato commosso la propria tessera del CAI datata 1975: l’anno in cui conobbe quella prima volta il “vulcano Daniele”. Un vulcano, sì, o addirittura un “uragano” – come l’ha descritto Bebo Fazzini, volontario della stazione di Premana e delegato della XIX Delegazione lariana CNSAS – ma in sostanza una vera e propria forza della natura: a soli 21 anni, nel 1972, il Ciapin sarebbe infatti stato ammesso nel Gruppo dei Ragni della Grignetta, per poi prendere parte solo ventiquattro mesi dopo alla spedizione dei Maglioni Rossi al Cerro Torre. Quest’ultima, annoverata tra le sue più grandi imprese ad alta quota, è stata ricordata dal giornalista Giorgio Spreafico che, parlando dei famosi “salvataggi” portati a casa da Daniele, ne ha aggiunti due inediti alla lista: quello della memoria di una venerazione per la montagna e per l’aiuto reciproco che il Ciapin aveva reso il suo mantra personale e, per secondo, il salvataggio dell’alpinismo lecchese in un periodo in cui sembrava che la montagna non potesse più entrare nel cuore dei giovani.



Dopo l’intervallo narrativo e musicale firmato da Giorgio Galimberti – che si è cimentato nella lettura di un brano tratto da “Nell’ombra della luna” di Daniele Chiappa – la parola è tornata nuovamente al secondo tavolo di relatori, composto dal Direttore Generale del Soccorso Alpino Mario Milani, dal pilota dell’elisoccorso Sandro Pancani, il responsabile del 118 di Como Maurizio Volontè, la guida alpina Tita Gianola ed infine dal Presidente del Soccorso Alpino Lombardo Gianfranco Comi. Una seconda carrellata di ricordi, aneddoti, sorrisi strappati e occhi lucidi che – attraverso le voci di coloro che ne hanno condiviso la quotidianità – hanno delineato alla perfezione le mille sfaccettature del Ciapin, mentre quella più importante – ovvero lo smisurato altruismo – è stata perfettamente riassunta dalle parole di Sandro Pellegata, volontario della XIX Delegazione lariana CNSAS e tra le menti a capo della realizzazione del Centro Operativo del Bione.



Proprio quest’ultimo ha ricordato quando il Ciapin – a quel tempo in Repubblica Dominicana per fare assistenza ad una gara di parapendio – l’aveva chiamato dicendogli di dovergli comunicare due cose importanti: la prima era che aveva bisogno di un'ambulanza da poter inviare ad un piccolo villaggio dominicano i cui abitanti non avevano nessun mezzo per raggiungere l’ospedale. La seconda era che aveva un tumore ai reni.

“Anche in un momento del genere Daniele ha anteposto un problema così distante da lui alla sua stessa salute” ha ammesso Pellegata, racchiudendo in poche parole tutta l’essenza di una persona che difficilmente sarà dimenticata da tutti coloro che, anche solo per un secondo, ne hanno intercettato il cammino. Sia che si tratti della comunità lecchese, sia di quella di uno sperduto villaggio a migliaia di chilometri di distanza. Perché sì, alla fine quella famosa ambulanza è davvero arrivata fino alla Repubblica Dominicana.
F.A.
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