Indovero: con Marco Sampietro alla scoperta de 'Le prime Parole di Antonia Pozzi'
Nella serata di lunedì 19 agosto, grazie all'impegno dell'associazione "Le nostre radici", il Centro Parrocchiale di Indovero ha ospitato "Le prime Parole di Antonia Pozzi - vicende editoriali e fortuna critica dell'opera di una delle poetesse italiane più lette e amate del novecento", incontro di approfondimento sulle pubblicazioni postume degli scritti della tormentata autrice milanese, che aveva trovato un significativo sprazzo di serenità a Pasturo.
In apertura, Sampietro si è concentrato sul contesto storico in cui era cresciuta Antonia Pozzi, nata a Milano il 13 febbraio 1912 dall'avvocato di Laveno (VA) Roberto Pozzi e dalla contessa Lina Cavagna Sangiuliani di Gualdana, con possedimenti terrieri a Bereguardo (PV): la breve vita della poetessa lombarda si è incastonata tra le due guerre mondiali, risentendo di tutti gli inusitati stravolgimenti che cambiarono per sempre l'Italia e gli italiani. La sua famiglia era molto vicina al regime fascista, tanto che suo padre aveva ricoperto anche il ruolo di Podestà e i giornali dell'epoca - Il Resegone e Il Popolo - nel dare la notizia della celebrazione dei suoi funerali, diedero più risalto alla figura dell'illustre genitore, piuttosto che al ricordo di lei.
Antonia decise di togliersi la vita a soli 26 anni nel 1938, anno della promulgazione delle leggi razziali che costrinsero due suoi cari amici, i fratelli Treves, a fuggire all'estero perché ebrei: il 2 dicembre, dopo aver fatto lezione ai suoi studenti dell'Istituto tecnico "Schiaparelli" di Milano, arrivò in bicicletta fino a Chiaravalle dove, dopo essersi imbottita di barbiturici, si sdraiò nella neve per lasciarsi morire. Venne ritrovata ancora viva e ricoverata d'urgenza, ma il giorno dopo spirò di polmonite, gettando la sua famiglia nello sgomento.
Il suo monumento funerario è una statua del celebre scultore Giannino Castiglioni, autore della porta monumentale del Duomo di Milano dedicata a Sant'Ambrogio e, tra le altre, della tomba dell'industriale, politico e mecenate Antonio Bernocchi, la cui attività produttiva e filantropica si svolse soprattutto a Legnano (MI) e che venne sepolto sotto lo straordinario "Golgota" realizzato dall'artista: a vegliare su Antonia, il Cristo delle Beatitudini in bronzo, seduto sulle rocce, in mezzo ai fiori.
Dopo aver mirabilmente descritto questo scenario, Marco Sampietro è entrato nel dettaglio della sua ricerca, che l'ha portato sulle tracce delle vicende editoriali legate alla raccolta "Parole", che Roberto Pozzi consegnò ad Arnoldo Mondadori 5 mesi dopo la scomparsa dalla figlia, dopo un'epurazione e una censura che ne "salvarono" 91 su più di 250: la pubblicazione avvenne in "forma privata", a spese del committente, con una tiratura di 290 copie numerate e 10 ante litteram, le illustrazioni vennero realizzate da Michele Cascella, compresa la copertina e l'ex libris di Antonia, ideato nel 1932, che rappresentava un albero - probabilmente un pero - mentre la presentazione del libro avvenne il 6 giugno del 1939. Roberto Pozzi distribuì le 300 copie totali ad amici ed insegnanti della figlia e ne inviò esemplari omaggio a tutte le biblioteche italiane, pubbliche e universitarie, e ai giornalisti, che scrissero recensioni tanto lusinghiere da creare "il mito" di Antonia Pozzi: vennero organizzate letture pubbliche delle sue poesie, anche a cura del famoso germanista Vincenzo Errante.
Nel 1942, sarebbe dovuta uscire la prima edizione per il pubblico della raccolta di poesie, ma di questa pubblicazione non c'è alcuna traccia: secondo la studiosa e custode dell'Archivio "Antonia Pozzi", suor Onorina Dino, i volumi andarono distrutti nei bombardamenti di quell'anno, ma quest'ipotesi non trova fondamento storico. Esiste, invece, un'edizione del '43 con 157 poesie, mentre la più celebre è quella del '48, con 159 liriche, che reca la prefazione di Eugenio Montale.
