In Sala Ticozzi si discute del decreto Salvini. Quali conseguenze sul lecchese?

Sold out giovedì in Sala Ticozzi per la serata informativa dedicata al provvedimento su immigrazione e sicurezza convertito in legge a fine 2018 promossa dalle associazioni e forze intermedie lecchesi con il Patrocinio dell’Amministrazione comunale.
Dopo l’intervento iniziale di Enrico Avagnina, Presidente dell’ANPI Provinciale di Lecco, la parola è immediatamente passata all'avvocato Giulia Vicini dello Studio Diritti e Lavoro di Milano, prima relatrice della serata ed incaricata di dare un’infarinatura tecnica del testo di legge.

Ad effettuare uno “zoom” sullo scenario lecchese è stata invece l’operatrice della cooperativa L’Arcobaleno di Lecco Brizida Haznedari, che ha esordito accusando il cosiddetto “decreto Salvini” di aver calpestato i diritti umanitari riconosciuti sia dalla convenzione di Ginevra che dalla nostra stessa Costituzione. Nel lecchese la maggior parte dei permessi di soggiorno a richiedenti asilo sarebbe, infatti, concessa per motivi di profonda vulnerabilità – come nel caso di madri sole con figli minori – o piuttosto a causa di malattie che necessitano tanto di cure fisiche quanto di supporto psicologico e/o psichiatrico.

Il Presidente ANPI provinciale, Enrico Avagnina

La difficoltà dell’integrazione, poi – sempre a detta di Haznedari – risiederebbe nell’impossibilità per queste persone di far valere il proprio diritto alla residenza (divenuto legge, e quindi passato da diritto ad obbligo, per qualsiasi cittadino italiano nel 1954). Le conseguenze di questo sarebbero tangibili: dall’impossibilità di iscrizione presso un Centro per l’impiego, fino all’esclusione da bandi legati al supporto educativo, proseguendo con il mancato accesso all'assistenza sociale, la rinuncia ad aprire un proprio conto corrente o, addirittura, di ottenere o convertire la patente di guida.

Nonostante le difficoltà ante-decreto sicurezza, la città di Lecco aveva già dimostrato la propria apertura nei confronti dell’immigrazione, ad esempio attraverso il progetto proposto da Caritas Ambrosiana di istituire dei “corridoi umanitari” che fungessero da canale legale per l'accesso in Europa, permettendo ai richiedenti asilo di evitare i terrificanti dei “viaggi della morte”. Sul nostro territorio, tale operazione di asilo politico si era così concretizzata con l’ospitalità - presso il rione di Olate - garantita ad una famiglia eritrea composta da madre, padre e tre figli. “La maggior parte delle persone che usufruiscono di questi progetti sono titolari del permesso di protezione umanitaria - ha proseguito l’operatrice – e spesso necessitano anche di tempi più lunghi per la riconquista della propria autonomia. Ma questo decreto legge ha ormai soppresso anche quei servizi specializzati che avevano il compito di occuparsi di tali persone vulnerabili”.

Duccio Facchini di Qui Lecco Libera (tra gli organizzatori della serata) e l'avvocato Giulia Vicini

In aggiunta a questo, stando all’interpretazione della Prefettura di Lecco, queste persone - seppur riconosciute come richiedenti prima dell’emissione del DL - non potranno più rimanere all’interno di CAS (Centri accoglienza straordinaria) o SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), contribuendo involontariamente a creare una situazione paradossalmente priva di “sicurezza” sia per i vulnerabili che per i territori su cui andranno a vivere.
Con l'abrogazione della protezione umanitaria fornita dallo SPRAR, infatti, nel nostro territorio verranno a mancare corsi di lingua e formazione professionale, sarà abrogata la figura dell’operatore incaricato di fornire al richiedente asilo un orientamento legale, verrà limitato il servizio di mediazione linguistica culturale e, infine, nei centri fino a 50 posti verrà soppressa la figura dell’infermiera professionale: scelta, quest’ultima, che rischia di provocare danni non solo alla salute del rifugiato ma anche a quella di tutta la comunità.

L’operatrice della cooperativa L’Arcobaleno di Lecco, Brizida Haznedari

L’attenzione lecchese nei confronti di questa ampia tematica risale al dicembre 2015, quando diversi amministratori locali lavorarono per un progetto di “accoglienza diffusa” che sfociasse nell’emanazione bandi virtuosi e qualitativi capaci di sopperire alle mancanze e ai ritardi nel trasferimento da CAS a SPRAR. Ad essere firmato fu così un accordo territoriale per la realizzazione di un sistema integrato di accoglienza rivolto ai richiedenti asilo nella Provincia di Lecco, firmato dal Consiglio di rappresentanza dei sindaci, dalle assemblee distrettuali, dalla Provincia e dal Comune di Lecco, dalla Comunità Montana Valsassina Valvarrone Val d'Esino e Riviera, e – da ultimo - approvato dalla Prefettura di Lecco, nonché accolto positivamente dal Ministero dell’Interno. A farsi portavoce di tale accoglienza diffusa – alla quale aderirono una trentina di Comuni - è stato in particolare il Presidente del distretto lecchese nonché sindaco di Casatenovo Filippo Galbiati, terzo ed ultimo relatore della serata, che ha definito questo progetto come “un edificio amministrativo fondato su tre pilastri: il protocollo che ha unito i sindaci della Provincia intorno all’idea di un'accoglienza diffusa, la collaborazione tra Comunità Montana della Valsassina e Prefettura per la gestione dei CAS e, da ultimo, l'associazionismo”.

Il sindaco di Casatenovo, Filippo Galbiati

Secondo il relatore, sarebbero diversi i fronti su cui il “decreto Salvini” – nuovamente in un’ottica emergenziale – andrebbe drammaticamente ad agire. Da un lato trasferendo competenze ed incarichi economico-finanziari insostenibili sui piccoli Comuni della Provincia e dall’altro “sacrificando” i vulnerabili del lecchese: nello specifico, 18-20 soggetti con patologie di ordine psichiatrico, altrettanti affetti da patologie di ordine organico, insieme a diversi casi di madri con bambini.

“La serata si è concentrata soprattutto sugli effetti del decreto Salvini, ma piuttosto bisognerebbe riflettere sulla sua causa e sulla motivazione che ha portato il nostro Paese ad avere una legge di questo tipo” è stato il commento finale di Galbiati. “La risposta è il consenso: nessuna forza politica avrebbe potuto approvare una legge di questo tipo senza un forte parere favorevole dei cittadini” ha così concluso il borgomastro, sottolineando la necessità di andare oltre le ipersemplificazioni, analizzando la reale complessità del problema migratorio e, soprattutto, ammettendo quella stessa responsabilità occidentale che - oltre ad esserne causa - potrebbe rivelarsi la prima vittima della situazione socio-politica degli ultimi anni. Perché, se l’edificio “a tre pilastri” dell’accoglienza diffusa dovesse sprofondare, crollerebbe sulle persone. 
F.A.
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