Crac della Fonderia San Martino: chiesti 3 anni e 6 mesi per il supposto ideatore dello spin-off sotto accusa e un risarcimento milionario

La sede di Olginate della Fonderia San Martino
Le cifre in ballo sono impressionanti. Ma del resto è da brividi anche il "buco" lasciato dalla società con 15 milioni di passivo accertato dalla curatela. A istruttoria dibattimentale esaurita, sono stati quest'oggi chiesti dal sostituto procuratore Andrea Figoni 3 anni e 6 mesi di reclusione per il dr. Ezio Algarotti, professionista classe 1961 con casa a Bergamo, chiamato a rispondere quale membro del collegio sindacale - in concorso con gli altri soggetti già usciti di scena - di bancarotta fraudolenta in relazione al crac della Fonderia San Martino di Olginate, impresa storica del territorio, dichiarata fallita nel luglio del 2014. Alla proposta di pena formulata dal titolare della pubblica accusa - subentrato a istruttoria già imbastita dal collega Nicola Preteroti - c'è infatti da aggiungere la richiesta di risarcimento che sfiora i 12 milioni avanzata dall'avvocato Stefano Pelizzari in rappresentanza della curatela (un milione di euro la sola provvisionale) oltre a quelle sottoscritte da 5 società fornitrici, costituitesi in proprio (per il nucleo cessante), per cifre pari a 635.000 euro (Montalbetti), 1.300.000 euro (Sidermetal), 100.000 euro (Olba), 256.000 euro (Ecosider) e 178.000 euro (Tagliabue autotrasporti). Un conto decisamente salato, insomma, quello presentato all'unico indagato che, a suo tempo, non ha optato per adire a riti alternativi, affrontando il dibattimento al cospetto del collegio giudicante del Tribunale di Lecco presieduto dal dr. Enrico Manzi (a latere i colleghi Salvatore Catalano e Nora Lisa Passoni).
Difeso dall'avvocato Eugenio Sarai, Ezio Algarotti, risponde, nello specifico, delle conseguenze di una decisione avallata (o come ipotizzato dal PM e della parte civile suggerita a tutti gli effetti) nel gennaio del 2009, quando, come sintetizzato nel capo d'imputazione, compiutamente ricostruito in Aula in una delle primissime udienze dal curatore dr. Mario Motta, espresse parere favorevole ad un'operazione di "spin off" finita poi all'attenzione della Procura che, per la prima volta a Lecco, ha ritenuto tale passaggio "distrattivo", come evidenziato anche quest'oggi dal dr. Figoni. Oltre 10 milioni di euro - stando al quadro accusatorio - il danno patrimoniale complessivamente causato alla fallita dal conferimento del proprio patrimonio immobiliare alla neo costituita "San Martino Immobiliare" e del 98% delle quote sociali alla "San Martino Finance srl", divenute poi il 5% in un'altra realtà quale le Fonderie di Montorso, ancora oggi sul mercato. Tramite questo e altri artifizi si sarebbe determinata una riduzione del 95% del capitale sociale della Fonderia San Martino (da 3.200.000 euro a 150.000 euro) con un conseguente azzeramento del patrimonio netto contabile della società scissa che, dal valore di 4.464.331 euro risultante al bilancio del 31.12.2008, dopo l'operazione di scorporo, sarebbe precipitato sotto zero, "in rosso" per oltre 600.000 euro. Due delle tre "società sorelle", poi, come le aveva definite il dr. Motta, descrivendole come "portatrici di interessi autonomi", avrebbero intrecciato indissolubilmente i loro destini, con la San Martino Immobiliare che avrebbe concesso infatti fidejussioni per circa 7 milioni - solo per il ceto bancario - per coprire debiti della Fonderia, pur non essendo vincolata alla stessa, con l'insolvenza di quest'ultima che avrebbe poi trascinato nel baratro la newco (ammessa dapprima al concordato, poi dichiarata fallita, con sentenza poi revocata).
Una vicenda per la quale hanno patteggiato (2 anni) la signora Ernestina Magni (classe 1931), presidente del consiglio di amministrazione e i figli Marina Rossi, Maria Luisa Rossi (designata poi quale amministratore unico della San Martino Immobiliare), Maurizio Rossi, Enrico Rossi e Roberto Rossi ( amministratore di diritto della Fonderia fino al 20 gennaio 2009 e successivamente - ritiene la Procura - amministratore di fatto della stessa nonché rappresentante della nuova "San Martino Finance srl") oltre al dr. Ferdinando Luigi Rossi, classe 1960, residente a Sirmione, presidente del collegio sindacale (1 anno, 9 mesi e 20 giorni).
Allontana da sé ogni addebito, invece, il dr. Algarotti che anche quest'oggi, dopo la lunga disanima del proprio legate, arrivato a chiedere l'assoluzione perché il fatto non sussiste, ha preso la parola per ribadire la propria estraneità alle contestazione. "Se sono stato indotto in errore è perché il revisore mi ha fornito documentazione scritta dicendo che tutto era in regola" ha sostenuto, dopo aver ascoltato direttamente in Aula anche la requisitoria del PM e le conclusioni dell'avvocato Pelizzari pronto invece a snocciolare quegli elementi emersi nel corso del dibattimento a sostegno della tesi secondo la quale il professionista fosse l'ideatore dell'operazione di spin-off, arrecando attraverso quell'operazione grave pregiudizio ai creditori in un contesto caratterizzato da un "gigantesco conflitto di interessi" avendo l'imputato ricoperto il ruolo di  sindaco della scissa e dell'Immobiliare nonché di presidente della Finance. Due, a detta del penalista lecchese, le situazioni in cui il suo avere più cariche si sarebbe concretizzato, nei confini del "classico caso di infedeltà patrimoniale", dando seguito, in sintesi, ad un "disegno spregiudicato" all'interno del quale, alla fine, "alla Finance è tolto tutto in favore della famiglia Rossi e l'Immobiliare fallisce (con sentenza poi revocata)".
La sentenza è ora prevista per il 22 luglio. Non prima di ulteriori precisazioni delle parti che, in fase di repliche, si risponderanno a vicenda, dopo che l'avvocato Sarai nel proprio monologo ha parlato di "un processo che nasce da un colossale errore o basato su un'aporia del curatore", cercando di scardinare la tesi accusatoria sostenuta da due prospettive diverse dal dr. Figoni e dall'avvocato Pelizzari.
A.M.
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