La pubblicazione più completa, fino ad oggi, è quella curata proprio da Suor Onorina e Graziella Bernabò, ma manca ancora un'edizione critica delle opere di questa straordinaria poetessa del ‘900, che amava la natura e le montagne: adorava scalare le vette accompagnata dalle guide "più gettonate" della sua epoca, era un'abile fotografa e, soprattutto, una giovane donna che riusciva a brillare anche in una società ancora estremamente maschilista e classista come quella dei suoi tempi. Il padre le negò la possibilità di coronare i suoi sogni d'amore con il professore di latino e greco conosciuto al liceo classico, Antonio Maria Cervi, che continuò a deporre ogni anni fiori e messaggi sulla tomba della sua amata, finchè la salute glielo permise. Anche l'altro suo grande amore, Dino Formaggio, rifiutò di sposarla per evitare le ire dell'ingombrante genitore e le continue frustrazioni che Antonia dovette subire, con i suoi scritti snobbati anche dagli amici più cari e il profondo senso di inquietudine che la pervadevano, ebbero la meglio su di lei, portandola al gesto estremo.
Troppa vita e poesia nel sangue, con una passione che riusciva a stemperarsi e trovare senso solo tra i verdi prati di Pasturo, tra ciuffi d'erica, rododendri e stelle alpine: il valore di Antonia Pozzi è stato riconosciuto solo negli ultimi decenni e, in alcune antologie scolastiche, cominciano a far capolino le sue poesie.
Dal 2016, è disponibile anche un'APP ideata da Teknet, scaricabile gratuitamente per dispositivi iOS e Android, che accompagna i visitatori sulle orme di Antonia e nel 2019, a 80 anni dalla prima pubblicazione di "Parole", non c'è modo migliore per conoscerla e imparare ad amarla che venire ad incontrarla a Pasturo, nella "sua" Valsassina!
A introdurre la serata culturale ospitata da Don Brunello, ha pensato il professore legnanese Artemio Magistrali, da anni legato a doppio filo alla Valsassina e che ha sempre cercato di indagare alla scoperta dei "tesori" del territorio, durante la sua permanenza estiva a Narro, frazione di Casargo.
Marco Sampietro e Artemio Magistrali
Lo studioso di Introbio Marco Sampietro, relatore dell'incontro, ha recentemente dato alle stampe un volume che raccoglie i frutti della sua faticosa ricerca delle preziose prime edizioni della raccolta di poesie di Antonia Pozzi "Parole", per far luce su misteri e incongruenze storiche legate alla pubblicazione di un'opera intensa e vibrante, fortemente voluta dal padre della poetessa - che fin da bambina scriveva lettere e diari su semplici quadernetti o fogli volanti - come omaggio tardivo alla sensibilità artistica della figlia, all'indomani della sua tragica e prematura scomparsa.In apertura, Sampietro si è concentrato sul contesto storico in cui era cresciuta Antonia Pozzi, nata a Milano il 13 febbraio 1912 dall'avvocato di Laveno (VA) Roberto Pozzi e dalla contessa Lina Cavagna Sangiuliani di Gualdana, con possedimenti terrieri a Bereguardo (PV): la breve vita della poetessa lombarda si è incastonata tra le due guerre mondiali, risentendo di tutti gli inusitati stravolgimenti che cambiarono per sempre l'Italia e gli italiani. La sua famiglia era molto vicina al regime fascista, tanto che suo padre aveva ricoperto anche il ruolo di Podestà e i giornali dell'epoca - Il Resegone e Il Popolo - nel dare la notizia della celebrazione dei suoi funerali, diedero più risalto alla figura dell'illustre genitore, piuttosto che al ricordo di lei.
Antonia decise di togliersi la vita a soli 26 anni nel 1938, anno della promulgazione delle leggi razziali che costrinsero due suoi cari amici, i fratelli Treves, a fuggire all'estero perché ebrei: il 2 dicembre, dopo aver fatto lezione ai suoi studenti dell'Istituto tecnico "Schiaparelli" di Milano, arrivò in bicicletta fino a Chiaravalle dove, dopo essersi imbottita di barbiturici, si sdraiò nella neve per lasciarsi morire. Venne ritrovata ancora viva e ricoverata d'urgenza, ma il giorno dopo spirò di polmonite, gettando la sua famiglia nello sgomento.
