Olginate: Ius Soli e cittadinanza, dalle voci degli stranieri una situazione da cambiare

Hanno fatto sentire la loro voce e raccontato come ogni giorno vivono la loro condizione di stranieri senza cittadinanza, un traguardo ambito per sé e i propri figli nati qui, che oggi in Italia è molto difficile da raggiungere. Alcuni residenti olginatesi di origine straniera, giunti in paese in cerca di un futuro migliore, hanno raccontato una realtà in cui all'interno della società civile - a partire dalla scuola - loro e i loro figli si sentono italiani a tutti gli effetti, mentre la politica nazionale ancora non concede la cittadinanza a chi nasce in Italia.

Durante l'incontro promosso da amministrazione comunale e circolo culturale Cento Passi sul tema dello Ius Soli, nel pomeriggio di sabato 22 novembre, sono state le loro voci a offrire una riflessione profonda e attuale del problema.
A partire da Ana Adric, 19enne croata nata in Italia e cresciuta a Olginate, che ha acquisito la cittadinanza al compimento della maggiore età. "Sono cittadina italiana da due mesi, ma mi sento italiana da sempre" ha spiegato. "Per ora non è cambiato molto, sono felice di aver fatto questa scelta e spero al più presto di poter dire la mia, far valere la mia opinione attraverso un referendum o le elezioni, per esercitare il mio diritto".

Paolo Casu, Brizida Haznedari, Ana Adric


Ouafae, che ha partorito qui i suoi figli, li ha paragonati a piantine rinchiuse in una serra, che grazie alla cittadinanza potrebbero finalmente vedere la luce del sole e iniziare a respirare. "Noi siamo partiti dal nostro Paese scegliendo l'Italia per poter avere un futuro migliore" ha spiegato Abel Natama, del Burkina Faso. "Ma se i bambini nati qui non sono italiani, e lo diventano solo a 18 anni e in particolari condizioni, non è facile per noi. Tutti gli africani vogliono che questo cambi, i nostri figli si sentono italiani. Anche per gli adulti non è facile, in altri Paesi europei con la cittadinanza puoi avere una possibilità di lavoro, qui anche se hai il permesso di soggiorno e vivi da 20 anni non ti guarda nessuno. Siamo bloccati, molti sono costretti a emigrare altrove in cerca di lavoro".
Ibrahima, che si è diplomato in Italia e ora collabora nelle scuole dell'Istututo comprensivo olginatese, ha messo in evidenza le difficoltà normative per gli stranieri che vogliono essere italiani anche sulla carta. "Sono in Italia dal 2003, ma per lo Stato dal 2010" ha spiegato, chiedendo a gran voce una legge che conceda la cittadinanza ai bambini alla nascita.

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In Italia, nonostante una legge relativamente giovane (la n. 91 del 1992), in merito a questo tema sono stati fatti passi indietro invece che in avanti, come ha sottolineato la mediatrice culturale dello sportello immigrazione della Prefettura di Lecco Brizida Haznedari. "Sono oltre un milione in Italia i minori stranieri nati qui, e in base alla legge attuale la cittadinanza è richiedibile al compimento del diciottesimo anno di età, per un anno, a patto che si dimostri di aver vissuto qui per 10 anni ininterrottamente" ha spiegato. "Questo spesso è difficile da ottenere, perché non tutti i bambini sono stati iscritti all'anagrafe. La legge precedente, del 1912, era meno restrittiva poiché era sufficiente vivere in Italia al compimento della maggiore età. Anche per gli adulti erano sufficienti 5 anni di residenza ininterrotta, ora divenuti 10". Il Governo sta valutando l'introduzione di uno Ius Soli "temperato" o "culturale", sulla base cioè di almeno un ciclo di studi svolto dal giovane in Italia. Ma la politica, è stata la riflessione proposta dalla mediatrice e dal referente del Circolo 100 passi Paolo Casu, è indietro rispetto ad una società che vede i bambini già integrati grazie alla scuola, e manifestazioni in favore di una modifica della normativa.

Padre Angelo Cupini, Ouafae, Ibrahima, Abel Natama

"In Provincia di Lecco sono presenti circa 130 nazionalità diverse, e gli immigrati hanno un'età media di 37 anni" ha spiegato Padre Angelo Cupini della Comunità di Via Gaggio onlus, che nella "Casa sul Pozzo" a Lecco assiste la popolazione straniera nelle quotidiane difficoltà integrative. "Molti hanno paura a relazionarsi con le istituzioni, temono che gli vengano portati via i figli. La nostra società sta cambiando, è importante fare ponte verso un futuro che ancora non conosciamo, in cui forse esisterà solo una cittadinanza mondiale. Ci arriveremo inevitabilmente attraverso il confronto con l'altro, con l'obiettivo di un bene comune da raggiungere. Parlando con gli stranieri spesso sento dire che vogliono andare in un altro Paese. Non si tratta di uno Stato fisico, ma di un luogo in cui possano vivere degnamente, in cui tutti vengano rispettati e i loro diritti riconosciuti. Questo incontro rappresenta un  cantiere, sul territorio si vive la vita e auspichiamo che la politica si adegui ad essa".

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Come ha spiegato Abel Natama, "se tutti si impegnano le cose possono cambiare. Noi amiamo l'Italia, i nostri figli si sentono italiani. In questo comune possiamo andare a parlare con il sindaco e sentirci olginatesi, e per questo dobbiamo ringraziare l'amministrazione. Non possiamo più aspettare, la politica deve cambiare perché la società lo sta già facendo".


Il sindaco Rocco Briganti ha spiegato la sensazione trasmessa da molti stranieri olginatesi, quella di dover conquistare qualcosa che dovrebbe essere loro di diritto. "Ogni giorno proviamo a tessere un dialogo su questi temi, colpisce che una giovane olginatese da poco cittadina italiana abbia voglia di esercitare i propri diritti quando per noi è una cosa ormai inflazionata, e molti non vanno nemmeno più a votare. Il 35% dei bambini della scuola dell'infanzia di Olginate è straniero, significa che quasi metà delle famiglie residenti non sono italiani. Il nostro è un paese sempre più multietnico, non si può non tenerne conto. Il nostro impegno quotidiano non è quello di fare politica, ma di mettere in campo politiche". L'incontro si è concluso con un ricco buffet arricchito dei sapori e colori preparati dalle famiglie straniere olginatesi presenti.
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