Antonia Pozzi
Aveva pubblicato solo due studi universitari sul letterato inglese Aldous Huxley, autore tra gli altri del celebre "Il mondo nuovo" e il romanzo storico che voleva scrivere con l'amata nonna "Nena" era rimasto nel proverbiale cassetto: in una lettera di addio indirizzata al padre, aveva espresso il desiderio di essere sepolta nel piccolo cimitero di Pasturo, "sotto i rododendri", dove tutt'oggi riposa.Il suo monumento funerario è una statua del celebre scultore Giannino Castiglioni, autore della porta monumentale del Duomo di Milano dedicata a Sant'Ambrogio e, tra le altre, della tomba dell'industriale, politico e mecenate Antonio Bernocchi, la cui attività produttiva e filantropica si svolse soprattutto a Legnano (MI) e che venne sepolto sotto lo straordinario "Golgota" realizzato dall'artista: a vegliare su Antonia, il Cristo delle Beatitudini in bronzo, seduto sulle rocce, in mezzo ai fiori.
Dopo aver mirabilmente descritto questo scenario, Marco Sampietro è entrato nel dettaglio della sua ricerca, che l'ha portato sulle tracce delle vicende editoriali legate alla raccolta "Parole", che Roberto Pozzi consegnò ad Arnoldo Mondadori 5 mesi dopo la scomparsa dalla figlia, dopo un'epurazione e una censura che ne "salvarono" 91 su più di 250: la pubblicazione avvenne in "forma privata", a spese del committente, con una tiratura di 290 copie numerate e 10 ante litteram, le illustrazioni vennero realizzate da Michele Cascella, compresa la copertina e l'ex libris di Antonia, ideato nel 1932, che rappresentava un albero - probabilmente un pero - mentre la presentazione del libro avvenne il 6 giugno del 1939. Roberto Pozzi distribuì le 300 copie totali ad amici ed insegnanti della figlia e ne inviò esemplari omaggio a tutte le biblioteche italiane, pubbliche e universitarie, e ai giornalisti, che scrissero recensioni tanto lusinghiere da creare "il mito" di Antonia Pozzi: vennero organizzate letture pubbliche delle sue poesie, anche a cura del famoso germanista Vincenzo Errante.
Nel 1942, sarebbe dovuta uscire la prima edizione per il pubblico della raccolta di poesie, ma di questa pubblicazione non c'è alcuna traccia: secondo la studiosa e custode dell'Archivio "Antonia Pozzi", suor Onorina Dino, i volumi andarono distrutti nei bombardamenti di quell'anno, ma quest'ipotesi non trova fondamento storico. Esiste, invece, un'edizione del '43 con 157 poesie, mentre la più celebre è quella del '48, con 159 liriche, che reca la prefazione di Eugenio Montale.
La pubblicazione più completa, fino ad oggi, è quella curata proprio da Suor Onorina e Graziella Bernabò, ma manca ancora un'edizione critica delle opere di questa straordinaria poetessa del ‘900, che amava la natura e le montagne: adorava scalare le vette accompagnata dalle guide "più gettonate" della sua epoca, era un'abile fotografa e, soprattutto, una giovane donna che riusciva a brillare anche in una società ancora estremamente maschilista e classista come quella dei suoi tempi. Il padre le negò la possibilità di coronare i suoi sogni d'amore con il professore di latino e greco conosciuto al liceo classico, Antonio Maria Cervi, che continuò a deporre ogni anni fiori e messaggi sulla tomba della sua amata, finchè la salute glielo permise. Anche l'altro suo grande amore, Dino Formaggio, rifiutò di sposarla per evitare le ire dell'ingombrante genitore e le continue frustrazioni che Antonia dovette subire, con i suoi scritti snobbati anche dagli amici più cari e il profondo senso di inquietudine che la pervadevano, ebbero la meglio su di lei, portandola al gesto estremo.
Troppa vita e poesia nel sangue, con una passione che riusciva a stemperarsi e trovare senso solo tra i verdi prati di Pasturo, tra ciuffi d'erica, rododendri e stelle alpine: il valore di Antonia Pozzi è stato riconosciuto solo negli ultimi decenni e, in alcune antologie scolastiche, cominciano a far capolino le sue poesie.
Dal 2016, è disponibile anche un'APP ideata da Teknet, scaricabile gratuitamente per dispositivi iOS e Android, che accompagna i visitatori sulle orme di Antonia e nel 2019, a 80 anni dalla prima pubblicazione di "Parole", non c'è modo migliore per conoscerla e imparare ad amarla che venire ad incontrarla a Pasturo, nella "sua" Valsassina!
Sarah Zambon